Quella che si è aperta dopo il bombardamento israeliano contro gli huthi è la tappa più critica della guerra. L’attacco del 20 luglio al porto di Hodeida spinge a chiedersi se lo Yemen si stia preparando a sostituire il Libano e se i miliziani yemeniti prenderanno quindi il posto del gruppo libanese Hezbollah nello scontro in corso dal 7 ottobre a Gaza e nella regione. Certo, gli huthi sono coinvolti nel conflitto al fianco del gruppo palestinese Hamas fin dai primi giorni, in particolare attraverso attacchi contro le navi dirette in Israele. Ma gli statunitensi hanno sempre fatto pressioni su Tel Aviv per evitare che le sue forze rispondessero direttamente agli attacchi degli huthi, chiedendo al primo ministro Benjamin Netanyahu di lasciare a loro il compito di occuparsene, insieme ai britannici. Tuttavia, dopo l’attacco degli huthi che il 19 luglio ha colpito Tel Aviv, facendo un morto, gli israeliani si sono visti costretti a rispondere.

Israele ha quindi ignorato le pressioni degli Stati Uniti e ha condotto la sua operazione su Hodeida (nel raid sono morti sei dipendenti della Yemen petroleum company). In seguito Netanyahu ha affermato che non esiste un luogo irraggiungibile per il suo esercito, mentre il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha dichiarato che “gli incendi scoppiati nello Yemen” potrebbero facilmente diffondersi al resto del Medio Oriente. Insomma, gli israeliani hanno voluto far capire all’Iran e a Hezbollah di essere pronti a estendere la guerra oltre la Striscia di Gaza e a combattere su più fronti.

Gli scontri nella regione hanno raggiunto una fase in cui non è più possibile distinguere i diversi fronti l’uno dall’altro. Il drone lanciato dagli huthi in direzione di Tel Aviv è partito dopo che il 18 luglio gli israeliani avevano condotto importanti operazioni militari contro alcune postazioni di Hezbollah nel sud del Libano, causando morti e feriti anche tra i civili. Rispondendo a un attacco avvenuto a migliaia di chilometri dalla sua frontiera, il gruppo yemenita ha dato una dimostrazione dell’“unità dei fronti dell’asse della resistenza” (cioè l’Iran e i suoi alleati regionali) e ha mandato un messaggio a Israele (e agli Stati Uniti): un’escalation più vasta contro Hezbollah infiammerebbe tutta la regione e le sue ripercussioni non resterebbero confinate al Libano.

Questo messaggio incendiario ha coinciso con un drone lanciato contro la città israeliana di Haifa da alcune milizie sciite irachene, con un ordigno sparato da Hezbollah in direzione della Galilea, e con un attacco contro l’ambasciata statunitense a Baghdad. Queste operazioni simultanee confermano il coordinamento militare tra le forze dell’asse iraniano e sono avvenute alla vigilia del viaggio di Netanyahu negli Stati Uniti, dove il premier israeliano è andato a cercare il sostegno dell’amministrazione guidata da Joe Biden, dei suoi oppositori repubblicani e del congresso in generale per proseguire e intensificare le sue operazioni militari a Gaza e in Libano. È il motivo per cui gli alleati dell’Iran hanno voluto mandare un avvertimento agli statunitensi sulle ripercussioni di un allargamento della guerra.

Un’altra lettura

Il rischio è stato accentuato dal raid israeliano su Hodeida, che potrebbe trasformare la guerra in un conflitto tra due stati (gli huthi controllano di fatto lo Yemen), non più limitato a uno scontro tra Israele e le fazioni palestinesi. Questo potrebbe avere importanti conseguenze sull’intera regione. “C’è un cambio di strategie negli scontri aperti con Israele sui vari fronti”, afferma una fonte vicina all’asse. “Gli iraniani hanno scelto negli ultimi giorni di esercitare una maggiore pressione militare su Israele e sugli Stati Uniti per spingerli ad accettare l’accordo in discussione per un cessate il fuoco a Gaza”. Secondo la stessa fonte, il ricorso all’escalation deriva dal fallimento di tutti gli altri tentativi di distensione e di tutte le mediazioni internazionali con il governo israeliano perché accettasse l’accordo proposto. “Potevamo solo intensificare gli attacchi, come hanno fatto gli huthi a Tel Aviv”, aggiunge.

Dopo il drone degli huthi alcuni osservatori hanno sottolineato che Israele potrebbe aumentare la pressione militare su Hezbollah, soprattutto se l’operazione si ripeterà. Lo stato ebraico quindi allargherebbe la battaglia contro il gruppo libanese, anche in nome delle storiche rivalità con Beirut. Ma dopo l’attacco su Hodeida ha cominciato a emergere anche un’altra lettura: lo Yemen potrebbe sostituirsi al Libano agli occhi di Israele, cioè la guerra e gli scontri si sposterebbero verso le zone controllate dagli huthi invece di intensificarsi nel territorio libanese, che resterebbe comunque coinvolto nel quadro dell’unità dei fronti. Questo potrebbe avere ricadute importanti considerata la posizione strategica dello Yemen sulle rive del mar Rosso e sullo stretto di Bab el Mandeb, dove transita il 45 per cento del traffico petrolifero mondiale. Senza parlare dell’impatto sull’Arabia Saudita: Riyadh ha dichiarato che non accetterà violazioni del suo spazio aereo da nessuna delle parti in conflitto che volessero approfittarne per il lancio di missili.

Nessuno può dire con certezza quale sarà il corso degli eventi, ma secondo una fonte dell’asse della resistenza quello che è accaduto nello Yemen è molto grave, perché gli israeliani sono intervenuti direttamente nello scontro con gli huthi invece di lasciare la risposta agli Stati Uniti e al Regno Unito. “Praticamente gli sviluppi dipendono dalle reazioni future. Se saranno calcolate significa che si andrà verso la creazione di regole d’ingaggio simili a quelle esistenti in Libano. Ma se gli attacchi non saranno misurati, la guerra si allargherà automaticamente”, aggiunge la fonte. Tanto più se Israele deciderà di condurne altri in profondità nel territorio libanese, arrivando a colpire Beirut o i suoi dintorni.

L’unica soluzione per evitare questa escalation è un cessate il fuoco immediato a Gaza. “Altrimenti, la guerra sarà inevitabile”, afferma la fonte, secondo la quale Washington starebbe incontrando difficoltà nell’imporre una tregua a Israele. “Gli Stati Uniti si sono impegnati per stabilire delle regole d’ingaggio nello Yemen e per prevenire l’escalation”, afferma una fonte diplomatica occidentale. “Anche le comunicazioni (dirette e indirette) tra Teheran e Washington sono state intensificate per ridurre le tensioni”. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati