Martina Faedda
La vita profonda
Nottetempo, 156 pagine, 14,90 euro

Mi sembra d’intravedere un’urgenza personale tra le pagine dell’esordio di Martina Faedda, un dissimularsi quasi volutamente mal nascosto nella vita di Olivia che a diciotto anni si trasferisce in una casa nuova. La planimetria simmetrica vorrebbe essere speculare alla sua vita familiare: da un lato Gioele, padre biologico, dall’altra Vittorio, papà acquisito. Al centro la stanza della ragazza, che si affaccia ora sulla soglia del rigoroso quanto malsano rapporto con il cibo e il corpo impartito da uno, ora sulla normalità e sull’insicurezza di un legame con l’altro che ha bisogno di continue conferme. Questo ordine razionale corrisponde però a un’asimmetria lacerante per Olivia, il cui corpo “esprime al posto suo dei dolori troppo forti per essere pensati”. In alcuni passaggi mi ha ricordato La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, forse per l’autolesionismo e l’anoressia che affliggono anche l’adolescenza di Mattia e Alice, ma soprattutto per il racconto del disagio verso il proprio corpo e la propria vita. In questi passaggi c’è una discontinuità nel pensiero a tratti scientifico di chi soffre di disturbi alimentari, e a tratti senza più contatto con la realtà. Il racconto del disagio di Olivia è ben riuscito e la sua vita profonda è l’involucro solido che tiene insieme una trama non indimenticabile. u

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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati