Una storia frammentata tra Bergamo e il Malawi. Da una parte Marilena Umuhoza Delli, bambina nera in un contesto bianco e spesso ostile. Dall’altra la storia di Luna, la cui carnagione troppo chiara le vale l’appellativo di “strega bianca”. Il nuovo romanzo dell’autrice italoruandese anticipa una “saga familiare italiana afrodiscendente”. Una scrittura essenziale segue una trama che si sviluppa per scene brevi, mostrando sprazzi del razzismo quotidiano in Italia; della vita in Malawi, intrecciata a quella dei missionari europei; un rapporto ambiguo segnato da dinamiche di potere, dal topos del buon selvaggio e dall’esotizzazione dei corpi neri. Le eccessive note a piè di pagina traducono le frasi in inglese, bergamasco, kinyarwanda, chichewa, spezzando la lettura; quelle di natura culturale, che spiegano che lo ndiwo è un “intruglio a base di verdure e/o pesce con spezie e curry”, appaiono ridondanti. Ho un rapporto complesso con questo tipo di norme redazionali: ritengo che l’Europa non sia il centro, e che ogni elemento appena lontano dalla sua area culturale non debba necessariamente essere chiarito per il lettore comune. La cosiddetta world literature non è un tema, ma un problema: è una sfida intellettuale al modo in cui leggiamo. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati