Ogni mattina, appena sveglio, Luca Cammarata, 53 anni, scruta il cielo nella speranza di vedere all’orizzonte nuvole che portano un po’ di pioggia. Nell’entroterra siciliano, dove si trova la sua azienda agricola, non piove da mesi. Le duecento capre di Cammarata pascolano in un paesaggio arido e lunare, costrette a masticare erba secca e a bere da uno stagno fangoso. Cammarata non ha mai visto una siccità così grave. “Se le cose non cambieranno sarò costretto a macellare il bestiame e chiudere l’azienda”, dice.
Il deserto sta raggiungendo la Sicilia, l’isola più grande e popolosa del Mediterraneo, dove nel 2021 è stata registrata la temperatura record di 48,8 gradi. Rispetto all’anno scorso le precipitazioni si sono ridotte almeno del 40 per cento. Negli ultimi sei mesi del 2023 sono caduti appena 150 millimetri di pioggia.
“La situazione è drammatica. Non c’è più acqua per gli animali”, spiega Cammarata. “L’unica risorsa disponibile è questo bacino artificiale, ma ormai è pieno di fango. Chiediamo alle autorità di mandare l’esercito per aiutarci a portare l’acqua nelle aziende agricole: non possiamo lasciar morire il bestiame. Un allevatore non può sopportate di vedere i suoi animali morire di sete”. A maggio il governo di Roma ha dichiarato lo stato d’emergenza per la siccità in Sicilia stanziando fondi per venti milioni di euro, una cifra molto inferiore ai 130 milioni chiesti dalla giunta regionale siciliana.
Secondo Christian Mulder, professore di ecologia ed emergenza climatica dell’università di Catania, il futuro della Sicilia è estremamente preoccupante, anche a causa dell’incapacità delle autorità regionali e nazionali di affrontare adeguatamente i problemi. “Entro il 2030 sarà desertificato un terzo del territorio siciliano, una proporzione simile a quelle di Libia e Tunisia”, spiega Mulder. “Il fenomeno interessa l’intera costa affacciata sul canale di Sicilia. Gli arabi che in passato abitavano l’isola avevano escogitato metodi efficaci per gestire l’acqua, ma gli antichi acquedotti non sono mai stati curati o ammodernati. Oggi la Sicilia subisce le conseguenze concrete di decenni di cattiva gestione delle risorse idriche”. L’acqua potabile consumata sull’isola viene dalle falde idriche, strati sotterranei di rocce permeabili dove l’acqua è in grado di defluire. L’agricoltura dipende invece da grandi cisterne costruite dopo la seconda guerra mondiale. Entrambi i sistemi si basano su precipitazioni invernali sempre più scarse. Per trent’anni la manutenzione della rete di irrigazione è stata trascurata, riducendo la capacità dei bacini dell’isola. “Un tempo avevamo degli invasi artificiali dove il bestiame poteva abbeverarsi quando era al pascolo, ma la siccità e le temperature elevate li hanno prosciugati”, ha detto Cammarata.
Nell’ottobre 2023 le temperature medie sull’isola hanno oscillato tra i 28 e i 30 gradi, con picchi di 34 e 35 gradi. È stato l’ottobre più caldo degli ultimi cento anni. Ma il problema più grave si presenta in estate, quando il caldo sfiora i 48 gradi e gli incendi cancellano la poca vegetazione rimasta. Secondo uno studio della protezione civile regionale, nel 2023 gli incendi hanno causato più di 60 milioni di euro di danni, distruggendo 693 ettari di boschi. “La situazione peggiora ogni giorno”, spiega Liborio Mangiapane, agricoltore di Agrigento. “È una tragedia”.
Temperature tropicali
Sicilia, Malta e Spagna sono tra le regioni del Mediterraneo più colpite dalla siccità. Il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (Ipcc) ha previsto che le ondate di calore e la siccità in queste zone diventeranno più violente nei prossimi decenni.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica (Istat), nel 2023 la produzione agricola italiana si è ridotta dell’1,8 per cento a causa dell’impatto della crisi climatica. L’Istat ha registrato un calo del 17,4 per cento nella produzione di vino e dell’11,2 per cento in quella di frutta.
La Coldiretti, principale associazione degli agricoltori del paese, cerca di sostenere le aziende agricole comprando acqua per riempire i bacini artificiali, ma non basta. “La situazione continua a peggiorare. I danni subiti dal nostro settore ricadono in altri settori dell’economia. Dobbiamo affrontare il problema e gestire con prudenza le risorse limitate che abbiamo, aiutando gli agricoltori più in difficoltà”, spiega Francesco Ferreri, presidente della Coldiretti siciliana. Secondo l’Associazione dei giovani imprenditori agricoli, la siccità sta mettendo in crisi le nuove generazioni di agricoltori spingendole a lasciare l’isola. Coldiretti stima che la carenza d’acqua abbia già provocato la scomparsa di 33mila posti di lavoro nel sud. Gli agricoltori manifestano da mesi per attirare l’attenzione sulla crisi del settore. Molti non hanno votato alle elezioni europee e locali in segno di protesta.
In diverse province siciliane le aziende per l’approvvigionamento idrico hanno annunciato il razionamento dell’acqua, costringendo molte attività a chiudere e negando a più di un milione di persone un accesso quotidiano all’acqua corrente. Secondo l’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, a marzo alcuni bacini destinati all’acqua potabile raggiungevano appena il 10 per cento della capienza.
Gli scienziati sostengono che la crisi climatica potrebbe spazzare via dal Mediterraneo le colture tradizionali, costringendo gli agricoltori a ripiegare su colture tropicali. Negli ultimi tre anni la produzione di avocado, mango e papaya in Sicilia è raddoppiata, mentre i ricercatori dell’Orto botanico di Palermo hanno registrato per la prima volta la fioritura della welwitschia, una pianta del deserto africano del Namib. Nel 2021 l’azienda Morettino, storica torrefazione di Palermo, ha coltivato con successo la pianta del caffè in un piccolo appezzamento in Sicilia: la piantagione più a nord del mondo. “È vero che in Sicilia si registrano sempre di più temperature tropicali, ma ai tropici non è raro avere due o tre metri di pioggia all’anno, una quantità molto lontana dalle medie dell’isola”, spiega il professor Mulder.
Nella provincia di Enna i bacini idrici si stanno prosciugando e il paesaggio rurale comincia a somigliare ai deserti degli Stati Uniti occidentali. Alla fine di giugno il sindaco del capoluogo ha annunciato il razionamento dell’acqua a giorni alterni.
Angelo Mannará, agricoltore del comune di Leonforte, non riesce più a far quadrare i conti: “Affrontiamo una situazione disastrosa. Siamo in perdita. Le nostre risorse idriche si sono esaurite e non siamo in grado di abbeverare gli animali. Come possiamo andare avanti?”. ◆ as
◆ Il maltempo che il 29 giugno 2024 ha colpito il nordovest dell’Italia ha causato danni molto pesanti: le piogge hanno fatto esondare fiumi e causato frane, distrutto strade e sentieri. Il 1 luglio il quotidiano austriaco Der Standard descriveva così la situazione a Cogne, in Valle d’Aosta: “La comunità montana di 1.300 persone è isolata, dopo che le inondazioni hanno danneggiato l’unica strada di accesso alla località. Il 30 giugno circa cinquecento persone sono state portate a valle con gli elicotteri. Diverse famiglie sono state alloggiate negli alberghi della zona”. L’agenzia di stampa France-Presse afferma che il 29 giugno a Cogne sono caduti 90 millimetri di pioggia in sei ore. Anche Cervinia è rimasta isolata diverse ore per una frana sulla strada che porta al paese. Stessa sorte per il comune di Macugnaga, in Piemonte.
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Questo articolo è uscito sul numero 1570 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati