Il 27 settembre il passaggio dell’uragano Ian a Cuba, in particolare sulla provincia occidentale di Pinar del Río, ha provocato due vittime e danni gravi alle infrastrutture, allagando raccolti e lasciando il paese intero e i suoi undici milioni di abitanti senza luce per tre giorni. Il 29 e il 30 settembre, quando la corrente elettrica non era ancora stata ripristinata, centinaia di persone hanno protestato all’Avana. “Sono le manifestazioni più grandi da quelle antigovernative dell’11 luglio 2021”, scrive la Reuters. Durante le proteste la connessione a internet è stata interrotta. Il 2 ottobre le autorità hanno reso noto che la luce era tornata nell’80 per cento delle abitazioni della capitale. L’uragano è stato particolarmente devastante anche in Florida, sulla costa sudorientale degli Stati Uniti. I morti sono almeno 105 e alcune città sono rimaste per giorni senz’acqua corrente ed elettricità. “La maggior parte dei danni è stata causata dalle onde create dai forti venti (fino a 240 chilometri all’ora), che hanno travolto gli edifici più vicini alla costa”, scrive il Miami Herald. Il New York Times spiega che “l’uragano Ian è cresciuto di intensità quando si è avvicinato alle coste della Florida, perché è passato su acque oceaniche più calde di due o tre gradi rispetto alla media di questo periodo dell’anno. La sua potenza distruttiva è stata aggravata dall’innalzamento dei mari”. L’uragano Ian ha messo in evidenza le contraddizioni dei politici repubblicani rispetto alla crisi climatica. “È chiaro che la Florida si trova ad affrontare alcune delle conseguenze più gravi del riscaldamento globale. Ma i principali leader politici dello stato, repubblicani, si sono opposti ai provvedimenti più importanti sul clima approvati dal congresso, leggi che danno gli strumenti agli stati per affrontare i disastri climatici e riprendersi dalle loro conseguenze”. ◆
Ambiente pericoloso
Più di 1.700 attivisti per l’ambiente sono stati uccisi nel mondo negli ultimi dieci anni. Il 68 per cento degli attacchi è avvenuto nei paesi dell’America Latina e più della metà contro le popolazioni native. È il risultato del rapporto presentato il 29 settembre dall’ong britannica Global witness. Nel 2021 il paese più pericoloso per chi difende l’ambiente è stato il Messico, dove sono stati uccisi 54 attivisti. Gli stati più violenti sono Oaxaca, nel sud, e Sonora, nel nordovest, dove l’attività mineraria è molto diffusa.
Omicidi nelle carceri
“ Il 3 ottobre una rivolta scoppiata nel carcere di Latacunga, a circa ottanta chilometri da Quito, ha provocato almeno sedici morti e più di quaranta feriti”, scrive il sito ecuadoriano Gk. Gli incidenti sono cominciati dopo che i detenuti hanno partecipato a un censimento sulla popolazione carceraria. Tra le vittime c’è anche Leandro Norero, accusato di narcotraffico e riciclaggio di denaro. In Ecuador, si legge su Bbc mundo, ci sono 36 carceri e più di 32mila reclusi. Dal 2021 a oggi più di quattrocento persone sono morte nelle rivolte scoppiate nelle prigioni del paese.
Abusi nel calcio femminile
Il 3 ottobre sono stati resi pubblici i risultati di un’inchiesta durata più di un anno sugli abusi nella National women’s soccer league, il più importante campionato di calcio femminile degli Stati Uniti. Secondo il rapporto, almeno cento calciatrici hanno sostenuto di aver subìto abusi di vario tipo dagli allenatori: molte di loro hanno detto di essere state costrette ad avere rapporti sessuali o di essere state maltrattate verbalmente o in altro modo. Gli allenatori minacciavano di punire le donne se avessero deciso di parlare. Le violenze e gli abusi sarebbero avvenuti anche nelle squadre giovanili. I dirigenti di molte squadre di club e della federazione nazionale avrebbero ignorato sistematicamente queste denunce.
Colombia Il 4 ottobre da Caracas, in Venezuela, una delegazione dell’organizzazione guerrigliera colombiana Esercito di liberazione nazionale (Eln) ha annunciato la ripresa ufficiale dei negoziati di pace con il governo a partire da novembre.
Haiti Il 3 ottobre la polizia ha lanciato gas lacrimogeni contro i manifestanti scesi in piazza a Port-au-Prince per chiedere le dimissioni del premier Ariel Henry, che all’inizio di settembre ha aumentato il prezzo del carburante. Nel paese mancano prodotti di prima necessità e acqua potabile.
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