Negli ultimi nove mesi a Losanna, in Svizzera, nei laboratori del più grande produttore alimentare del mondo, gli scienziati sono stati impegnati in una missione insolita: ricavare latte dai piselli. La nuova soluzione messa a punto dai ricercatori – una miscela di proteine dei piselli e acqua, fibre di cicoria, zucchero e olio di girasole – è solo l’ultima mossa di una competizione sempre più agguerrita. Con il lancio di Wunda, il nuovo marchio di latte ottenuto dai piselli gialli, anche la Nestlé è in gara con gli altri produttori internazionali: cercano di convincere i consumatori a passare dal latte vaccino alle bevande alternative a base vegetale. Tra questi produttori c’è la Oatly, in origine una piccola azienda di Malmö, in Svezia, che sarà a breve quotata in borsa, e le stime parlano di un valore di dieci miliardi di dollari.

La posta in gioco è alta: i sostenitori del latte vegetale fanno notare che produce meno emissioni di gas serra rispetto a quello vaccino e apre la strada a un nuovo atteggiamento verso le bevande e gli alimenti: essendo altamente tecnologico e svincolato dagli animali, potrebbe nutrire l’umanità e allo stesso tempo arginare il riscaldamento globale.

Negli anni settanta e ottanta una maggiore consapevolezza dell’intolleranza al lattosio stimolò la domanda di latte di soia

“Il nostro obiettivo è scombussolare una delle industrie più grandi del mondo, quella casearia, e far cambiare direzione al sistema alimentare”, ha scritto Toni Petersson, amministratore delegato della Oatly. Intanto, senza grandi annunci, quella delle bevande vegetali è diventata una fetta di mercato sempre più contesa. Secondo i dati del gruppo di ricerca Euromonitor, con un valore di 17 miliardi di dollari all’anno è ancora poca cosa rispetto ai 650 miliardi di dollari all’anno del mercato caseario. Ma decine di startup e molte grandi multinazionali stanno investendo in nuovi prodotti che provano a combinare le ultime novità della scienza alimentare con il desiderio dei consumatori di avere prodotti più sani e sostenibili. La domanda di latte vegetale si è nutrita della cultura del caffè. “Oggi scegliere una certa bevanda vegetale da Starbucks sembra un modo di affermare la propria identità”, dice l’analista finanziario Bruno Monteyne.

L’ingresso tardivo della Nestlé in questo mercato viene dalla convinzione, diffusa tra le multinazionali, che il consumo delle bevande vegetali sia una tendenza destinata a durare. L’azienda francese Danone è stata tra le prime a cavalcare il fenomeno e nel 2020 ha venduto prodotti vegetali alternativi ai latticini per 2,2 miliardi di euro.

La mania del latte vegetale ha spinto i gruppi caseari ad aumentare gli sforzi verso la sostenibilità; intanto le bevande vegetali cercano di uguagliare le proprietà nutrizionali dei latticini, come i livelli di proteine e amminoacidi essenziali. È un campo in cui c’è grande concorrenza: i produttori devono fare i conti con la pressione sui margini di profitto e un inevitabile processo di consolidamento, e al tempo stesso devono tenere viva l’attenzione dei consumatori che archiviano in fretta le mode alimentari, come le diete povere di grassi.

Valori nutrizionali

I latti ricavati dai semi di soia sono noti in Cina da secoli, quello di mandorla ha una lunga storia in Medio Oriente. Ma le bevande vegetali sono comparse sul mercato europeo e statunitense relativamente da poco: negli anni settanta e ottanta una maggiore consapevolezza dell’intolleranza al lattosio stimolò la domanda di latte di soia, sostenuta da una nuova generazione di consumatori attenti alla salute.

Così i latti vegetali si sono diffusi anche in occidente. Le famiglie oggi possono scegliere tra bevande a base di avena, anacardi, cocco, canapa, piselli, orzo, riso, semi di chia e altro ancora. L’uso della soia è in calo a causa delle allergie e del suo legame con la deforestazione. Invece, secondo Euromonitor, negli ultimi dieci anni le vendite delle altre bevande vegetali sono cresciute esponenzialmente, aumentando di quasi nove volte nei mercati occidentali.

Sam Kaplan, Trunk archive

Un motivo è che i consumatori cercano di evitare grassi saturi e colesterolo. Ma la ragione sempre più spesso prevalente è la preoccupazione per la sostenibilità, ora che c’è maggiore consapevolezza della crisi climatica. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), gli allevamenti sono responsabili per il 14,5 per cento delle emissioni di gas serra, se si tiene conto di mangimi, trasporti e altri fattori.

L’attivista Greta Thunberg è tra i promotori di un consumo ridotto di carne e latticini. Lei è vegana, ma anche tra chi non vuole adottare diete rigorose si sta diffondendo la tendenza a ridurre i prodotti animali.

“Non sono solo i vegetariani o i vegani a cambiare abitudini. Si sta creando una comunità ‘flexitariana’ (vegetariana flessibile) molto ampia”, spiega Daniel Ordóñez, responsabile del settore sviluppo della Danone. E aggiunge che grazie a tecnologie migliori i prodotti a base vegetale sono diventati più gustosi e quindi attirano un pubblico più vasto.

“Dai problemi di salute al benessere degli animali, fino alle questioni ambientali legate alla produzione lattiero-casearia tradizionale: tutto è finito in un grande calderone che orienta le scelte dei consumatori in molti settori. Dove spunta un’alternativa a base vegetale, c’è subito interesse”, sostiene John Foraker, che ha un’impresa di prodotti biologici negli Stati Uniti.

La crescente domanda dei consumatori ha generato un flusso di finanziamenti. Secondo la società di dati Deal­room, gli investimenti di capitale di rischio nel settore delle bevande e delle uova a base vegetale hanno toccato nel 2020 gli 1,6 miliardi di dollari, un bel salto rispetto ai 64 milioni del 2015. La società di consulenza PitchBook precisa che, oltre ai grandi gruppi alimentari e lattiero-caseari, al mondo esistono almeno 124 aziende indipendenti di bevande vegetali.

La Oatly ha capito subito che si poteva affermare in nuovi mercati collaborando con le catene di caffè. Il caffè è “la porta d’ingresso principale per le bevande a base vegetale”, dice Ordóñez.

Mentre competono per garantirsi una fetta in un mercato in crescita, le aziende cercano anche di accreditarsi come sostenibili. La Oatly indica l’impronta di carbonio di ogni suo prodotto. La Nestlé ha alzato l’asticella ottenendo per la Wunda la certificazione d’impatto zero dall’associazione Carbon trust. Ma con l’impennata delle vendite di latte vegetale, l’industria lattiero-casearia ha reagito a colpi di parole e cause legali. “Si chiamano bevande vegetali, il latte vegetale non esiste”, precisa Hanne Søndergaard, direttrice marketing della cooperativa casearia danese Arla.

Nell’Unione europea questa distinzione è diventata legge. Una sentenza del 2017 della corte di giustizia europea ha impedito ai produttori di alimenti vegani di etichettare i loro prodotti come “latte” o “yogurt”. Ma c’è un’altra battaglia in corso su ulteriori misure sostenute dal parlamento europeo e se otterranno il supporto necessario nei colloqui con la Commissione e gli stati dell’Unione impediranno ai prodotti vegetali di avere imballaggi che ricordano i latticini, come i vasetti di yogurt o i cartoni del latte.

I produttori di bevande vegetali e gli attivisti si sono opposti. “Sei stupido? La lobby del latte pensa che tu lo sia”, recitava una campagna pubblicitaria della Oa­tly che accusava l’Unione europea di “censurare gli alimenti vegetali”.

Dal punto di vista nutrizionale l’industria casearia potrebbe avere ragione. Secondo David Julian McClements, professore di scienze alimentari all’università del Massachusetts, negli Stati Uniti, per chi non è intollerante al lattosio il latte “ha un profilo nutrizionale ottimo. Si è sviluppato per nutrire i bambini; in realtà per nutrire i vitelli, ma ci sono molte somiglianze tra la composizione del latte materno e quella del latte vaccino”.

Un problema sono le proteine. Le bevande vegetali ne contengono meno: quella della Oatly ha un grammo di proteine ogni 100 millilitri, mentre a parità di quantità nel latte vaccino ce ne sono tre grammi. La Nestlé ha ottenuto dai piselli la sua nuova bevanda vegetale, che contiene 2,2 grammi di proteine ogni 100 millilitri, proprio per compensare questa carenza.

Da sapere
Nuovi consumi
Vendite di bevande vegetali nei mercati occidentali, miliardi di dollari - Fonte: Euromonitor, Financial Times
Vendite di bevande vegetali nei mercati occidentali, miliardi di dollari (Fonte: Euromonitor, Financial Times)

“Gli sviluppi nella tecnologia alimentare ridurranno questo divario”, afferma McClements.

Secondo María Mascaraque, responsabile globale di Euromonitor, i consumatori sono preoccupati “per il contenuto nutrizionale e anche perché temono che i prodotti vegetali siano molto più processati del latte vaccino. In effetti, anche se stanno migliorando, c’è ancora molta strada da fare per semplificare l’elenco degli ingredienti”.

Un aiuto per l’ambiente

Anche se ha criticato i prodotti alternativi, nel 2020 la stessa cooperativa Arla ha lanciato una linea di bevande vegetali. “Sappiamo anche noi che è un settore in crescita e vogliamo esserci”, afferma Sønder­gaard. Nel Regno Unito, in Danimarca e in Svezia le bevande vegetali stanno rubando quote di mercato ai prodotti caseari, dice, mentre la domanda di latte vaccino cresce nei mercati emergenti. Nel 2019 la Lactalis, il più grande gruppo caseario del mondo, ha lanciato gli yogurt vegani. Due anni prima la Danone aveva acquistato l’azienda statunitense WhiteWave Foods per 12,5 miliardi di dollari; nel 2021 ha acquisito il caseificio vegano e produttore di maionese Follow Your Heart. Secondo Søndergaard, le persone amano il latte vegetale perché è una novità: “Come consumatori nasciamo annoiati, e ci piace bere qualcosa di nuovo”.

Ma la Danone scommette che questi prodotti andranno oltre il piacere della novità. La Nestlé è d’accordo. Cédric Boehm, responsabile del settore caseario per l’Europa, il Medio Oriente e il Nordafrica, dice: “Oggi il settore ha un impatto strutturale. Circa vent’anni fa c’era una fissazione per il basso contenuto di carboidrati. Ma è stata una moda passeggera. Questa volta è diverso, e naturalmente è allettante”.

Dopo la proliferazione di marchi, tuttavia, Will Hayllar, dirigente della società di consulenza strategica OC&C, prevede un ridimensionamento del mercato: “Stiamo assistendo a una sorta di colonizzazione del territorio da parte delle aziende, con tante nuove proposte”, afferma. “Molti di questi prodotti sono più costosi del latte vaccino, e questa è una delle leve che alimentano il settore. Fra tre o quattro anni ci sarà un assestamento, perché alcune aziende non riusciranno a stare a galla”.

Le startup che ora fanno affari posizionandosi come piccoli marchi si dovranno adattare a nuove dimensioni. La Oatly è stata criticata dai suoi sostenitori per aver ricevuto finanziamenti dal fondo d’investimenti Blackstone e dall’azienda statale cinese China Resources.

Tra i possibili rivali del futuro c’è anche il latte prodotto in laboratorio: la start­up statunitense Perfect Day sta cercando di aumentare i prodotti caseari sintetizzati a partire dalle copie digitali del dna delle vacche. Un investitore specializzato in tecnologie agricole afferma che i margini sono destinati a scendere: “Le barriere all’ingresso sono minime ed è un mercato incredibilmente competitivo”, afferma. “I produttori si faranno la guerra per avere i margini lordi della Oatly”. Anche se le bevande vegetali diventassero meno redditizie, secondo gli esperti potrebbero comunque aiutare a superare la crisi climatica.

“Dal punto di vista della sostenibilità sembrano abbastanza convenienti”, afferma Michael Clarke, uno degli autori di “Food in the anthropocene”, il rapporto di The Lancet del 2019 sulle diete ecologiche. “Penso che sarà una delle soluzioni ai problemi ambientali causati dal nostro sistema alimentare”, dice. ◆ nv

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1415 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati