N el corso del vertice del G7 che si è tenuto a Hiroshima, in Giappone, tra il 19 e il 21 maggio, i leader delle economie più avanzate del mondo hanno condannato duramente la Cina. Si sono impegnati ad aumentare gli sforzi per contrastare la “coercizione economica” e la presenza crescente di Pechino nel mar Cinese orientale e meridionale, esprimendo inoltre le loro preoccupazioni su questioni come la sicurezza di Taiwan, le armi nucleari e le violazioni dei diritti umani.
Nel comunicato congiunto diffuso alla fine dell’incontro si legge che il gruppo “è pronto a ingaggiare rapporti costruttivi e stabili” con Pechino, ma sottolinea l’importanza di “impegnarsi apertamente e di esprimere le preoccupazioni direttamente alla Cina”. Nel comunicato, oltre che in dichiarazioni rilasciate durante il vertice, si è anche parlato più volte di “ridurre i rischi”(derisking) invece che di “disaccoppiamento” (decoupling), un’allusione all’approccio dell’Unione europea nei confronti di Pechino e un segnale del crescente consenso tra i pesi massimi del G7, Stati Uniti e Unione europea.
Il vertice del G7 è un incontro annuale tra le sette economie più avanzate del mondo: Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Canada, insieme all’Unione europea. Quest’anno però sono stati invitati come ospiti i leader di Australia, India, Indonesia, Corea del Sud e Vietnam, nel tentativo evidente di corteggiare soprattutto le economie emergenti.
Tuttavia, i riflettori sono stati puntati sull’arrivo a sorpresa del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj, a Hiroshima con l’obiettivo di rafforzare il sostegno a Kiev, anche alla luce dell’espulsione della Russia dal gruppo dei sette avvenuta nel 2014, dopo l’occupazione della Crimea. La presenza di Zelenskyj è stata vista come un’occasione per fare pressione sui paesi che non fanno parte del G7, come Brasile e India, i quali hanno mantenuto legami con la Russia nonostante la guerra in Ucraina.
Pechino ha reagito duramente: il ministro degli esteri cinese ha espresso la sua ferma opposizione alla dichiarazione del G7, affermando che il vertice è stato un tentativo di “calunniare e attaccare la Cina” e “interferire apertamente nei suoi affari interni”. Pechino ha inoltre convocato l’ambasciatore giapponese per protestare contro il paese che ha ospitato il vertice. E ha criticato il Regno Unito in risposta alle affermazioni del primo ministro britannico Rishi Sunak, che ha definito la Cina “la principale sfida della nostra epoca alla sicurezza globale e alla prosperità”.
Intanto a Xian
Mentre a Hiroshima era in corso il G7, a Xian, in Cina, il presidente cinese Xi Jinping svelava un grandioso piano di sviluppo a conclusione del summit con i paesi dell’Asia centrale, da lui presieduto.
Nel suo primo incontro dal vivo con i leader di Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan, Turkmenistan e Uzbekistan, Xi si è impegnato ad aumentare i legami con la regione nei settori dei trasporti e dell’energia. Il luogo in cui si è tenuto il vertice era particolarmente simbolico: Xian è nota per essere il punto di partenza in oriente dell’antica via della seta, segno tangibile delle relazioni tra Pechino e Roma attraverso l’Asia centrale che hanno facilitato gli scambi di ricchezza e cultura nel continente.
Per la Cina l’Asia centrale è una parte importante della cosiddetta nuova via della seta, grazie alle enormi quantità di energia che la regione esporta e ai suoi redditizi corridoi per i trasporti verso l’Europa. Pechino la ritiene inoltre cruciale per garantire la sicurezza dello Xinjiang, in cui vivono gli uiguri. Da tempo il governo cinese si presenta ai paesi in via di sviluppo come una fonte alternativa di finanziamenti per rafforzare le loro economie, soprattutto nel sud del mondo e nell’Asia centrale. Facendo da contrappunto al G7, dov’è emerso il tentativo dei paesi ricchi di contrastare questa strategia, molti degli accordi per la nuova via della seta sono stati presentati da Pechino come “senza condizioni”.
“Noi non imponiamo mai le nostre idee agli altri né inseriamo nell’iniziativa egoistici obiettivi geopolitici”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli esteri cinese Mao Ning, commentando le critiche espresse a Hiroshima dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sui prestiti previsti dalla nuova via della seta. “Non possiamo fare a meno di chiedere in che modo il G7, formato dai paesi più ricchi del mondo, abbia contribuito nel concreto al benessere delle economie in via di sviluppo”, ha aggiunto Mao Ning.
Dietro le promesse cinesi di maggiori collegamenti in Asia centrale covano tuttavia delle tensioni. Oggi molte delle relazioni di Pechino con i vicini centrasiatici sono complicate e in alcuni casi gli sforzi della Cina hanno incontrato la resistenza delle popolazioni locali. In Kazakistan, per esempio, dal 2018 si sono registrate 156 proteste contro il crescente peso economico e politico di Pechino. Le paure trovano spazio nelle scuole del paese, in cui i manuali di storia risentono ancora dell’influenza dell’epoca sovietica, quando della Cina si parlava con diffidenza come di un paese con ambizioni globali più che di una nazione di scambi e commerci con un passato legato all’antica via della seta.
Nel frattempo alcuni osservatori si chiedono se la Cina possa assumere il ruolo di garante della sicurezza in Asia centrale al posto della Russia, sulla cui credibilità in questo senso ci sono dei dubbi dopo l’invasione dell’Ucraina. Ma i rapporti tra Mosca e le repubbliche centrasiatiche ex sovietiche rimangono forti ed è poco probabile che questo cambi nell’immediato futuro. ◆ gim
◆ Con l’Europa che sta ancora cercando di trovare il modo di affrontare le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, e il Sudest asiatico che si ritrova a essere il campo di battaglia della rivalità tra Cina e Stati Uniti, l’India ne approfitta. Da un lato intensifica i suoi rapporti con Mosca, da cui compra petrolio a basso costo, tenendone a galla l’economia, dall’altro continua a presentarsi agli Stati Uniti come un contrappeso alla Cina. Nel frattempo New Delhi propone una rotta alternativa nella filiera mondiale delle forniture. Asia Sentinel
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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati