Durante l’alluvione in Emilia-Romagna hanno circolato in rete le immagini di alcuni maiali che galleggiano nei terreni allagati, forse fuggiti da un allevamento. Se escludiamo il servizio di Report su Rai3, quasi tutti i commentatori ne hanno parlato per elogiare gli allevatori “eroi” che hanno messo in salvo i poveri maiali. A volte la realtà fa davvero dei giri strani e sa produrre paradossi: come si fa a non capire che, agli occhi degli allevatori, a galleggiare non erano tanto dei maiali ma dei prosciutti? Non soggetti ma oggetti? E che quel tempo trascorso galleggiando è stato l’unico momento di vita autentica e di simil-libertà che quei poveri maiali hanno sperimentato nella loro vita? Un filosofo importante, Max Horkheimer, diceva che la struttura sociale del presente vista in sezione somiglia a un grattacielo: in alto gli esseri umani benestanti, poi più in basso, via via che si scende, tutta la miseria umana, la povertà e la malattia, infine solo sotto tutto questo “il sudore, il sangue, la disperazione degli animali non umani”. Come in un edificio “la cui cantina è un mattatoio ma il cui tetto è cielo stellato”. Capita, di rado, che quell’edificio si sgretoli improvvisamente e mostri anche i suoi piani più nascosti: gli animali nuotano, provano a liberarsi e osservare le stelle, e chi giudica la loro fuga è così ingenuo da pensare di doverli aiutare a tornare nell’allevamento o nel mattatoio: nessun animale ancora vivo, vicino a un umano, è davvero salvabile. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1514 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati