India e Pakistan non hanno certo difficoltà a trovare motivi per litigare, e la proprietà del riso basmati non fa eccezione. Ora però la disputa, che cova da tempo sotto la cenere tra i due vicini possessori di armi atomiche, sta per degenerare. L’Indian agricultural research institute (Iari), il principale organismo scientifico indiano in campo agricolo, accusa il Pakistan di coltivare “illegalmente” varietà protette da copyright del cereale, che è alla base della dieta dell’Asia meridionale e un importante prodotto di esportazione per entrambi i paesi.
Secondo lo Iari, il Pakistan si sta facendo strada a forza di prezzi più bassi, mentre l’India ha già un procedimento in corso alla Commissione europea per avere il diritto esclusivo sul nome “basmati”. I due paesi sono da tempo impegnati in una feroce competizione per rispondere alla domanda globale di questo riso a chicco lungo, chiamato anche “perla profumata” e venduto a un prezzo più alto. I principali acquirenti sono paesi come Iran, Iraq, Yemen, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti.
L’India, che è il principale esportatore, copre il 65 per cento del mercato mondiale. La quota restante è del Pakistan. Il basmati è una delle principali fonti di introiti per l’economia indiana. Nel 2023 il paese ha registrato guadagni record, pari a 5,4 miliardi di dollari, quasi il 21 per cento in più rispetto al 2022 a causa dell’aumento dei prezzi e della produzione smisurata.
Da gennaio però le esportazioni sono in calo e rischiano di diminuire ulteriormente se i compratori dovessero rinviare gli acquisti a causa dell’aumento dei costi di trasporto nel mar Rosso. A febbraio il ministero dell’agricoltura ha avvertito che anche le scarse precipitazioni registrate finora potrebbero avere un impatto sulla produzione indiana di riso. Nel 2023 l’India ha esportato 4,9 milioni di tonnellate di basmati, ma quest’anno si prevede un calo. Al contrario, secondo alcuni rapporti le esportazioni del Pakistan potrebbero aumentare fino a cinque milioni di tonnellate rispetto ai 3,7 del 2023.
Tutto questo ha spinto gli indiani a un maggior protezionismo sulle varietà di basmati. “Abbiamo chiesto al ministero del commercio di avere delle azioni legali contro i coltivatori pachistani”, ha dichiarato Vijay Setia dell’associazione degli esportatori di riso indiani, danneggiati anche dalla decisione del governo di alzare il prezzo minimo di esportazione (mep). “Più dell’80 per cento del basmati destinato al mercato estero è stato venduto a prezzi inferiori rispetto al mep indiano, avvantaggiando in particolare il Pakistan”, ha spiegato Setia. “Anche se poi il governo ha ricalibrato il mep, molti piccoli commercianti faticano ancora a riprendersi”. Nel frattempo il Pakistan ha aumentato in modo impressionante l’estensione dei terreni coltivabili a basmati e questo porterà probabilmente a un’impennata nella produzione che, secondo gli operatori finanziari, gli consentirà di aggredire ulteriormente la quota di mercato dell’India.
Tutto in regola
I commercianti pachistani respingono ogni accusa di scorrettezza. Hamid Malik, un esperto di materie prime e in particolare di riso che vive a Islamabad, spiega che in Pakistan non si coltiva la varietà al centro delle ultime controversie. “Noi coltiviamo il Kissan, che è equivalente ma non identico all’altra varietà di basmati”, spiega, aggiungendo che la sua vendita è stata approvata nell’Unione europea e nel Regno Unito.
Il Pakistan contesta inoltre la richiesta, avanzata dall’India alla Commissione europea per la prima volta nel 2018, di ottenere i diritti esclusivi per l’uso del termine “basmati” come indicazione geografica protetta, etichetta attribuita a un prodotto quando una particolare qualità, reputazione o altre caratteristiche sono legate alla sua origine geografica.
Il basmati ha un “retaggio comune” perché storicamente è stato coltivato in quelli che solo successivamente sarebbero diventati due paesi, prosegue Malik. “Se l’India ha un problema, può protestare alla Wto”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1558 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati