In Thailandia il Phak kao klai (Partito progressista) sta guadagnando terreno mentre si avvicina il voto del 14 maggio. Grazie alla sua posizione netta contro le forze legate ai militari, che governano dal colpo di stato del 2014, sta conquistando il sostegno degli elettori che vorrebbero il ritorno della democrazia.

Le elezioni, le prime per la camera bassa del parlamento dal marzo 2019, dimostreranno se l’opposizione, guidata dal partito Pheu thai, formazione populista dell’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, sarà in grado di strappare il potere alle forze vicine all’esercito. Gli ultimi sondaggi danno i progressisti in rimonta anche se il Pheu thai, con il 38 per cento, resta in testa. Perciò la collaborazione tra i due partiti potrebbe essere fondamentale per un cambio di governo.

I partiti filomilitari, invece, sembrano in difficoltà. Il Ruam thai sang chart, che sostiene il primo ministro Prayuth Chan-ocha, è terzo, con il 12 per cento dei consensi. Il Palang pracharat, la forza più importante nella coalizione di governo, è ottavo, arrivando appena all’1 per cento.

Quanto alle preferenze per i candidati premier, il favorito è Pita Limjaroenrat, il leader del Phak kao klai, che con il 35 per cento dei consensi ha superato Paetongtarn Shinawatra (29 per cento), figlia dell’ex primo ministro e candidata del Pheu thai. L’attuale premier, l’ex generale Prayut Chan-ocha, è quarto con il 14 per cento.

Il capo del governo si sceglierà dopo le elezioni, con il voto congiunto dei cinquecento deputati della camera bassa e dei 250 senatori nominati dall’esercito, come indicato dalla costituzione voluta dai militari. All’opposizione serviranno dunque 376 seggi alla camera per poter eleggere il capo del governo.

Il Pheu thai punta a conquistare la maggioranza assoluta per poter guidare una coalizione, ma il sostegno al partito ha raggiunto una fase di stallo, a quanto pare per le voci sulla sua disponibilità a coalizzarsi con gruppi filomilitari pur di tornare al governo. Il Pheu thai ha ufficialmente escluso quest’ipotesi, ma sembra che abbia perso una parte del suo elettorato a beneficio del Phak kao klai.

Turbolenze politiche

Dal colpo di stato del 2006, che costrinse alla fuga il primo ministro Thaksin Shinawatra, la Thailandia vive continue turbolenze politiche dovute all’intensificarsi del conflitto tra le fazioni pro e contro Shinawatra. Il Phak kao klai si è mantenuto indipendente rispetto a entrambi gli schieramenti e ha rafforzato il suo posizionamento come forza alternativa. Durante la campagna elettorale ha proposto di rivedere la legge sulla lesa maestà, che punisce la mancanza di rispetto nei confronti della famiglia reale, e di ridurre il numero di alti ufficiali nell’esercito.

Il partito si è anche guadagnato un forte sostegno tra i più giovani, esprimendo vicinanza ai manifestanti che invocano la riforma della monarchia. “È il momento di destinare il bilancio dell’esercito al benessere della popolazione”, ha dichiarato Pita durante un comizio elettorale.

Secondo le previsioni i due principali partiti d’opposizione insieme dovrebbero ottenere la maggioranza alla camera bassa. E anche se avessero difficoltà a eleggere un primo ministro da soli, potrebbero far approvare una mozione di sfiducia contro un primo ministro eletto con i voti dell’esercito. Il Pheu thai, però, guarda con diffidenza all’ascesa del Phak kao klai. Il timore è che “gli elettori indecisi più conservatori, sentendosi minacciati dalle posizioni radicali dei progressisti, spostino il loro sostegno verso i partiti filomilitari”, spiega un diplomatico asiatico.

La collaborazione tra il Pheu thai e il Phak kao klai è resa difficile anche da un altro elemento: Thaksin Shinawatra ha espresso il suo desiderio di tornare in Thailandia. Per farlo avrebbe bisogno del permesso del re, e la vicinanza del suo partito ai progressisti potrebbe non essere ben vista dalla famiglia reale. ◆ gim

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati