La Corea del Sud sta finalmente per abbandonare un sistema per calcolare l’età delle persone che nessuno al mondo usa più, scrive il Korea Herald. Secondo il tradizionale metodo diffuso in Asia orientale, una persona alla nascita ha già un anno, perché si conta anche il periodo della gestazione, mentre quelli successivi sono aggiunti ogni 1 gennaio. Il Giappone ha smesso di usare questo sistema nel 1950, la Cina dalla fine degli anni sessanta e la Corea del Nord negli anni ottanta. La riforma faceva parte delle promesse del presidente Yoon Suk-yeol in campagna elettorale e rimarrà nella storia: porterà infatti un cambiamento notevole in una società in cui, nei rapporti tra le persone, le gerarchie basate sull’età contano molto.
Un anno in meno
Protesta sospesa
Le atlete che manifestavano da mesi contro il presidente della federazione indiana di lotta libera, accusato di molestie sessuali, hanno sospeso la protesta dopo che il governo ha annunciato un’indagine, scrive Scroll.
Strada in salita per Pita
La commissione elettorale tailandese ha aperto un fascicolo per stabilire se Pita Limjaroenrat, leader del partito Move forward e candidato primo ministro, sapeva di non poter partecipare alle elezioni di maggio. Pita, infatti, possedeva azioni di un’emittente tv, circostanza che vieta di candidarsi. Il candidato premier ha spiegato di averle ricevute in eredità dal padre ma, se sarà riconosciuto colpevole, rischia fino a dieci anni di carcere e fino a venti d’interdizione dalle elezioni. Nel frattempo, scrive il Bangkok Post, Paetongtarn Shinawatra, leader del Pheu Thai, arrivato secondo alle elezioni, si è detta pronta ad assumere l’incarico di prima ministra al posto di Pita.
Riforma insufficiente
Il parlamento giapponese ha approvato una riforma della legge sull’immigrazione che stabilirà un sistema d’accoglienza per chi fugge da conflitti come quello in Ucraina. Finora il Giappone riconosceva come rifugiati solo le persone perseguitate per l’etnia, l’orientamento sessuale o l’appartenenza politica. Inoltre la legge stabilisce che le persone a cui è stato negato per tre volte lo status di rifugiato dovranno essere espulse. Gli stranieri in attesa di espulsione potranno vivere fuori dei centri di detenzione, in cui invece oggi sono costretti a rimanere fino a che la procedura non è conclusa. Il Consiglio dell’Onu per i diritti umani ad aprile aveva comunicato in una lettera al governo che la proposta di riforma non rispetta gli standard internazionali sui diritti umani, sollecitandone “una profonda revisione”. ◆
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