Quanto possono essere lunghi sei giorni? Un po’ meno di una settimana, in cui Riccardo, il protagonista del convincente esordio di Michele Bitossi, aspetta un appuntamento e un verdetto. Le ore sembrano non scorrere mai, tra paranoie, psicofarmaci e il desiderio di farsi una striscia per alleggerire la tensione. Riccardo è un padre che sta affrontando una separazione a cui si aggiungono il sospetto di un’accusa e il divieto di vedere la figlia Nora in attesa che si faccia chiarezza. La sua voce interiore, che riempie queste pagine fitte, è ironica e divertente, e mette al centro la paternità mentre cerca di restare a galla: nuotando, partecipando a gruppi di auto aiuto, guardando partite di calcio, girovagando in moto, camminando in palestra. Ma il problema di questa voce interiore è che le sue chiacchiere sovrastano ogni cosa, la sua ansia paralizza e totalizza la testa del protagonista, osservatore calcistico. Il romanzo di Bitossi, musicista e songwriter, si muove tra i vicoli di Genova, e con il lungo e ritmato monologo di Riccardo rende quasi tangibile il senso di apnea che agita la mente quando il tempo di dentro va più veloce, vede cattivi presagi e finali tragici, mentre il tempo di fuori procede lento e inesorabile verso il momento in cui, forse, l’uno e l’altro torneranno a sincronizzarsi.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati