Poco dopo l’inizio del conteggio dei voti in India si è capito che l’opposizione al primo ministro Narendra Modi, data praticamente per spacciata, è in realtà ancora viva. La campagna elettorale del leader dell’opposizione Rahul Gandhi, che ha attraversato tutto il paese, non è stata inutile: è servita a riabilitare la sua immagine e quella del suo partito, il Congress.
Il Bharatiya janata party (Bjp), il partito nazionalista indù di Modi, non ha raggiunto il suo obiettivo, cioè la maggioranza dei due terzi, ma avrà a disposizione altri cinque anni per governare. Tuttavia dovrà fare i conti con un’opposizione rafforzata e con alleati che vorranno avere più voce in capitolo.
In queste mastodontiche elezioni hanno votato 642 milioni di persone. Il numero di quelle che lavorano nei seggi – quest’anno sono state quindici milioni – aumenta ogni cinque anni, con evidenti complicazioni logistiche. Ma anche questo dimostra che la democrazia indiana, nonostante le leggi che la limitano e la repressione, è ancora viva.
L’opposizione è riuscita a mobilitare elettrici ed elettori nonostante le risorse scarse e altri ostacoli. L’India non ha seguito le orme dei paesi confinanti, dove le opposizioni sono uscite parecchio indebolite dalle ultime tornate elettorali. Inoltre, con il suo buon risultato, il Congress si è assicurato la nomina del leader dell’opposizione nella camera bassa del parlamento.
Modi può invece festeggiare uno storico terzo mandato, impresa che prima di lui era riuscita solo al primo capo del governo indiano, Jawaharlal Nehru, del Congress. Ma nel nord del paese, dove la popolazione parla in maggioranza l’hindi, il risultato del Bjp è stato al di sotto delle aspettative. Se il partito nazionalista ha avuto successo negli stati himalayani, ha perso terreno nel popoloso Uttar Pradesh.
L’India è da tempo una protagonista della politica mondiale e diventa più importante in tempi di tensioni geopolitiche. Sarà interessante osservare che direzione prenderà il paese nei prossimi cinque o dieci anni e capire come Modi preparerà la sua successione. Se l’India vuole continuare a essere vista come un baluardo contro la Cina, soprattutto dall’occidente, ha bisogno della parte più laica e inclusiva del paese, e delle critiche costruttive degli stati democratici. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1566 di Internazionale, a pagina 21. Compra questo numero | Abbonati