Economia e lavoro

Cittadini virtuali

In tempi di pandemia e lavoro a distanza il sogno di molte persone è connettersi con l’ufficio da un’isola dell’oceano Pacifico. L’investitore californiano Tim Draper, invece, ha fatto esattamente il contrario. Come racconta la S üddeutsche Zeitung, “Draper continua a vivere regolarmente negli Stati Uniti, ma ha scelto di risiedere virtualmente nella repubblica di Palau. Il miliardario californiano, infatti, è il primo abitante digitale ad aderire al programma di residenze online offerto dallo stato insulare dell’oceano Pacifico. Insomma, è residente a Palau ma non ci ha mai messo piede”. La notizia è stata data direttamente da Surangel Whipps jr., il presidente del piccolo stato di 19mila abitanti che si è reso indipendente dagli Stati Uniti nel 1994.

Secondo il governo locale, sono interessate all’iniziativa altre trecentomila persone. “Palau spera che il progetto aiuti la sua economia, che dipende fortemente dal turismo, messo in crisi dalla pandemia. L’idea è nata grazie all’esplosione delle criptovalute, un settore alla continua ricerca di stati con tasse basse e politici che hanno voglia di puntare sul bitcoin”. Palau collabora con la Cryptic Labs, un’azienda che si occupa di transazioni digitali. La residenza virtuale costa circa 150 dollari e permette di aprire conti bancari online e fondare aziende. “Una manna dal cielo per investitori che in molti paesi si scontrano con la diffidenza sorta intorno alle criptovalute, considerate dalle autorità uno strumento speculativo troppo rischioso”. ◆

Chi paga di più l’inflazione

Negli Stati Uniti l’inflazione, che a gennaio è arrivata al 7,5 per cento (il tasso più alto degli ultimi quarant’anni), si traduce in una spesa aggiuntiva media di 276 dollari al mese per ogni famiglia, scrive il Wall Street Journal. In realtà, aggiunge il quotidiano finanziario statunitense, alcuni gruppi sociali risultano più colpiti di altri. In particolare quelli che spendono gran parte del loro reddito per beni e servizi essenziali, come prodotti alimentari e carburante, ma anche per le auto usate. Tra i gruppi più penalizzati ci sono le famiglie della classe media, gli ispanoamericani e i cosiddetti millennial , cioè gli statunitensi nati tra il 1981 e il 1996.

La Tesla sotto accusa

Il 10 febbraio lo stato della California ha avviato un’azione legale contro il produttore di auto elettriche Tesla, scrive la Bbc. L’azienda fondata da Elon Musk è accusata di tollerare nel suo impianto di Fremont discriminazioni contro i dipendenti afroamericani, oggetto di insulti razzisti e costretti a svolgere le mansioni più pesanti.

Mancanza di etichette

ilbusca, Getty images

La Finat, l’associazione che rappresenta le aziende europee produttrici di etichette autoadesive per imballaggi, ha avvertito che importanti settori dei beni di consumo, per esempio quello dei prodotti alimentari, potrebbero registrare problemi significativi a causa della crescente carenza di carta, scrive il Financial Times. Gli scioperi, in particolare nelle aziende del Nordeuropa, hanno aggravato la situazione, legata principalmente alla forte domanda di carta registrata dopo la fine dei lockdown in diversi paesi. In Finlandia le proteste di migliaia di lavoratori hanno bloccato gli stabilimenti del gruppo Upm-Kymmene, che produce il 40 per cento della carta usata per le etichette autoadesive in Europa. La carenza di carta sta colpendo duramente anche le case editrici, che nella seconda metà del 2021 hanno dovuto affrontare prezzi in alcuni casi quadruplicati.

Inquinare nell’ombra

Negli ultimi anni hanno registrato un forte aumento gli investimenti realizzati secondo criteri ambientali, sociali e di buona gestione aziendale (esg). Il fenomeno, unito al discredito di cui è ormai oggetto il settore energetico, “sta producendo un effetto collaterale inatteso”, scrive l’Economist. “Le attività dannose per l’ambiente si stanno trasferendo nell’ombra. Grandi aziende energetiche quotate in borsa e i gruppi minerari hanno cominciato a vendere le loro attività più inquinanti per soddisfare le richieste degli investitori esg e ridurre le emissioni. Ma in realtà i pozzi di petrolio e le miniere non chiudono”. Sono comprati da aziende non quotate e da fondi d’investimento che hanno fonti di finanziamento diverse dalla borsa e dalle banche tradizionali, quindi riescono “a stare lontani dai riflettori”. Negli ultimi due anni, per esempio, i fondi di private equity (che investono nel capitale di aziende non quotate) hanno comprato attività legate alla fonti fossili per un valore di circa sessanta miliardi di dollari. ◆

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1448 - 18 febbraio 2022
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