Arrabbiati e sconvolti, i greci s’interrogano sulle conseguenze dei devastanti incendi che hanno colpito il paese e si preparano per le crisi future. Dall’inizio di agosto sono bruciati più di 120mila ettari di terreno. Migliaia di animali sono morti e centinaia di case sono state distrutte. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis, del partito conservatore Nea Dimokratia, ha definito i roghi “la peggiore catastrofe ecologica degli ultimi decenni”.
Il disastro più grave ha colpito il nord dell’Eubea, la seconda isola più grande del paese. Quasi un terzo di quella che un tempo era una terra ricoperta di boschi, famosa per il miele e la resina, è ridotto in cenere. “È peggio dell’invasione nazista degli anni quaranta”, ha dichiarato Thodoris Keris, sindaco del villaggio di Rovies. Secondo Keris, i prossimi mesi non saranno più facili delle scorse settimane. I compiti da affrontare sono molto difficili: completare i lavori per la protezione dalle inondazioni prima delle piogge autunnali, trovare un tetto per centinaia di sfollati, riforestare i terreni, trovare da mangiare agli animali sopravvissuti e rimasti senza pascoli. Per non parlare degli interrogativi più grandi: che fine faranno gli agricoltori, gli apicoltori e i produttori di resina? Cosa ne sarà dell’industria del turismo? “Chi mai vorrà passare le vacanze su un’isola bruciata?”, si chiede il sindaco.

Non è la prima volta che i greci sono costretti a farsi domande simili. Nel paese gli incendi sono frequenti, e nel 2007 e 2018 erano stati particolarmente devastanti. Anche allora, come fanno oggi, le autorità avevano promesso che in futuro tutto sarebbe stato diverso. Sono stati presentati piani strategici per la lotta ai roghi e organizzate raccolte di fondi. Ma quasi nulla è cambiato. I fondi stanziati nel 2007 non sono stati nemmeno spesi per intero.
Partire o ricostruire
In questi giorni in Eubea nessuno riesce a dormire, spiega Yiannis Kontzias, sindaco della città di Istiaia. I residenti si riuniscono quotidianamente per cercare di riorganizzare la vita collettiva, ma molti pensano di partire. “Tutti vogliono andarsene”, dice Kontzias. “Avremo a che fare con una grave crisi demografica: la nostra società rischia di scomparire”.
La situazione è aggravata dalle profonde incertezze che caratterizzano la Grecia di oggi: una crisi climatica che è sempre più evidente e apparentemente inarrestabile; l’incapacità del governo di imparare dai propri errori; le difficoltà di un’economia già soffocata dalla pandemia e da anni di austerità. Tutti problemi che mettono a rischio il futuro del paese.
E in effetti la recente catastrofe economica e ambientale ha colpito un paese già in gravi difficoltà. La Grecia è stata stritolata da una crisi finanziaria che dura da più di dieci anni e dall’austerità legata al piano di salvataggio internazionale. Poi, proprio quando l’economia aveva ripreso a crescere, è arrivata la pandemia. Come se non bastasse, di recente il governo ha scelto di destinare parecchie risorse pubbliche alla protezione dei confini, costruendo barriere e mettendo a punto sistemi di sorveglianza per far fronte al flusso di profughi afgani in fuga dai taliban.

Come altri paesi europei, inoltre, anche la Grecia è alle prese con un numero crescente di casi di covid-19. Gli esperti prevedono che al ritorno dalle vacanze ci sarà una nuova crisi sanitaria: il 45 per cento della popolazione non si è ancora vaccinato e sembra molto restio a farlo.
Per quanto riguarda le vittime degli incendi, invece, il governo deve affrontare la disperazione, l’incertezza e la frustrazione dei cittadini. “Se penso a quello che è successo, non riesco a trattenere la rabbia”, spiega Vangelis Georgantzis, cinquant’anni, guida del locale sindacato dei produttori di resina.
Prima che i pini tornino a produrre resina ci vorranno almeno vent’anni. Questo significa che il lavoro che Georgantzis ha svolto fin da quando era bambino oggi non esiste più. Il suo obiettivo è ricostruire l’isola per la prossima generazione. “Vogliamo rimanere qui e lavorare la terra, riforestarla e consegnarla ai giovani come l’abbiamo trovata noi, se possibile in condizioni ancora migliori”, spiega.
La lezione del 2018
Intanto, il 18 agosto, il primo ministro Mitsotakis si è presentato al primo incontro della commissione nazionale per la ricostruzione. “Rifaremo l’Eubea più bella di prima”, ha dichiarato. Ma le sue affermazioni sono state accolte con scetticismo. Molti criticano il governo per la gestione degli incendi, non solo in Eubea, ma anche in Attica e nel Peloponneso. Il primo ministro ha promesso di ripristinare tutto ciò che è stato distrutto, comprese case, attività commerciali e foreste, e ha annunciato un pacchetto di aiuti da cinquecento milioni di euro, che dovrebbero essere stanziati senza ostacoli burocratici. A capo del programma di ricostruzione dell’Eubea Mitsotakis ha nominato Stavros Benos, 73 anni, socialista, veterano della politica greca ed ex sindaco di Kalamata. Benos è famoso per il piano di ricostruzione della città del Peloponneso messo a punto dopo il terremoto del 1986.
Mitsotakis ha poi sottolineato che, per la lotta alla pandemia, la Grecia disporrà delle risorse europee del recovery fund, mentre per la transizione verde e lo sviluppo agricolo potrà usare i fondi strutturali.
Per quando riguarda i produttori di resina, il governo si è impegnato ad aiutare le circa 900 persone che lavorano nel settore, per evitare lo spopolamento dei villaggi dell’Eubea. Mitsotakis ha fatto appello anche ai privati, accennando a una possibile sponsorizzazione delle opere di riforestazione. Il primo ministro ha inoltre promesso ai residenti che i terreni bruciati non diventeranno edificabili né cambieranno destinazione d’uso.
◆ Dopo ogni crisi, la Grecia arriva sempre alla stessa conclusione: c’è bisogno di maggiore professionalità, di meno intrusioni della politica nel funzionamento delle agenzie dello stato. È vero che ci sono stati importanti miglioramenti. La nuova generazione che oggi occupa i posti chiave nella pubblica amministrazione detesta il clientelismo, vuole migliorare e imparare. Ma queste persone sono obbligate a rendere conto all’ultima nidiata di funzionari politici, impegnati a scalare le gerarchie di partito per arrivare ai vertici del potere. Persone che hanno costruito la loro carriera grazie alle amicizie giuste e agli scambi di favori. È arrivato il momento di creare una cultura pubblica per permettere ai giovani, che non hanno paura di imparare e di essere giudicati per il loro lavoro, di prendere le redini dei meccanismi che mandano avanti lo stato. Queste persone hanno bisogno di mezzi, fiducia e tutele. Prima di dare un incarico, i ministri devono cominciare a chiedere: “Chi è il più bravo?”, e non informarsi sulle amicizie e le affiliazioni di partito dei candidati. Alexis Papachelas, Kathimerini, Grecia
Georgantzis, però, non si fida. Ed è molto preoccupato per il possibile coinvolgimento dei privati. I residenti vorrebbero che il governo si limitasse a concedere finanziamenti diretti per i lavori di ricostruzione, spiega, aggiungendo poi che le autorità dovrebbero consultare la gente del posto anche in merito al piano di riforestazione. “Si dice che vogliano sostituire i pini con alberi meno infiammabili”, dice Georgantzis. “Ma non è concepibile, sarebbe un atto contro la natura e danneggerebbe ulteriormente l’ecosistema”.
Non cambierà nulla
I timori di Georgantzis sono motivati dalle esperienze del passato. Dopo i disastrosi incendi del 2007 fu creato un fondo speciale governativo di più di 200 milioni di euro, provenienti da donazioni di privati e associazioni. Negli anni successivi alcune inchieste giornalistiche scoprirono però che parte dei fondi era stata sottratta o usata male e che molti progetti non erano mai stati completati. Secondo Petros Molyviatis, ex gestore del fondo, solo un terzo del denaro fu speso. Il resto fu consegnato alla Banca di Grecia. Per indagare sulla vicenda fu istituita una commissione parlamentare, che però non individuò nessun responsabile.
Simili scandali contribuiscono a creare quel senso di impotenza condiviso da buona parte dei greci. Molti pensavano che le cose sarebbero cambiate dopo il 2018, quando un incendio devastò il villaggio di Mati, alla periferia di Atene, uccidendo più di cento persone. Tre anni dopo nulla sembra cambiato: migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case a Lavrio e Afindes, a poche decine di chilometri da Atene, per sfuggire agli incendi. I residenti raccontano che i pompieri sono intervenuti in modo disorganizzato e accusano il governo di essersi concentrato esclusivamente sulle evacuazioni invece di cercare di contenere il fuoco.
In passato la Grecia aveva già cercato di fare i conti con questi problemi. Dopo i roghi del 2018 il governo, allora guidato dal partito di sinistra Syriza, aveva avviato un’inchiesta, che ha portato alla pubblicazione del cosiddetto rapporto Goldammer. Il documento confermava quello che era già emerso dopo gli incendi del 2007: bisognava migliorare il sistema di prevenzione e abolire la divisione dei compiti di prevenzione e spegnimento. Mitsotakis, all’epoca leader dell’opposizione, aveva sostenuto il lavoro della commissione. Ma da allora non è cambiato quasi nulla.
“Per la lotta agli incendi, la Grecia spende molto più della maggior parte dei paesi dell’Unione europea”, spiega Gavriil Xanthopoulos, ricercatore dell’Istituto degli ecosistemi forestali mediterranei e componente della commissione Goldammer. “Rispetto alle dimensioni del paese, abbiamo una delle più grandi flotte aeree d’Europa per la lotta agli incendi, eppure siamo colpiti dalle catastrofi peggiori”.
Secondo Xanthopoulos, la responsabilità è di una burocrazia opprimente e disorganizzata, che ostacola le operazioni di emergenza. “Ogni pompiere deve avere un ordine specifico per qualsiasi mansione e il servizio forestale è completamente disorganizzato”, dice.
Il rapporto Goldammer ha evidenziato mancanza di pianificazione, numerose sovrapposizioni di responsabilità tra agenzie, forti interferenze politiche e una spesa sproporzionata per lo spegnimento degli incendi rispetto alle attività di prevenzione. “In una situazione ambientale sempre più complicata, non possiamo limitarci a cercare di spegnere i roghi”, spiega Demetres Karavellas, direttore generale del Wwf greco. Il paese, racconta, è l’unico in Europa senza una mappa completa delle foreste e un catasto.
Secondo gli esperti, c’è urgente bisogno di una più equa distribuzione dei fondi per la lotta agli incendi, di un piano nazionale di prevenzione, di un servizio forestale più efficiente e di una formazione migliore per i pompieri. Xanthopoulos, però, non è ottimista. “Temo che anche stavolta non cambierà nulla”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1424 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati