Aveva detto di sperare in un esito positivo del processo. Ma dopo anni di udienze, il 30 settembre il tribunale di Locri ha condannato Domenico Lucano (detto Mimmo) a tredici anni e due mesi di carcere. Una pena doppia rispetto a quanto chiesto dall’accusa. L’ex sindaco di Riace (Reggio Calabria) è stato riconosciuto colpevole di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, frode, appropriazione di fondi pubblici e abuso di potere. Una pena “esorbitante” l’hanno definita i suoi avvocati, Giuliano Pisapia e Andrea Daqua.
Sindaco dal 2004 al 2018 (fino a quando è stato sospeso), Lucano era diventato noto per le sue posizioni a favore dell’accoglienza dei migranti. Per contrastare lo spopolamento di Riace dopo l’emigrazione degli abitanti in fuga dalla crisi economica, aveva scelto di integrare nella vita del paese i migranti sbarcati in Calabria. Aveva recuperato le case disabitate, ristrutturato vecchie infrastrutture, rilanciato l’artigianato e l’economia locale. E aveva sostenuto l’istruzione e la formazione dei migranti, dimostrando che un altro mondo è possibile.
Il modello Riace era stato lodato dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e anche da papa Francesco. Nel 2016 Mimmo Lucano è stato inserito tra i cinquanta leader più influenti del mondo dalla rivista statunitense Fortune e nel 2017 ha ricevuto il premio Dresda per la pace. Nel 2018, però, dopo essere finito al centro di numerose inchieste giudiziarie, è stato sospeso dalla carica di sindaco, costretto agli arresti domiciliari e in seguito colpito dal divieto di dimora a Riace, dove è potuto tornare solo nel 2019. La corte di cassazione non aveva trovato alcuna prova di “comportamenti fraudolenti” che l’ex sindaco avrebbe “messo materialmente in atto” per attribuire a delle cooperative i servizi come la raccolta di rifiuti. Questo però non ha impedito la condanna del 30 settembre.
Nessun vantaggio personale
Mimmo Lucano dovrà restituire 500mila euro di finanziamenti ricevuti. Una pena pesante, che dimostra ancora una volta la criminalizzazione di chi è solidale con i migranti.
“Oggi conosciamo solo la sentenza e non le motivazioni che hanno portato a questa decisione. Ma è difficile capire”, affermano gli avvocati, “come sia stato possibile arrivare a una pena così dura per un uomo come Lucano, che vive in povertà e che non ha tratto alcun vantaggio dalla sua esperienza di sindaco di Riace, e che, com’è emerso nel corso del processo, si è sempre impegnato per la sua comunità e per l’accoglienza e l’integrazione”. I suoi avvocati hanno annunciato che ricorreranno in appello. Contattato da Mediapart, Mimmo Lucano non ha risposto.
Mediapart ha deciso di ripubblicare l’intervista a Mimmo Lucano fatta il 26 settembre 2021 (prima della sentenza) in occasione dell’uscita in Francia del suo libro Il fuorilegge (Feltrinelli 2020), dove spiega il modello Riace e gli ostacoli che bisogna superare per poterlo mantenere. Il racconto è un toccasana per il cuore in un periodo in cui alcuni politici e opinionisti si accaniscono a demonizzare i migranti e chi li aiuta. Nel libro Lucano ricorda che un’altra via è possibile: quella dell’accoglienza incondizionata, di un modello inclusivo, di una società alternativa in cui ciascuno, a prescindere dalle sue origini, dalla sua lingua o dalla sua cultura, partecipa alla vita di una comunità per trovare il suo posto. “Nessuno sceglie liberamente di abbandonare la sua terra”, dice Lucano, si tratti dei primi profughi curdi sbarcati sulle coste calabresi nel 1998 o dei somali, ghaneani, gambiani e magrebini arrivati negli anni successivi in cerca di un futuro migliore. Dalla sistemazione in abitazioni vuote alla ristrutturazione di un antico frantoio, passando per la riapertura delle scuole, la creazione di laboratori artigianali che hanno permesso la trasmissione delle conoscenze locali e la nascita di un turismo solidale, l’esperienza del “villaggio globale” rappresentata da Riace dimostra che un altro mondo è possibile.
Tutto questo contrasta però con le politiche di accoglienza dei governi italiani, che negli anni hanno avuto come obiettivo quello di mettere i migranti in centri di accoglienza senz’anima e senza il sostegno sociale necessario a favorirne l’integrazione, o peggio quello di far proliferare baraccopoli in cui la dignità umana non trova posto e in cui si muore di precarietà.
Quando era sindaco di Riace Mimmo Lucano, oltre ad affrontare le inchieste, ha anche dovuto tenere testa a un ministro dell’interno di estrema destra, Matteo Salvini, noto per le sue posizioni contro i migranti. Il prezzo da pagare per aver sognato “la libertà” e “un’altra umanità”.
Nella Riace della sua infanzia sua madre offriva ospitalità ai nomadi rom e sinti e per questo era stata soprannominata “l’amica dei rom”. La Calabria è ancora una terra di accoglienza?
In Calabria c’è una tradizione di accoglienza che affonda le sue radici nel periodo greco: lo straniero è sempre stato considerato un ospite, la sua presenza era un onore quasi sacro. È una cultura che l’impoverimento e il potere mafioso hanno forse intorpidito, ma che non si è mai spenta davvero.
Alla fine degli anni novanta i comuni di Badolato e Riace sono stati “risvegliati” dall’arrivo di migranti curdi. Qual è stata la prima reazione degli abitanti?
In un primo momento c’è stato stupore, ma nel giro di poco tempo si è imposto uno slancio di solidarietà: bisognava trovare un tetto, dei mezzi di sussistenza, accogliere e proteggere quegli uomini, quelle donne, quei bambini perseguitati, costretti ad abbandonare tutto.
Lei racconta che alcuni abitanti di Riace hanno scelto di emigrare, abbandonando una delle zone più povere d’Europa e provocando lo spopolamento del suo paese. In che senso i migranti hanno salvato Riace?
Alcuni paesani emigrati da anni in Argentina o negli Stati Uniti hanno accettato di prestare le case, che avevano abbandonato e che abbiamo ristrutturato, per dare alloggio ai migranti. Molti di loro portano mestieri e conoscenze ereditate dalle loro tradizioni. Questo ha permesso di rilanciare l’artigianato locale unendo i talenti dei nuovi arrivati e di chi abitava da tempo a Riace. È stato possibile riaprire la scuola, che avevamo dovuto chiudere per mancanza di bambini, ma anche rilanciare la produzione di olio d’oliva. Tutto ciò nel contesto di un’economia solidale, senza altro guadagno se non quello per pagare gli stipendi.
In totale quanti migranti sono stati accolti a Riace quando lei era sindaco? La diversità dei profili e nazionalità nel corso del tempo ha rappresentato una ricchezza per il paese?
Non ricordo la cifra complessiva, ma in alcuni anni il comune ospitava più di 500 persone in un paese che ha 1.800 abitanti. E non era un’accoglienza che si limitava all’assistenza, perché c’era uno scambio continuo tra le persone di origini diverse: l’importante era andare avanti insieme per sviluppare l’economia e favorire l’autonomia di Riace.
Recupero e condivisione di case vuote, ripristino di antiche infrastrutture, istruzione, formazione professionale, economia sociale e solidale, e perfino una moneta locale. A Riace era riuscito a creare, su piccola scala, un esempio di società alternativa e stabile, un circolo virtuoso per tutte e tutti. Come spiegare allora il successo delle politiche dei “campi d’internamento” o dei “respingimenti alla frontiera”, che lei definisce “un’epidemia”?
Continua a esserci una lotta tra due visioni del mondo, una orientata alla fratellanza, allo scambio, all’apertura, l’altra che privilegia l’individualismo e la concorrenza. Al momento non è l’aiuto reciproco tra gli esseri umani a farsi sentire, a essere di moda. Spesso siamo in minoranza, ma siamo numerosi.
2 ottobre 2018 Il sindaco di Locri Domenico Lucano viene messo agli arresti domiciliari. Il prefetto lo sospende dalla carica di primo cittadino. Due settimane dopo il tribunale del riesame di Reggio Calabria emette nei suoi confronti un divieto di dimora a Riace, in alternativa agli arresti domiciliari.
11 aprile 2019 Lucano è rinviato a giudizio. La procura lo accusa di aver organizzato un matrimonio di comodo tra un’immigrata nigeriana e un cittadino italiano. Alla base dell’accusa c’è un’intercettazione telefonica in cui Lucano parla della possibilità di far ottenere la cittadinanza a una donna, a cui sarebbe stato negato l’asilo per tre volte, attraverso il matrimonio con un abitante di Riace. La procura lo accusa anche di aver assegnato, dal 2012 al 2016, i servizi di raccolta porta a porta e il trasporto dei rifiuti a due cooperative, in cui lavorano alcuni migranti, senza indire una gara d’appalto e senza che le due cooperative fossero iscritte nell’albo regionale, come invece richiede la legge. Lucano è accusato anche di truffa. Tre appartamenti dove sono ospitati i migranti non hanno il certificato di abitabilità.
5 settembre 2019 Il tribunale di Locri revoca il divieto di dimora a Riace.
27 dicembre 2019 Lucano riceve un ulteriore avviso di garanzia per aver rilasciato documenti d’identità a una donna eritrea e al figlio di pochi mesi senza il permesso di soggiorno. In qualità di sindaco è responsabile degli uffici dell’anagrafe.
30 settembre 2021 Il tribunale di Locri condanna Lucano a tredici anni e due mesi di carcere. I giudici lo accusano di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falso ideologico. Inoltre dovrà restituire 500mila euro di fondi europei. I giudici dovranno depositare le motivazioni della sentenza entro 90 giorni dalla condanna. Il Post, Bbc, Il Sole 24 Ore
Le condizioni di vita nei campi e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo italiani sono spesso difficili: l’esempio di Becky Moses, una donna nigeriana passata da Riace e morta in un incendio scoppiato nella baraccopoli di San Ferdinando nel 2018, è terribilmente eloquente. E lo è anche quello del Cara di Mineo. Come definirebbe le politiche di accoglienza italiane ed europee?
Fino a quando si continueranno a trattare le persone come numeri, come fanno spesso i politici che si definiscono “accoglienti”, la vita degli esseri umani sarà derisa e intere esistenze saranno devastate. Bisogna rimettere in primo piano la dignità dell’individuo e il suo diritto sacrosanto a vivere in sicurezza.
In che senso “i colpi più duri inferti all’accoglienza” sono stati quelli del Partito democratico ben prima del governo tra i cinquestelle e la Lega?
Nel 2017 il decreto Minniti-Orlando per il contrasto dell’immigrazione illegale ha limitato la possibilità di ricorrere contro la bocciatura delle richieste di asilo, rendendo la procedura del tutto impersonale e burocratica. Questo non lo ha fatto l’estrema destra, ma un governo che si definiva “di sinistra” (Marco Minniti e Andrea Orlando, entrambi del Pd, erano rispettivamente ministro dell’interno e ministro della giustizia).
Il blocco dei fondi pubblici per l’accoglienza, contro il quale ha fatto uno sciopero della fame nel 2012, è stato un modo per ostacolare la solidarietà nei confronti dei migranti accolti a Riace? E la decisione del ministero dell’interno nel 2018 di escludere Riace dai beneficiari dei fondi previsti dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)?
Non lo so, ma sembrava proprio così. Era come se il nostro progetto avesse disturbato i piani alti, come se ci fosse un assoluto bisogno di mettere fine a un’esperienza che dimostra che i migranti non sono necessariamente un pericolo, ma possono essere una risorsa: non il problema, ma la soluzione.
Come interpreta il successo della Lega nell’Italia del sud alle ultime elezioni europee, nonostante il consenso dei meridionali e degli immigrati sul suo modello?
È davvero triste. Negli anni la Lega non ha fatto altro che insultare i meridionali: predicava perfino la secessione della Padania dal resto del paese. Ora nel sud tante persone gridano come loro “prima gli italiani”. Hanno dimenticato che una volta gli stranieri erano loro.
Il modello Riace, elogiato dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, è stato replicato altrove in Italia nonostante l’abbandono del progetto di legge per facilitarne la riproduzione in altre località della Calabria? E all’estero?
In Calabria borghi come Stignano e Caulonia hanno seguito il nostro esempio. Anche all’estero ci sono diverse iniziative simili, ma la specificità della Calabria è che si tratta di una terra tradizionalmente di emigrazione e non di immigrazione.
Il riconoscimento del suo modello all’estero e in Italia l’ha aiutata a tenere testa ai suoi detrattori?
Tutte le forme di incoraggiamento contano. Bisogna difendere quest’altro mondo possibile contro la violenza del populismo e i pericoli dell’ultraliberismo.
Ha dovuto affrontare diverse inchieste giudiziarie e per undici mesi le è stato vietato di risiedere a Riace. Direbbe che la sua solidarietà nei confronti dei migranti è stata criminalizzata, come quella delle ong attive nel Mediterraneo?
Sì, è sempre così che agisce il potere: screditando, criminalizzando gli oppressi e chi li difende. Intorno a questa vicenda si sta giocando una partita politica molto pesante: attraverso me si vuole squalificare l’esperienza dell’accoglienza che Riace rappresenta. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1430 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati