Rovistando pazientemente nel calderone alfanumerico del sistema di visti degli Stati Uniti, si scopre l’Eb-1a, detto anche visto Einstein. È uno dei permessi di soggiorno permanente più difficili da ottenere, riservato alle persone straniere con “capacità straordinarie”.
A John Lennon fu concesso nel 1976, quando rischiava di essere espulso nel Regno Unito. Tra i beneficiari degli ultimi decenni ci sono la tennista Monica Seles (che si trasferì negli Stati Uniti dalla Jugoslavia negli anni ottanta) e – per una strana ironia – la modella slovena Melania Knauss, arrivata nel 2001, quattro anni prima di diventare Melania Trump.
In base alle regole dei servizi per la cittadinanza e l’immigrazione, i richiedenti devono rispettare almeno tre dei dieci criteri di straordinarietà o, in alternativa, presentare le prove di un grande “singolo risultato”, come un premio Pulitzer, un premio Oscar o una medaglia olimpica. Su mezzo milione di visti permanenti rilasciati nell’anno fiscale 2022, solo l’uno per cento erano Eb-1a. Uno è stato concesso a Mangesh Ghogre, un uomo di 43 anni di Mumbai la cui capacità straordinaria consiste nel realizzare cruciverba.
L’ho incontrato per la prima volta nel 2012, a Brooklyn, durante il Torneo americano di cruciverba (Acpt), una gara annuale in cui gli autori di cruciverba come me e Ghogre occupano l’intero Marriott Hotel sfidandosi al Paroliere, scambiandosi idee per i cruciverba e dedicandosi compulsivamente a ogni tipo di giochi di parole. Ero entrato nel salone da ballo brontolando perché gli allenamenti di baseball del liceo mi avevano fatto arrivare in ritardo; proprio in quel momento Will Shortz, editor di cruciverba per il New York Times e organizzatore del torneo, stava annunciando che Ghogre era la persona che aveva affrontato il viaggio più lungo per essere presente al torneo.
All’inizio del 2021 Ghogre si è imbattuto in un articolo di Forbes intitolato “Sette modi per ottenere un visto permanente negli Stati Uniti”. Conosceva già la maggior parte delle opzioni: sposarsi con un cittadino o una cittadina statunitense (visto Ir-1 o Cr-1), fare grandi investimenti (l’Eb-5, per chi ha un milione di dollari a portata di mano). Ma l’Eb-1a (raggiungere risultati straordinari) gli suonava nuovo. Quando gli ho parlato, nel 2022, mi ha detto che i criteri sembravano un rebus per il quale lui era la soluzione perfetta.
Domanda: c’erano articoli di giornale che parlavano dei suoi risultati straordinari? Risposta: sì. Essendo uno dei pochi creatori di cruciverba statunitensi fuori dal Nordamerica, il New York Times e il Times of India gli avevano dedicato dei ritratti. Domanda: la sua opera “era stata presentata in esposizioni o mostre d’arte?”. Risposta: sì. Era successo al festival Kala Ghoda, dove alcune sue griglie erano state colorate e stampate in formato gigante, ogni casella grande come un pugno. Domanda: i suoi contributi avevano un “significato rilevante”? Risposta: Ghogre aveva pubblicato sul New York Times un cruciverba celebrativo per commemorare il 150° anniversario della nascita di Gandhi, e la cosa aveva fatto notizia.
Il cruciverba è stato visto spesso come un tipico passatempo americano
Ghogre ha confidato solo a sua moglie di voler chiedere il visto. Ha mandato una email a più di venti avvocati esperti della materia, ma non si aspettava che qualcuno lo prendesse in considerazione. Invece sono arrivate risposte entusiastiche: un avvocato molto ottimista si offriva di restituire tutto il suo onorario se la richiesta fosse stata respinta. “All’improvviso il mio rebus sull’immigrazione era risolto,” mi ha detto Ghogre. “Oggi, ripensandoci, mi sembra che fosse tutto destinato a succedere”.
Una buona staccionata
Per Ghogre la storia dei cruciverba e quella dell’immigrazione sono cominciate più o meno nello stesso periodo, ventisei anni fa, quando studiava ingegneria al Veermata Jijabai technological institute. Nato a Chandrapur nel 1980 in una famiglia borghese e cresciuto a Mumbai, aveva sempre pensato che l’economia e le materie scientifiche fossero un biglietto per muoversi nel mondo.
Appena entrato all’università, come molti suoi compagni cominciò a prepararsi per il Gmat, che di fatto è l’esame di ammissione ai corsi di economia post-laurea negli Stati Uniti, nella speranza di ottenere una borsa di studio per un master in business administration. Per raggiungere questo obiettivo bisogna superare la “sezione verbale”, e spesso si ricorre ai cruciverba per ampliare il proprio vocabolario di inglese. Ghogre viveva con una decina di altri ragazzi, molti dei quali parlavano e scrivevano in inglese come seconda o terza lingua, in uno studentato dove il Times of India – che pubblicava un cruciverba ripreso dal Los Angeles Times – veniva consegnato ogni giorno. Tutte le mattine alcuni di loro si riunivano per affinare il loro inglese su un cruciverba preso in prestito, sul quotidiano in inglese più letto al mondo.
Era il 1997. Pochi anni dopo sarebbe scoppiata la bolla delle aziende tecnologiche. Ghogre rinunciò al progetto di diventare uno studente internazionale e prese il suo master in India (fino a qualche tempo fa lavorava a Mumbai occupandosi di collocamenti in borsa per la multinazionale giapponese Nomura). Nel frattempo però era diventato un grande appassionato di cruciverba. Una volta era stato cacciato da una lezione di ingegneria per aver portato una rivista di enigmistica in classe. Le griglie bianche e nere lo attiravano molto di più delle matrici dell’algebra lineare. Sua madre ricorda che faceva le parole crociate quando era in coda, risolvendole a penna mentre aspettava.
Ghogre adorava i cruciverba a tema perché mettevano in risalto la malleabilità dell’inglese, la lingua che stava rapidamente assimilando: i giochi di parole gli ricordavano la fascinazione che provava per il sanscrito alle scuole medie, con una morfologia che si poteva spacchettare in radice, affisso e desinenza. Il dizionario che si portava sempre dietro (Random House Webster’s) offriva solo conoscenze mnemoniche, mentre i cruciverba somigliavano all’ingegneria, un mezzo piacevole per mettere in pratica ciò che aveva imparato.
Continuando a migliorare, Ghogre scoprì che riusciva a intuire le bizzarrie linguistiche delle parole crociate anche se, a tredicimila chilometri dagli Stati Uniti, non sempre ne afferrava il contesto. Gli appassionati di cruciverba, come gli appassionati di barzellette, hanno un repertorio pronto di schemi a tema. Ghogre ne descrive uno con definizioni come “fitta per un maiale”, “forte per un toro” e “alta per un cavallo”: vecchi modi di dire dei mandriani per indicare come dovrebbe essere una buona staccionata. Ghogre non aveva mai visto un maiale, e “in India non ci sono staccionate”, dice.
Ben presto prese carta quadrettata e matita per costruire le sue parole crociate, che poi proponeva al Los Angeles Times. Tra posta aerea e tariffe dei corrieri, spedirle costava più di quanto sarebbe stato pagato in caso di pubblicazione (85 dollari). In India era solo uno dei tanti che avevano l’ossessione dei cruciverba: nei forum online e nelle bacheche di appassionati di giochi enigmistici americani Ghogre trovò guide, collaboratori e amici. Cominciò a scriversi con Nancy Salomon, leggendaria autrice di cruciverba statunitense. Per email – Ghogre non poteva permettersi chiamate internazionali – Salomon discuteva e correggeva le sue proposte. Gli spiegava quando una risposta alla definizione non era “nella lingua”, come dicono i cruciverbisti americani. A volte non erano d’accordo: Salomon non aveva mai sentito l’espressione gesso e formaggio, che Ghogre aveva accoppiato con pane e burro e biscotti e panna in un cruciverba a tema sulla pancetta tipica della mezza età. Gesso e formaggio si usa per indicare due cose che a prima vista si somigliano, ma in realtà sono completamente diverse. Dalla confusione di Salomon, Ghogre dedusse che era un modo di dire tipicamente britannico, comune in India ma non negli Stati Uniti.
Salomon gli fece anche conoscere un’altra lingua: il “cruciverbese”. Una buona griglia dovrebbe evitare termini come stoa e anoa – i portici greci e il bufalo asiatico – che per le poche consonanti e l’insolito dittongo sono troppo presenti nelle parole crociate rispetto alla loro scarsa comprensibilità. Ghogre assorbì queste massime proprio come aveva assorbito le espressioni idiomatiche statunitensi (la staccionata di un buon cruciverba dovrebbe essere “fitta per uno stambecco”, “forte per un anoa” e “alta per un okapi”). Dopo decine di tentativi, uno dei suoi cruciverba fu accettato dal Los Angeles Times. Il messaggio che Ghogre scrisse a Salomon era pieno di gratitudine:
Non puoi immaginare quanto sono contento, dopo dodici anni passati a cercare soluzioni, questo è il giusto frutto di tanti sforzi e tanta passione. Grazie infinite a te, Nancy. Nella cultura indiana, la gratitudine per insegnanti/superiori/anziani si esprime toccando i loro piedi. Un giorno anch’io voglio toccare i tuoi, se non ti dispiace, come segno della mia riconoscenza per la tua cortesia nell’aiutare uno sconosciuto come me.
Specie invasiva
Quanto è statunitense il cruciverba? Nonostante la sua aura di complessità, la griglia in bianco e nero è stata vista storicamente anche come un tipico passatempo americano, kitsch e anestetizzante. Nella canzone The biggest ball of twine in Minnesota, di “Weird Al” Yankovic, una famiglia si stringe in una De Soto del 1953 con “cruciverba, fumetti di Spiderman e la torta al rabarbaro della mamma”. Nel brano del 1980 Drug me i Dead Kennedys inseriscono le parole crociate tra i segni di un consumismo insensato, come se la griglia fosse un codice a barre: “Drogami con i tuoi sonniferi / drogami con i tuoi cruciverba / drogami con le tue riviste / drogami con le tue macchine del sesso”. Assorto in un cruciverba, potresti anche essere addormentato.
Ma le parole crociate, come molti successi statunitensi, sono state inventate da un immigrato. Arthur Wynne nacque il 22 giugno 1871 a Liverpool, nel Regno Unito, dove suo padre dirigeva il quotidiano Liverpool Mercury. A 19 anni partì per Pittsburgh, uno dei nove milioni d’immigrati che arrivarono in negli Stati Uniti tra il 1830 e il 1930. Nel 1913 era già il direttore del supplemento Fun del New York World, brulicante di enigmi, storielle, fumetti e altri passatempi leggeri. Incaricato di ampliare l’edizione di Natale, inventò il “cruciverba”. Le istruzioni sembravano una guida per le scartoffie che gli immigrati dovevano compilare appena arrivati nel paese: “Riempite le caselle con termini che si accordano alle seguenti definizioni”. Il primo cruciverba americano comprendeva perfino una domanda che faceva pensare a un controllo sui precedenti penali. La definizione della sesta casella recitava: “Come dovrebbe essere ciascuno di noi”, e la risposta era: morale.
Il cruciverba ebbe subito un grande successo. Come scrive Alan Connor nel suo libro The crossword century, Stanley Newman, a lungo editor delle parole crociate per il quotidiano Newsday, una volta osservò: “I due maggiori regali di Liverpool al mondo della cultura popolare sono i Beatles e Arthur Wynne”. Negli anni venti del novecento gli Stati Uniti erano ormai in preda a quella che i giornali definirono la mania dei cruciverba. Un’appassionata con un debole per il cucito realizzò una trapunta composta da 48 cruciverba, uno per ogni stato dell’unione dell’epoca.
Nel 1924 l’editore Simon & Schuster pubblicòIl libro dei cruciverba; per la seconda edizione un distributore ordinò 250mila copie, un numero senza precedenti in quel periodo. Le parole crociate stavano diventando un movimento di massa in un’epoca di movimenti di massa: l’azienda ferroviaria Pennsylvania Railroad le inseriva sui suoi menu; la Baltimore and Ohio Railroad metteva dei dizionari negli schienali dei sedili.
Il Regno Unito di Wynne osservava tutto questo con orrore, pronto a chiudere le frontiere alle parole crociate. Un articolo apparso nel dicembre 1924 sul Tamworth Herald e imperiosamente intitolato “Un’America asservita”, metteva in guardia dall’epidemia del cruciverba: “Nel volgere di qualche breve settimana, un passatempo per pochi pigroni ingegnosi è diventato un’istituzione nazionale”. Paragonato a giacinti che proliferano selvaggiamente, veniva presentato come una specie invasiva, indigena degli Stati Uniti ma contagiosa; per prevenirne la diffusione, le autorità avrebbe dovuto erigere una salda barriera.
Nonostante questo, nel febbraio 1925 il Times di Londra annunciava che i cruciverba erano riusciti a varcare l’Atlantico. Nel giro di un decennio il Telegraph, lo Spectator e perfino lo stesso Times inserirono le parole crociate tra le loro pagine. Quando ci siamo conosciuti, al torneo del 2012, per Ghogre era la prima visita negli Stati Uniti. Tra i doveri da assolvere nel suo paese e il rompicapo del sistema dei visti, pensava che sarebbe stato il suo primo e ultimo torneo, e disse a Shortz che si trattava “dell’occasione di tutta una vita”. Qualche giorno prima di prendere l’aereo, scrisse una lettera agli altri partecipanti alla convention, che inviò a Shortz. Non avendo avuto risposta, si affrettò a spedire un seguito di scuse, temendo di aver esagerato. “Stai scherzando?”, replicò Shortz. “Mi è piaciuto moltissimo quello che hai scritto. L’ho passato al responsabile del sito del torneo perché lo pubblichi”. La lettera di Ghogre cominciava così:
Per uno come me, arrivato da una cittadina alla periferia di Mumbai, in India, partecipare a questo incontro è quasi come essere agli Oscar del mondo enigmistico. Anche se il cuore mi batte al doppio della velocità, ho il petto gonfio di umile orgoglio. Essere il primo indiano invitato a questo torneo in veste di giudice non è un traguardo solo per me. Nel mio paese è una fonte d’ispirazione per molti, per sognare in grande e raggiungere risultati ancora più grandi.
Al torneo, circa seicento concorrenti erano seduti in più file nella sala da ballo aziendale del Marriott e scrivevano furiosamente, separati da pannelli di cartone. Il settore di Westchester, una contea dello stato di New York, contava quasi il quadruplo di concorrenti di quello Stranieri, composto per lo più da canadesi. Tranne le ore in cui era impegnato nel torneo, Ghogre passò il fine settimana verificando le peculiarità statunitensi che aveva incontrato nei cruciverba. Assaggiò il suo primo pbj, un panino al burro di arachidi e marmellata, e il suo primo blt, un panino con pancetta, lattuga e pomodoro, vide la sua prima tpk, una strada a pedaggio, fece il pieno di oreo e sentì qualcuno che diceva my bad, colpa mia (ma non egad, ah!, o neato, bello, che pensava fossero esclamazioni ancora frequenti).
Dal 2000 Ghogre tiene un diario dedicato alle parole crociate (“la mia Wikipedia personale”) in cui annota dettagliatamente il lessico rivelato dalla soluzione dei cruciverba americani. C’è una sezione sui nomi biblici (enoch, hosea, enos, esau) e una sui laghi e i fiumi d’America (erie, mead, huron, gila). Ce n’è un’altra con le definizioni trovate per starna, gru ed emù (“uccelli che non ho mai visto, ma che incontro ogni giorno”).
Nel 1924 Vladimir Nabokov pubblicò le prime parole crociate in russo
Quando Ghogre mi ha mostrato queste pagine, con spunte coscienziose accanto alle risposte che si incontrano più spesso, scritte nella solida, diligente grafia di un ingegnere, mi sembravano bigliettini per l’esame di cittadinanza di un luna park. Ho immaginato Ghogre che alzava la mano giurando su un gladio o su una daga e recitando brani dell’Omoo di Melville.
Il ritorno del campanilismo
Una volta emigrato all’estero, il cruciverba si è assimilato ai paesi che lo hanno accolto. Nel Regno Unito oggi regna suprema una variante detta criptica. Mentre, per essere più difficili, le moderne parole crociate americane potrebbero ricorrere a definizioni brevi e misteriose, i cruciverba criptici britannici costruiscono una risposta da istruzioni che sembrano indovinelli o sciarade. In un cruciverba del New York Times, migrate (migrare) potrebbe essere la soluzione per “trasferirsi” o “fare come Albert Einstein nel 1933”; in un criptico del Guardian, migrate potrebbe avere come definizione “ragtime riarrangiato”, suggerendo che dovremmo rimescolare le lettere di ragtime, ovvero l’anagramma di migrate.
Gli enigmisti che conoscono i due stili potrebbero ritrovarsi bilingui, commutatori di codici letterali, ma con le loro preferenze. Stephen Sondheim, appassionato risolutore di cruciverba criptici, che ha contribuito a diffondere questo stile negli Stati Uniti, nel 1968 scriveva: “Ci sono cruciverba e cruciverba. Il tipo che molti newyorchesi conoscono è un test meccanico di conoscenze implacabilmente esoteriche: la ruota del vasaio brasiliano, noce di betel dell’India orientale e simili sono definizioni tipiche”. I suoi esempi fantasiosi implicano che gli esoterismi sono spesso ripescati da paesi remoti con definizioni laboriose. Quando il poeta W.H. Auden, un altro celebre appassionato di cruciverba, lasciò New York per tornare a Oxford, pubblicò sul Times una lettera di addio all’America.
La gente mi chiede se mi mancherà la “vita culturale”. La mia risposta è che non ne ho mai fatto parte. (…) La mia vita culturale si limita a leggere, ascoltare dischi di musica classica e risolvere cruciverba. (…) A questo punto devo dire che quello del New York Times spesso mi fa impazzire di rabbia per la mancanza di precisione nelle definizioni. (…) Quelle dei cruciverba britannici possono essere più complicate, ma sono sempre oneste.
Chi mai ha inventato il mito che l’America è un melting pot? Non è niente di simile e, come estimatore della diversità, dico grazie a Dio. I miei vicini polacchi, ucraini, italiani, ebrei e portoricani forse non sono gli stessi che sarebbero in un altro paese ma conservano le loro caratteristiche.
Ghogre ricorda lo straniamento che ha provato leggendo la definizione di sari
Nell’immagine che Auden ha degli Stati Uniti, cruciverba, cultura e immigrazione sono inestricabili. Invoca il senso originale di melting pot, un crogiolo in cui, come diceva un articolo del 1875, “l’individualità dell’immigrato” si fonde in uniformità “nell’alambicco democratico”. L’alambicco del cruciverba fa qualcosa di simile alle lingue straniere cancellando la punteggiatura, gli spazi tra le parole e i segni diacritici, finché non vengono naturalizzate. Un’analisi condotta da Charles Kurzman e Josh Katz su 2.092.375 coppie di definizioni e risposte del New York Times mostra che termini comenada con il tempo perdono la loro ispanicità: le definizioni vanno da “niente in Navarra” fino al semplice “nulla”. Ma, concludono Kurzman e Katz, il campanilismo è in aumento: “Oggi il cruciverba del New York Times usa un terzo di definizioni e risposte non inglesi in meno rispetto al picco toccato nel 1966, e fa due terzi di riferimenti internazionali in meno rispetto al 1943”. La globalizzazione, le ondate migratorie e le politiche che favoriscono la diversità del personale possono aver cambiato la mappa della redazione, ma “quando passiamo dalle pagine di attualità del New York Times alla pagina del cruciverba, il resto del mondo svanisce”.
Dai vietcong al Pulitzer
Le parole non inglesi spesso appaiono, come lasciava intendere Auden, senza “le loro caratteristiche”. Nei casi peggiori, in una definizione o in una risposta s’insinuano connotazioni negative, a volte razziste, come quando il New York Times – ancora nel 2012 – proponeva illegale come soluzione di “catturato dalla pattuglia di frontiera”. Ghogre ricorda il senso di straniamento che ha provato leggendo la definizione “indumento senza cuciture” per sari: “senza cuciture” appare nella prima frase della pagina inglese di Wikipedia, ma lui sostiene che questa peculiarità non verrebbe in mente a nessun indiano. Nella sua lettera al torneo del 2012 – per il resto un’esplosione di entusiasmo – Ghogre accennava al fatto che i cruciverba statunitensi offrono solo uno spiraglio da cui osservare la cultura indiana, e citava “i soliti sospetti”: naan, raja, rani, sari, delhi, sitar, ravi, nehru eccetera. Sembrava tutto appiattito, ancora di più quando le definizioni erano imprecise, come se le parole fossero souvenir comprati dall’enigmista cosmopolita e depositati sul caminetto della griglia.
Le mancanze dei cruciverba americani non sono premeditate. Mentre le parole crociate criptiche britanniche si basano su indovinelli, sciarade o anagrammi, i tre aspetti dei cruciverba americani – le voci principali (theme), le parole intorno (fill) e le loro definizioni (clues) – si prestano di più a essere politicizzati. L’analisi di Kurzman e Katz si ferma al 2015; da allora sono stati fatti molti sforzi per renderli rispettosamente cosmopoliti.
Nel 2021 la psicologa e autrice di cruciverba Erica Hsiung Wojcik ha creato l’Expanded crossword name database, un “elenco di nomi, luoghi e cose che rappresentano gruppi, identità e persone spesso escluse dalle parole crociate”. Una caratteristica dell’inglese è l’abbondanza di consonanti, perciò gli autori di cruciverba usano prestiti francesi con molte vocali per riempire la griglia: ete, oui, epee. Forse per questo conosciamo Jean Auel, Eero Saarinen e tutti gli Ira. Se i nomi con le vocali sono così utili, perché non aggiornare il canone inserendo Eula Biss, Michaela Coel o Yaa Gyasi? Quello che per un risolutore è una curiosità, per un altro è lessico vissuto: quello che è “onesto” per W.H. Auden potrebbe confinare un novellino dall’altro lato della staccionata.
La maggior parte degli autori per costruire le loro griglie si avvale dell’aiuto di un software che comprende un elenco di parole dove migliaia di voci sono catalogate in base ai loro meriti enigmistici. Quelle con il punteggio più alto vengono suggerite più spesso. Una nuova definizione potrebbe indurre un autore a cambiare il punteggio di una parola, come se fosse una sentenza di appello. Nancy Serrano-Wu, autrice di cruciverba e avvocata esperta d’immigrazione, di recente ha definito tps non come “transazioni per secondo” (tps ha solo 25 punti nel mio elenco di parole, e io non uso termini sotto i 50), ma con “status di protezione temporanea”, una tutela concessa a molti ucraini, afghani e venezuelani (ho fatto salire “tps” a 50 punti). Wojcik ha definito “viet” non come “ cong”, ma come “ Thanh Nguyen, vincitore del premio Pulitzer con Il simpatizzante”. E considerando l’enorme popolazione ispanofona degli Stati Uniti, l’autrice Brooke Husic spesso scrive definizioni in quello che chiama “spagnolo nascosto”, dove il bilinguismo rende inutile la disambiguazione. “Dà qua” può essere una definizione per l’imperativo dame; “pies (piedi in spagnolo) per il distanziamento sociale” è seis (sei): il gioco di parole toglie le manette delle parole “straniere” scritte in corsivo. In tutti questi casi, l’editor può cassare l’angolazione originale di un autore. Will Shortz in particolare è noto per riscrivere fino al 90 per cento delle definizioni proposte. Per far accettare qualcosa di nuovo, gli autori aggiungono alla definizione un qualche merito – come il Pulitzer di Nguyen – che potrebbe figurare su una richiesta di visto Eb-1a.
Ghogre , da parte sua, predica la “diplomazia delle parole crociate”. Il suo secondo cruciverba per il New York Times, una collaborazione del 2017 con il veterano degli enigmisti Brendan Emmett Quigley, fu pubblicato il 4 luglio. Le risposte centrali sono “Jay Gatsby”, “you are not alone”, “Elle Macpherson” e “why bother”. Ciascuna comincia con la pronuncia inglese delle lettere j-◆-l-y, luglio. Il console generale di Mumbai notò il cruciverba e invitò Ghogre alla festa per celebrare il giorno dell’indipendenza. Il consolato chiese al New York Times di stampare altre cinquecento copie di quella griglia da distribuire agli ospiti. Shortz ne autografò una copia e altrettanto fecero Quigley, Ghogre e, durante la cerimonia, lo stesso console generale, che sotto la sua firma scrisse: “Questo è un grande simbolo di dosti tra Stati Uniti e India”. Dosti significa amicizia in hindi. Non conoscevo questo termine, ma sono lieto di averlo imparato. Un giorno potreste ritrovarlo in un cruciverba.
Nella terra delle parole
Come autore di cruciverba e figlio di un immigrato, ho sempre trovato intuitivo, quasi un destino, creare un mondo attraverso i giochi di parole. Lo scrittore Ocean Vuong racconta che sua madre, che non leggeva e non capiva bene l’inglese, si sedeva di fronte al pubblico durante le letture di poesia del figlio, dato che conosceva almeno il linguaggio del corpo. Immagino mia madre, un’immigrata israeliano-marocchina che sa a malapena leggere in inglese, avvicinarsi ai clienti nel ristorante dove serviva ai tavoli guardandoli storto perché risolvono uno dei miei cruciverba invece di calcolare la mancia.
Una volta un mio amico ha osservato che se uno scrittore avesse voluto scegliere un nome per un personaggio che crea cruciverba, non avrebbe potuto trovarne uno migliore di Natan Last. Il mio nome deriva dall’ebraico per “dono” ed è un palindromo, cioè si legge allo stesso modo da sinistra a destra e viceversa, un viaggio di lettere andata e ritorno; il mio cognome, Last, “ultimo”, è autologico – una parola che descrive se stessa, come “pentasillabo”. Quando un funzionario della dogana, controllandomi il passaporto, sbaglia la pronuncia del mio nome, io mi sento allo stesso tempo un estraneo e qualcun altro, una persona nuova; se il funzionario scherza sul mio cognome, Last, mi affretto a stare al gioco.
Il cruciverba ha tenuto compagnia a molti scrittori emigrati. A Berlino, nel 1924, mentre negli Stati Uniti infuriava la mania del cruciverba, Vladimir Nabokov pubblicò le prime parole crociate in russo di cui siamo a conoscenza (all’inizio si chiamarono kreslovitsa, e poikrossvords) su Rul, il giornale per emigrati fondato da suo padre. Le parole crociate all’americana offrivano a Nabokov un nuovo punto di vista; una definizione chiede, facendo rima con il primo cruciverba di Arthur Wynne, “cosa faranno i bolscevichi”, e la risposta è sparire. La narrativa di Nabokov brulica di avatar anagrammatici dell’autore: Vivian Darkbloom (Lolita), Adam von Librikov (Cose trasparenti), Bladvak Vinomori (Re, donna, fante), Baron Klim Avidov (Ada o ardore). Immigrare è un’occasione per darsi un nuovo nome, rivelando, come osserva un suo personaggio, che tutti i nomi – quelli con cui siamo venuti al mondo e quelli con cui creiamo un mondo nuovo – sono formati dalla stessa serie di lettere; Vladimir Nabokov sa che anche Vladimir Nabokov è una finzione. E sembra saperlo meglio per aver scritto cruciverba. “La definizione è sempre finita”, dice Fëdor nel Dono, “ma io continuo a tendere alla lontananza, vado oltre la barricata (di parole, di sensi, del mondo) alla ricerca dell’infinito”.
L’opera più famosa dello scrittore Georges Perec è probabilmente la sua lipogrammatica Scomparsa, un romanzo scritto interamente senza la lettera e. Pubblicò anche un libro commovente su Ellis Island e l’immigrazione, un cruciverba settimanale per Le Point e il romanzo La vita, istruzioni per l’uso, dove appare la griglia di un cruciverba cominciato ma non completato. Quando l’ho visto per la prima volta, mi è parso l’ideogramma definitivo per l’ibrido cruciverbista-romanziere-immigrato: il cruciverba lasciato a metà, sempre anagrammando, fuggendo e assimilandosi allo stesso tempo. Creare cruciverba, ha detto Perec, è come “una passeggiata nella terra delle parole destinata a scoprire, nella zona imprecisa che costituisce la definizione (…), il luogo fragile e unico dove sarà contemporaneamente rivelata e nascosta”.
Un’altra epica
Quando, nel dicembre 2022, Mangesh Ghogre è arrivato negli Stati Uniti con il suo Eb-1a, ci siamo visti in centro per pranzo. Anche se lavoravo da tre anni in un’organizzazione non profit per l’inserimento dei rifugiati poco lontano da lì, non riuscivo a pensare a un posto adatto. Ma ci siamo accorti che non aveva importanza. Tutti i ristoranti durante la pandemia di covid avevano anagrammato i loro nomi o si erano trasformati in altri locali: pret a manger era diventato chipotle; due forchette adesso era cinque tizi. In un locale di ramen che per pranzo offriva un menù decente, Ghogre mi ha spiegato che anche se questa fase della sua storia d’immigrazione si era conclusa, restava ancora molto da fare. Trovare un appartamento in New Jersey. Iscrivere a scuola i figli, Eva (nome scelto anche per la sua risposta di cruciverba preferita) e Advait. L’Eb-1a non impone di avere già un impiego negli Stati Uniti, ma i richiedenti devono spiegare come intendono continuare a lavorare nella loro area di “competenza”. Nella sua domanda, Ghogre aveva detto di voler fondare una società di cruciverba. In quanto specialista di collocamenti in borsa, vuole quotarla sul mercato, e ha già scelto una sigla di quattro lettere: clue, definizione.
“Riempite la griglia di un cruciverba”, suggerisce il professor Gareth Farmer, “e otterrete un’epica”. Ghogre continua a infondere in ogni griglia la sua prospettiva personale, dilatando l’orizzonte delle comuni conoscenze. È orgoglioso di una sua recente definizione per poema, che di solito è “Iliade e Odissea” oppure “Beowulf e Paradiso perduto”. Ghogre ha proposto “il Ramayana indù e altri”. Questi piccoli cambiamenti messi insieme possono cambiare le cose. ◆ gc
Natan Last è uno scrittore e autore di cruciverba che si occupa di immigrazione. Ha scritto un libro sui cruciverba, The electric grid, pubblicato negli Stati Uniti da Pantheon e da cui è tratto questo articolo.
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Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati