Dove si trovano le radici quando si cresce al confine tra mondi antagonisti? Un tentativo di risposta sembra essere il viaggio, fisico e della memoria, che intraprende la protagonista del nuovo romanzo di Federica Manzon. Alma è una donna che, alla morte del padre, torna nella sua Trieste: un viaggio che dura appena tre giorni, ma che riesce a scavare molto più a fondo nella storia, dalla guerra nei Balcani alla dittatura di Tito.“Il passato è un paese straniero” è il famoso incipit con cui L.P. Hartley apre L’età incerta. La geografia di Trieste offre ad Alma un punto di vista privilegiato su quel paese straniero in cui si avvicendano le tre generazioni di una famiglia: i nonni borghesi; la madre ribelle che sposa uno slavo che è sempre altrove; Vili, il ragazzo di Belgrado, tra i paramilitari serbi prima e tra i fotografi di guerra poi; Alma, che è stata “capace di lasciare tutto e andarsene altrove in pochi istanti”. Torna in città tra il venerdì santo e la Pasqua, sulle tracce di un’eredità lasciatale dal padre, finendo invece per guardare oltre il velo di dolore e “fare i conti con la famiglia, il passato, i morti e le radici, quel genere di cose che stanno sepolte sotto terra”. Alma è un romanzo in cui passato e presente non si fronteggiano in una gara tra il vivere e il ricordare, ma si cercano, attraversati dalla nostalgia di ciò che non può più essere. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1546 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati