La Commissione europea ha deciso di confermare la proposta di sospendere il versamento all’Ungheria di più di 7,5 miliardi di euro di fondi di coesione e 5,8 miliardi del piano di ripresa dalla pandemia, stabilendo che Budapest non ha fatto abbastanza per mettere in atto le riforme concordate sull’indipendenza della giustizia, lo stato di diritto e la lotta alla corruzione. L’ultima parola spetterà al Consiglio europeo, che dovrebbe pronunciarsi entro il 19 dicembre. La decisione sarà presa a maggioranza qualificata, spiega Euronews, ma l’Ungheria potrebbe usare la minaccia di bloccare altri voti che richiedono l’unanimità.
Bruxelles sceglie la linea dura
Una morte sospetta
Il ministro degli esteri bielorusso Vladimir Makei (nella foto) è morto improvvisamente il 26 novembre all’età di 64 anni. Nei giorni successivi Makei, a lungo sostenitore di un riavvicinamento tra il regime di Minsk e l’occidente, avrebbe dovuto incontrare il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e partecipare al vertice dell’Osce in Polonia.
I russi temono per la Crimea
Secondo l’Institute for the study of war, dopo la ritirata da Cherson le forze russe sembrano aver concluso che non potranno impedire agli ucraini di attraversare il Dnepr: le immagini satellitari mostrano la costruzione di trincee e barriere anticarro sulla sponda orientale del fiume, che servirebbero a ostacolare una possibile offensiva ucraina verso la Crimea e proteggere le linee di rifornimento della penisola. Negli ultimi giorni le attività militari sono state rallentate dalla pioggia e dal fango, che impediscono i movimenti dei veicoli, ma entro l’inizio di dicembre l’abbassamento delle temperature dovrebbe ghiacciare il terreno, permettendo la ripresa delle operazioni. Secondo le autorità ucraine i russi si starebbero inoltre preparando ad abbandonare la centrale nucleare di Zaporižžija, affermazione smentita da Mosca .
Un referendum di fatto
Il secondo referendum sull’indipendenza della Scozia non si farà, almeno per il momento: la corte suprema del Regno Unito ha infatti stabilito che il parlamento scozzese non ha il potere di indire una consultazione senza il consenso del governo britannico. Nel 2014 un primo referendum, autorizzato da Londra, aveva visto il no prevalere con il 55 per cento. Dopo aver vinto a valanga le elezioni del 2021, però, il Partito nazionalista scozzese aveva chiesto un nuovo voto, sostenendo che la Brexit aveva cambiato le circostanze in modo sostanziale e promettendo che in caso di vittoria del sì avrebbe chiesto il reintegro della Scozia nell’Unione europea. La premier scozzese Nicola Sturgeon ha accettato il verdetto della corte, ma ha dichiarato che le prossime elezioni saranno “un referendum di fatto” sull’indipendenza. “La sentenza è un duro colpo per i nazionalisti, ma gli unionisti sbagliano se pensano che la questione sia risolta una volta per tutte”, commenta lo Scotsman. ◆
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