Lo scorso fine settimana ero a Torricella Peligna, per seguire il festival dedicato allo scrittore italoamericano John Fante dal paese dell’Abruzzo dov’era nato suo padre. La manifestazione ha assegnato il premio Opera prima al romanzo Mai stati innocenti di Valeria Gargiullo. L’ho comprato al volo per questa rubrica, anche se è passato qualche mese dall’uscita. Il libro s’inserisce in quel filone letterario sulla periferia da cui sono passate autrici come Silvia Avallone, Alice Urciuolo, Ginevra Lamberti, Giulia Caminito. Tutte hanno fatto a meno del romanticismo a favore di una narrazione non edulcorata. Mai stati innocenti è ambientato a Campo dell’Oro, dove i bidoni dell’immondizia strabordano, “le facciate dei palazzi sono imbrattate con lo spray“ e “i ragazzini si promettono amore eterno”. Anna ha pianificato la fuga da quel posto in cui si può continuare a vivere anche se già morti. Mentre il fratello minore, Simone, si è unito ai Sorci, la banda di giovani criminali del luogo. L’affetto fraterno porta Anna a fare una serie di scelte poco in linea con il suo personaggio e il suo futuro, permettendo a Gargiullo di raccontare quanti, cresciuti in ambienti senza possibilità, sono sempre costretti a cercare un riscatto. Ed è questa la vera disuguaglianza. Qualche metafora e descrizione di troppo qua e là, ma la storia tiene piacevolmente l’attenzione. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1475 di Internazionale, a pagina 89. Compra questo numero | Abbonati