Classe 1996, casertana, Giulia della Cioppa esordisce con un libro che ha un incipit decisamente incisivo: “Mi sono uccisa il giorno del mio compleanno”. In realtà Margherita, 25 anni, si uccide, sì, ma non muore perché resta in bilico in uno stato vegetativo. Il ventre è il punto nevralgico intorno a cui ruota tutto: è nella pancia che Margherita macina amarezza, è nello stomaco che somatizza, è dal ventre che passano le emozioni, il caldo e il freddo, lì “dove inizia la vita, lì dove torna”. Intorno al suo letto d’ospedale invece si muovono: il dottor Bottai, che la dà per spacciata; Cintia la compagna di stanza presa a martellate dal fidanzato; Bianca, l’infermiera di un amorevole “che morde la vita”; la madre, che viene a trovarla tutte le mattine e ripercorre tra passato e presente il loro rapporto conflittuale. In misura diversa, entrambe sono inquetanti e ossessive. Margherita, forse per la prima volta, si vive da fuori, in una dimensione extracorporea: fuori dal ventre, dalla sua vita, dagli sguardi altrui. Dentro, il suo corpo che vede e non vuole sentire, “si contrae, si torce, si ribella”. Un romanzo chirurgico, un monologo fatto di frasi brevi e affilate, smussate qua e là da metafore, ma affinate subito dopo dal disincanto cinico della voce narrante, l’unica senza rimpianti. È una prosa che, pur nel ritmo incalzante, indugia, si fa specchio dell’attesa di Margherita, e nostra. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1540 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati