È difficile trovare le parole per definire la situazione ad Aldaia, una cittadina a una decina di chilometri da Valencia. Le immagini sono eloquenti. “Sono venuti solo i volontari”, ripetono i residenti dalla soglia di casa, la soglia di migliaia di tragedie personali che messe insieme compongono quella del popolo valenciano.

Le strade travolte dal fango sono occupate da montagne di oggetti distrutti, in attesa che arrivino i camion impegnati a fare la spola con le discariche. Chi direbbe mai che queste strade, appena una settimana prima, erano il teatro di scene di vita quotidiana? Gli abitanti di Aldaia dicono che in città, a parte i volontari, non è passato “nessuno” fino al 3 novembre, quando sono arrivati i primi aiuti dallo stato. Il sindaco Guillermo Luján lo aveva già denunciato il giorno prima, pretendendo un intervento “urgente” per una località colpita “al 99 per cento. Non è rimasto un negozio intatto né una casa. Ci sono migliaia di automobili da rimuovere”. Luján aveva parlato di “necessità imperativa” e aveva manifestato tutta la sua “tristezza e incredulità” vedendo che Aldaia era stata considerata una zona poco colpita, quando in realtà la situazione è “catastrofica”. Aveva chiesto mezzi, materiali e soccorritori. Come Luján, anche gli abitanti si sentono soli e dimenticati. Ma continuano a ripulire la città.

La gente indossa le mascherine perché nelle strade si sente l’indescrivibile odore lasciato dall’alluvione, un triste aroma di fango. Chi lo ha respirato almeno una volta nella vita non lo dimentica più. Le pale e le scope si muovono al ritmo dettato dalla volontà di chi lotta per salvare il poco che gli resta e dalla generosità di chi arriva per dare una mano.

Con il passare dei giorni i volontari sono diminuiti, perché Aldaia è uno dei centri abitati in cui l’accesso è stato limitato.

Da sapere

◆ Il 29 ottobre 2024 su diverse aree della Spagna sudorientale si sono abbattute piogge fortissime causate dal fenomeno meteorologico depresión aislada en niveles altos (dana, o “goccia fredda”).

◆ Al 6 novembre, le vittime accertate delle inondazioni sono 215, le persone disperse sono 89. Il governo di Madrid ha stanziato un pacchetto di aiuti di 10,6 miliardi di euro. El País


Dopo la tempesta

Ovunque, dall’ingresso del paese fino al centro, si vedono automobili distrutte, cumuli di detriti, case con le porte aperte da cui escono continuamente i proprietari per portare fuori storie familiari fatte a pezzi. Il dolore accompagna i passi. Vicino alla piazza principale, una donna dice che bisogna versare candeggina: “Dobbiamo disinfettare, altrimenti rischiamo di prenderci qualche malattia”. Ana risponde alle domande mentre versa davanti alla porta di casa il disinfettante e invita altri a fare lo stesso. Ripete quel gesto “tutti i giorni”. Arriva María José, che abbraccia Ana, piangendo. Sono amiche, “come sorelle”, ma non si vedevano da prima della notte terribile del 29 ottobre.

La corrente elettrica manca ancora. Non c’è acqua. “Dipende dalla zona”, dicono. In calle Mayor, Encarna e Ángel puliscono la vecchia casa di famiglia. Non risiedono qui, ma il dolore è comunque grande. Hanno visto svanire i ricordi e le emozioni di tutta la vita. Davanti alla facciata dell’edificio, una montagna di libri inzuppati d’acqua dice tutto. Avevano “un grande valore sentimentale”, ma ci sono problemi più grandi. “Viviamo al terzo piano e stamattina abbiamo per la prima volta un filo d’acqua. Alcuni vicini ne hanno abbastanza, ma da noi non ce n’è per pulire e nemmeno per fare la doccia”, spiega Ángel. Raccontano che hanno dovuto aspettare “quattro giorni prima di avere notizie di Aldaia. Non potete immaginare l’aiuto che ci hanno dato i volontari”.

Nella stessa strada c’è un ammasso di tessuti con ricami dorati che hanno perso la loro brillantezza. È il negozio di vestiti tipici valenciani di Andrea, che ammette di aver “perso tutto”. La linea dell’acqua è a un metro e venti. “L’allarme è arrivato tardi”, spiega. “Ora stiamo cominciando a vedere qualcuno delle forze di sicurezza. Prima c’erano gli agenti della polizia locale di Aldaia e di altri paesi vicini, ma non l’esercito”. Questa strada e le altre circostanti sono solo scorci di un’intera cittadina devastata, che piange la morte dei suoi abitanti e che ha dovuto protestare per ricevere un aiuto. Vicino alla chiesa c’è il parroco della chiesa dell’Anunciación y de La Saleta, Francisco Furió. Anche lui sostiene che Aldaia è stata dimenticata. “Abbiamo ricevuto l’aiuto dei volontari, così tanti che in alcuni momenti non sapevamo dove mandarli. Ma nessun aiuto dallo stato”. I suoi amici gli hanno detto che alla tv e sui giornali nessuno parlava di Aldaia. Il parroco sa che ci sarà molto da fare ed è preoccupato da quello che succederà “tra quindici giorni o un mese. Stiamo ricevendo molti aiuti alimentari. Avremo molto riso, ma non il denaro per comprare una lavatrice o un frigorifero”. Di sicuro ce ne sarà bisogno.

“Non vedo la fine di questo incubo”, ammette Amanda mentre osserva la sua auto ridotta a un rottame. Fino a martedì scorso lavorava in un negozio del centro commerciale Bonaire. E ora? “Non ne ho idea”. Le basta sapere che i suoi cari stanno bene. ◆ as

Las Provincias è un quotidiano online della Comunidad Valenciana, la comunità autonoma della Spagna orientale. Questo articolo è stato pubblicato il 4 novembre.

L’analisi
Gli errori dei popolari

Oggi si può affermare con certezza che il ritardo di più di dodici ore con cui Carlos Mazón, presidente della Generalitat Valenciana (il governo della regione autonoma), ha lanciato l’allarme e chiesto ai cittadini di adottare misure di sicurezza ha avuto conseguenze molto gravi. Se le persone fossero state adeguatamente informate non ci sarebbero stati così tanti morti: le piogge e le inondazioni sarebbero state le stesse, i comuni colpiti sarebbero stati ugualmente devastati, ma un allarme tempestivo avrebbe ridotto notevolmente la catastrofe.

La ragione per cui Mazón, del Partito popolare spagnolo (Ppe), ha commesso un errore di questo tipo sarà discussa a lungo. Forse non ha preso abbastanza sul serio gli avvertimenti degli esperti climatici, forse non c’è stato accordo tra i suoi consiglieri e tecnici, forse non ha voluto creare allarmismi, forse ha fatto prevalere l’interesse delle attività economiche. Comunque sia, c’è stata una negligenza che ha avuto un costo enorme in vite umane: è un errore impossibile da cancellare. Il leader del Ppe Alberto Núñez Feijóo si è presentato a Valencia e per giustificare Mazón ha criticato le modalità d’intervento delle autorità di Madrid, su cui ha cercato di scaricare la responsabilità.

Ma il comportamento del governo di Valencia ha dei precedenti. Il Ppe ha già gestito altre catastrofi e ha sempre seguito lo stesso modello: informazioni nascoste, sfiducia negli esperti, incapacità di riconoscere gli errori, politicizzazione della catastrofe, mancanza di empatia e poco rispetto per i cittadini. Quello che è successo il 3 novembre, quando l’indignazione popolare si è trasformata in attacchi contro i sovrani e il premier da parte esponenti dell’estrema destra, rivela che esiste una volontà deliberata di alimentare il caos politico. Alcuni vogliono nascondere gli errori commessi e altri cercano di catturare la preda più preziosa, il premier socialista Pedro Sánchez. Ignacio Sánchez-Cuenca, El País


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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati