Ultimamente m’infilo solo in libri lunghissimi. Questo secondo di Valerio Mieli, arrivato dopo il successo di Dieci inverni (Rizzoli), non è neppure uno, forse sono due. L’altro giorno un’amica mi ha confessato che andare dalla psicologa è stato liberatorio: qualcuno che le fornisce una serie d’istruzioni per vivere. Un po’ come in quel monologo della serie Fleabag in cui Phoebe Waller-Bridge dice: “Penso di volere che qualcuno mi dica come vivere la mia vita, perché finora credo di aver sbagliato”. A ciascuno il proprio pastore, immagino. Potendo scegliere, Andrew Scott. La mia generazione Fleabag-psicoterapia si rispecchierà molto in Cosimo che, nel romanzo, sceglie davvero tutto per il timore di non sbagliare nulla. Da un lato la vita con Sabina, giovane amore diciannovenne e quindi assoluto; dall’altro la vita di avventura e spensieratezza che comincia con un treno notturno per Parigi, al tramonto degli anni novanta. Poi, a scompigliare ancora di più le carte entra in scena anche Giacoma, un io femminile. Le due versioni, incolonnate quasi a fronteggiarsi, si biforcano su chine diverse e parallele nel momento in cui bisogna scegliere tra andare via o restare, insieme o separati, in una lettura che catalizza la curiosità del “e se”. Vengono subito in mente Sliding doors e Kieślowski, ma qui la casualità del destino lascia spazio alla responsabilità. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1609 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati