Lo scandalo delle intercettazioni illegali in Grecia si è aggravato ulteriormente dopo che un’inchiesta del settimanale **Documento ** ha rivelato che i telefoni di altre 33 persone sono stati infettati con il software Predator. Tra questi non ci sono solo giornalisti ed esponenti dell’opposizione, ma anche ministri del governo conservatore di Kyriakos Mitsotakis. Secondo Documento il sistema è stato messo in piedi su ordine dello stesso premier, che non si fiderebbe nemmeno dei suoi collaboratori. Mitsotakis ha smentito le accuse e ha annunciato che in Grecia la vendita dei software di sorveglianza sarà vietata.
Tutti sorvegliati
Il delfino di Le Pen
Il congresso del Rassemblement national (estrema destra) ha eletto presidente a larga maggioranza l’eurodeputato Jordan Bardella (nella foto), 27 anni. Bardella prende così ufficialmente il posto di Marine Le Pen, che nel 2021 gli aveva lasciato provvisoriamente la guida del partito per concentrarsi sulla campagna per le elezioni presidenziali.
Dimissioni di massa
Un’ondata di dimissioni di funzionari pubblici minaccia di paralizzare le aree a maggioranza serba del Kosovo settentrionale. La protesta, a cui hanno aderito sindaci, magistrati e più di cinquecento poliziotti, è cominciata quando il comandante della polizia di Mitrovica Nord è stato sospeso per essersi rifiutato di far rispettare l’accordo raggiunto ad agosto tra Serbia e Kosovo, in base al quale migliaia di veicoli immatricolati in Serbia avrebbero dovuto essere dotati di targhe kosovare. I contestatori chiedono il rispetto delle promesse sull’autogoverno della minoranza serba. Il premier kosovaro Albin Kurti ha accusato il governo serbo di aver alimentato le proteste per destabilizzare il paese, scrive Balkan Insight.
Carne da cannone
In Russia la lettera aperta scritta da un’unità d’élite e pubblicata da alcuni influenti blogger militari ha sollevato nuove polemiche sulla gestione del conflitto ucraino. Nel documento i soldati della 155a brigata di fanteria di marina accusano i loro ufficiali di aver ordinato un’“insensata” offensiva a Pavlivka (nella foto), nella regione di Donetsk, nonostante la posizione di svantaggio e l’insufficienza delle forze, con l’unico obiettivo di ottenere una promozione. Nel giro di quattro giorni la brigata avrebbe perso più di trecento soldati tra morti, feriti e prigionieri. Il ministero della difesa ha smentito queste cifre, ma il 9 novembre Mosca ha dovuto accettare una delle sconfitte più dure dall’inizio del conflitto, destinata ad accrescere ulteriormente il malcontento nei confronti delle autorità militari: il generale Sergej Surovikin ha ordinato il ritiro dalla città di Cherson, affermando che non era più possibile garantire l’approvvigionamento della riva occidentale del fiume Dnepr. ◆
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