Un venerdì sera di poche settimana fa, decine di ventenni si sono ritrovati al Sidecar, un famoso locale di musica dal vivo nel centro di Barcellona. La piccola sala, con un soffitto a volta piuttosto basso, era piena a metà, ma sul palco il cantante Íñigo Merino e la sua band hanno fatto di tutto per entusiasmare il pubblico. La folla scandiva le canzoni pop di Merino, che tra un brano e l’altro raccontava aneddoti e scherzava sulla sua vita personale.
“Un tempo, per me, la musica era solo un hobby. Ma quando ho scritto questa canzone ho cominciato a pensare ‘Perché no? Magari ne uscirà qualcosa di buono’”, ha raccontato Merino alla folla, che ha risposto con urla di approvazione. Poi il cantante ha attaccato El último portazo.
Barcellona è famosa nel mondo per la sua vita notturna. Colossali festival come il Primavera sound, che si è svolto tra il 29 maggio e il 4 giugno, e il Sónar, dal 13 al 15 giugno, attirano in città centinaia di migliaia di visitatori. Ma le sale più piccole non riescono a far quadrare i conti.
Licenze bloccate
L’Associazione delle sale concerti della Catalogna (Asacc) ritiene che negli ultimi vent’anni circa 220 locali abbiano chiuso i battenti a Barcellona e nell’area metropolitana circostante. In una città popolata da più di un milione e mezzo di persone, la capienza complessiva delle 198 sale attive non raggiunge i cinquantamila posti, precisa l’Asacc. I musicisti locali, di conseguenza, non trovano più spazi in cui esibirsi.
Negli ultimi vent’anni il numero di turisti che scelgono Barcellona è schizzato alle stelle, scatenando le ire dei residenti a causa del rumore e del sovraffollamento. Sotto la guida della sindaca di sinistra Ada Colau, il comune ha privilegiato il benessere dei cittadini, limitando in diverse aree della città il numero di attività commerciali rivolte ai turisti, compresi i locali di musica dal vivo.
“L’amministrazione non concede più licenze per aprire nuovi posti in cui si può suonare, e quelli che esistono rischiano di sparire”, spiega Carmen Zapata, direttrice dell’Asacc. “A Barcellona sono attive quattro scuole di musica in cui ogni anno si diplomano molti ragazzi, dunque abbiamo bisogno di sale piccole e medie che possano dargli spazio”.
Grazie al suo clima e alle sue spiagge, la città catalana è diventata una destinazione molto popolare per i festival. L’estate scorsa sono stati organizzati cinque grandi eventi a cui hanno partecipato più di ottocentomila persone. Manifestazioni di questo tipo, che ricevono fondi dal comune, riescono a pagare cifre alte agli artisti, a cui di solito chiedono l’esclusiva nazionale.
“La Spagna non ha mai avuto una tradizione di musica dal vivo paragonabile a quella di altri paesi. Ora è diventata un paese di festival e megafestival”, spiega Coque Sánchez, a capo di Freedonia, una sala concerti senza scopo di lucro nel quartiere di Raval. “Sappiamo che oggi ci sono artisti che passano direttamente da Spotify ai grandi festival senza mettere piede nei locali”.
Il Sidecar, che nel 2023 ha festeggiato il suo quarantesimo anno di attività, è uno spazio molto amato dai residenti, perché propone soprattutto gruppi indie-rock spagnoli e catalani. Tuttavia, come molti altri locali di Barcellona, per sopravvivere è costretto a organizzare anche serate in cui si esibiscono i dj al posto dei gruppi. Fátima Mellado, che gestisce la programmazione del Sidecar, spiega che organizzare concerti non è economicamente sostenibile.
“Amiamo la musica dal vivo, ma praticamente nessuno lavora in questo settore per i soldi”, aggiunge.
Nel quartiere di Gràcia l’Heliogàbal scrittura gruppi emergenti fin dal 1995. Tra i musicisti che si sono esibiti in un piccolo angolo del locale c’è anche Rosalía, la cantante di Barcellona che è diventata un fenomeno pop globale. Rosalía ha cantato all’Heliogàbal nel 2015, due anni prima di pubblicare il suo album d’esordio.
“Non abbiamo mai voluto ingrandirci, perché preferiamo gli spazi piccoli”, spiega il proprietario, Albert Pijuan. “L’atmosfera è completamente diversa. Al pubblico viene la pelle d’oca perché è vicinissimo agli artisti”.
Prima di pranzo
Nonostante la grande popolarità mantenuta negli ultimi vent’anni, nel 2016 l’Heliogàbal ha rischiato di chiudere a causa delle multe ricevute per avere organizzato concerti senza autorizzazione. Alla fine è sopravvissuto grazie a un’iniziativa comunale chiamata Espais cultura viva (Spazi di cultura viva), che permette ai bar, ai ristoranti, alle librerie e ad altre piccole strutture già esistenti di esibizioni di musica dal vivo, ma solo fino a mezzanotte e rispettando una serie di criteri abbastanza rigidi, tra cui una perfetta insonorizzazione.
“L’obiettivo è quello d’includere i locali che già organizzano eventi culturali”, spiega Daniel Granados, funzionario dell’assessorato alla cultura. Secondo Granados circa venticinque locali hanno partecipato al programma dal 2019, anno della sua introduzione.
Pijuan ha investito centinaia di migliaia di euro per insonorizzare e migliorare l’Heliogàbal, circa metà dei quali sono stati finanziati dal comune e dall’amministrazione regionale. Il locale può contare anche su alcuni sponsor commerciali che lo aiutano a restare a galla, e ha cominciato a organizzare concerti diurni nell’ora del vermut, momento tradizionalmente dedicato all’aperitivo prima del pranzo. Tuttavia, secondo Pijuan queste iniziative non sono sufficienti a garantire il futuro dell’Heliogàbal. “Non riusciamo a capire perché fatichiamo ad andare avanti dopo 28 anni in cui abbiamo dimostrato che il nostro progetto funziona”, spiega.
Pijuan ritiene che il governo dovrebbe sostenere di più i posti come il suo, che hanno dato una possibilità a molti artisti locali all’inizio della loro carriera. “Quando la posidonia scompare, non c’è più vita, il mare muore”, dice riferendosi alla pianta acquatica protetta che prospera sui fondali della costa catalana. “I piccoli locali sono la posidonia dell’ecosistema musicale”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati