Michele Bitossi
Ma io quasi quasi
Accento edizioni, 192 pagine, 16 euro

Quanto possono essere lunghi sei giorni? Un po’ meno di una settimana, in cui Riccardo, il protagonista del convincente esordio di Michele Bitossi, aspetta un appuntamento e un verdetto. Le ore sembrano non scorrere mai, tra paranoie, psicofarmaci e il desiderio di farsi una striscia per alleggerire la tensione. Riccardo è un padre che sta affrontando una separazione a cui si aggiungono il sospetto di un’accusa e il divieto di vedere la figlia Nora in attesa che si faccia chiarezza. La sua voce interiore, che riempie queste pagine fitte, è ironica e divertente, e mette al centro la paternità mentre cerca di restare a galla: nuotando, partecipando a gruppi di auto aiuto, guardando partite di calcio, girovagando in moto, camminando in palestra. Ma il problema di questa voce interiore è che le sue chiacchiere sovrastano ogni cosa, la sua ansia paralizza e totalizza la testa del protagonista, osservatore calcistico. Il romanzo di Bitossi, musicista e songwriter, si muove tra i vicoli di Genova, e con il lungo e ritmato monologo di Riccardo rende quasi tangibile il senso di apnea che agita la mente quando il tempo di dentro va più veloce, vede cattivi presagi e finali tragici, mentre il tempo di fuori procede lento e inesorabile verso il momento in cui, forse, l’uno e l’altro torneranno a sincronizzarsi.

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Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati