Tre cugini, una nonna novantenne con tanto di badante al seguito, una vecchia villa di campagna e un’estate da far passare. Enrico, Margherita e Pasquale non si vedono da anni, a malapena si riconoscono quando arrivano, in tre momenti diversi, nella casa in cui hanno trascorso la maggior parte delle loro vacanze d’infanzia. Ogni stanza, ogni oggetto sembrano essere impolverati, non solo inutilizzati ma completamente abbandonati a se stessi. I tre giovani riadattano la casa in funzione dei segreti e delle motivazioni che li hanno portati a Palma Campania, e riadattano allo stesso tempo se stessi alla presenza di una nonna meno rimbambita di quel che lascia intendere. Nel suo romanzo d’esordio si sente che Francesco Spiedo è un autore teatrale: i capitoli passano in rassegna i punti di vista del quartetto e lasciano spazio a voci e registri diversi a seconda dei personaggi. Sono interessanti anche gli accenni a espressioni dialettali usate qua e là con il dosatore della comprensione: il dialetto, in una geografia come quella del sud, può essere una forma di comunicazione che conferma l’esistenza di una cultura, un luogo, un’esperienza che meritano di essere raccontati. Con una scrittura a tratti ironica, a tratti cinica, Spiedo consegna al lettore un romanzo piacevole. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1469 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati