Un anno dopo la denuncia dell’emergenza sanitaria nei territori dei nativi yanomami, nel nord del Brasile, la malaria continua a essere una delle cause principali di morte. “I bambini si ammalano”, dice Júnior Hekurari, presidente del consiglio distrettuale sanitario yanomami, che da settembre denuncia la ripresa delle invasioni dei garimpeiros, i minatori d’oro illegali. “Quasi tutte le comunità della zona sono colpite dalla malaria”, aggiunge. I dati del ministero della sanità dimostrano che, nonostante i provvedimenti del governo, la malattia continua a diffondersi. Nel 2023 sono morte 25 persone per la malaria, rispetto alle 21 dell’anno prima. E il distretto sanitario speciale indigeno yanomami (Sdei) ha contato 25.895 casi di malaria, cioè il 20 per cento di quelli registrati in tutto il Brasile. Sono numeri record, con un aumento del 64 per cento rispetto al 2022.
Il ministero afferma che nei territori dei nativi sono stati inviati operatori sanitari per individuare le persone malate e nel 2023 sono stati fatti più di 140mila esami diagnostici. Inoltre è stato messo a punto un piano d’azione per il controllo dell’infezione, in particolare nelle aree dove si concentrano le larve delle zanzare, e per individuare le strutture adeguate alla cura di chi è malato.
Lavoro discontinuo
La malaria è endemica in tutta la regione amazzonica, ma negli ultimi dieci anni la sua diffusione è aumentata soprattutto nelle terre degli yanomami. Nello stesso periodo è cresciuta la presenza dei garimpeiros nella regione e si è intensificata l’attività estrattiva.
“Le miniere a cielo aperto causano profondi mutamenti e alterazioni nel territorio”, spiega Maria de Fátima Ferreira da Cruz, responsabile del laboratorio di ricerca sulla malaria della fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz), che coordina gli studi sull’argomento. Con ogni nuova miniera a cielo aperto nella foresta nasce un nuovo centro di diffusione della malattia, che raggiunge i villaggi vicini. Inoltre i minatori, che si spostano di continuo, contribuiscono a farla circolare.
Le autorità affermano che la mancanza di prevenzione e assistenza durante il governo dell’ex presidente Jair Bolsonaro ha ridato slancio alla malattia. I controlli stavano aumentando dal 2014, ma sono crollati nel 2021 e nel 2022. Rispetto al 2014, i casi sono cresciuti del 784 per cento e rispetto al 2019, prima della pandemia, del 57 per cento. Nel 2015 il Brasile ha lanciato il piano nazionale per l’eliminazione della malaria, che ha l’obiettivo di debellarla entro il 2035.
Ferreira da Cruz però lancia un nuovo allarme: è in crescita l’infezione causata dalla specie Plasmodium falciparum, che scatena la forma più grave della malattia, spesso letale. Rispetto al resto del Brasile, dove è in calo, nei territori yanomami la Plasmodium falciparum è responsabile di tre casi su dieci.
“Questo dimostra che gli operatori sanitari non hanno agito come avrebbero dovuto. Ci sono solo tre cose da fare per bloccare la malattia: vigilanza, diagnosi e cura”, dice il medico Paulo César Basta, ricercatore della Fiocruz che lavora con gli yanomami dal 1998. La diffusione della malattia, dice, è il risultato dei tagli al servizio sanitario durante il governo Bolsonaro. “Lo Sdei è stato praticamente sabotato, il personale è stato sostituito e molte risorse sottratte e sviate”.
Secondo il medico, le azioni del governo di Luiz Inácio Lula da Silva nel primo semestre del 2023 sono state importanti, ma non hanno risolto il problema della salute tra le popolazioni native. “Sono state salvate molte vite e il governo ha fatto la sua parte per le emergenze, inviando medici e trasportando i malati più gravi in centri specializzati. Ma il lavoro è stato discontinuo e oggi si nota una certa stanchezza”, afferma Basta.
Oltre a ciò, la presenza delle miniere illegali rende più difficile l’azione degli operatori sanitari, spiega Hekurari, leader yanomami. I medici, minacciati da minatori spesso armati, non riescono a raggiungere i villaggi.
“Fino a che ci sarà il garimpo, gli yanomami soffriranno a causa delle malattie. I bambini più degli altri”, dice. “Chiediamo al governo di cercare soluzioni permanenti. Senza un piano di sicurezza sanitaria non si potrà garantire la salute dei nativi”. Kleber Karipuna, responsabile dell’associazione dei popoli indigeni brasiliani, è d’accordo: “Lo stato non deve limitarsi a cacciare i garimpeiros, deve restare sul territorio. È l’unico modo di impedire il ritorno dei minatori e l’invasione di altre comunità”, afferma.
Dal gennaio 2023, quando è stata dichiarata l’emergenza sanitaria, il ministero della sanità ha investito “più di 220 milioni di real (40 milioni di euro) per garantire l’accesso alla salute dei nativi in quella zona”, si legge in un documento pubblico. Il doppio rispetto al 2022. Gli operatori sanitari attivi nella regione sono passati da 690 a 960, e sono stati riaperti sette ambulatori: oggi nella terra yanomami sono 68 i centri in grado di assistere i malati.
“In queste zone sono stati curati più di trecento bambini affetti da forme gravi e moderate di malnutrizione. Inoltre il governo, attraverso il programma Mais médicos, ha portato da 9 a 28 il numero di medici”, continua il documento del ministero. Un rapporto recente del centro operazioni d’emergenza yanomami ha reso noto che fino al novembre 2023 erano morti 308 nativi, il 10 per cento in meno rispetto al 2022. Metà erano bambini di meno di quattro anni. Oltre alla malaria le cause di morte sono la polmonite, la diarrea e la denutrizione.
Il 9 gennaio Lula ha annunciato l’apertura di una “casa del governo” nello stato del Roraima, dove vivono gli yanomami, per organizzare le azioni nelle terre indigene e installare tre basi per la vigilanza, di cui si occuperà la polizia e l’esercito. La spesa prevista è di 1,2 miliardi di real. ◆ ar
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Questo articolo è uscito sul numero 1547 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati