Ci sono romanzi dove tutto – i personaggi, i dialoghi, perfino la trama – si ritira sullo sfondo e l’intero spazio è occupato da una storia. Cos’hai nel sangue, l’esordio nella narrativa di Gaia Giovagnoli, è uno di questi romanzi. La protagonista Caterina, che porta il nome di una santa e di una strega, deve tornare a casa per prendersi cura di una madre che lei odia e che a sua volta ha odiato la propria. Ma l’incursione di un antropologo fa riemergere il passato inquietante della madre e spinge Caterina a soccombere a un richiamo primordiale: quello del sangue la cui vera forma “è una catena, e il suo peso è insostenibile”. Il libro comincia con tanti sogni (forse troppi), flashback, immagini confuse e dialoghi stranianti. Ma sono elementi funzionali per tessere il profilo del borgo materno di Coragrotta, in cui il reale si confonde con il soprannaturale e l’umanità lascia il posto all’orrore di un trauma collettivo. La conclusione lascia una lieve sensazione d’insoddisfazione, come se dopo averci dato in pasto questa storia la sola storia non ci bastasse più. Ma resta impressa la scrittura evocativa, per niente lenta, e affascinante, grazie a cui il lettore rimane impigliato nelle maglie del racconto. Gaia Giovagnoli ha scritto un libro cha ha la consistenza di un esordio costruito minuziosamente. ◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1447 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati