Europa

Un grande passo indietro

Peter Pellegrini (Tomas Tkacik, SOPA Images/LightRocket/Getty)

Peter Pellegrini assumerà la carica di presidente della Slovacchia a metà giugno, dopo aver battuto al ballottaggio del 6 aprile l’ex ministro degli esteri Ivan Korčok, liberale ed europeista.

La sua vittoria alle presidenziali è un attestato di fiducia nella coalizione di governo populista e filorussa che comprende il partito di Pellegrini, Hlas, e quello del primo ministro Robert Fico, Smer.

Già il voto nelle elezioni parlamentari dello scorso ottobre aveva dato un quarto mandato al nazionalista Fico, ammiratore di Vladimir Putin e del primo ministro ungherese Viktor Orbán. È stata la conferma che la maggioranza degli elettori slovacchi appoggia (o non disdegna) la distruzione della democrazia, dello stato di diritto e dell’ancoraggio del paese al mondo occidentale. E non si preoccupa del fatto che Pellegrini abbia mentito su un finanziamento ricevuto e sulla dichiarazione dei redditi, e abbia puntato sugli istinti più bassi dei cittadini.

Senza più ostacoli

Il successo di Pellegrini è stato possibile anche grazie al sostegno e alla mobilitazione degli elettori della minoranza ungherese, vicina alle posizioni sovraniste di Orbán. L’inevitabile conseguenza della sua vittoria sarà che d’ora in poi Fico non avrà quasi più ostacoli nell’esercizio del potere.

A giugno, quando Pellegrini entrerà in carica, diventerà chiaro a tutti perché il primo ministro voleva far eleggere un capo dello stato amico: nessuno, infatti, si opporrà più alle sue decisioni. E senza doversi preoccupare di nuove elezioni o altri contrattempi, Fico potrà concentrarsi sulla lotta per assumere il controllo della tv pubblica e per imporsi in altri settori.

Il tentativo di Pellegrini di ritagliarsi una certa indipendenza rispetto al premier Fico si è concluso ingloriosamente dopo le elezioni legislative dell’ottobre 2023. Immaginare che oggi da presidente possa ritrovare improvvisamente l’orgoglio perduto è un esercizio inutile. Anche perché tra Pellegrini e Fico esiste un solido rapporto professionale, intessuto durante gli anni oscuri in cui i due hanno militato insieme nel partito Smer. ◆ ab

Clima e diritti umani

Il 9 aprile la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato per la prima volta uno stato, la Svizzera, per “inazione” nei confronti della crisi climatica, accogliendo il ricorso dell’associazione Aînées pour le climat (Anziane per il clima), composta da 2.500 donne svizzere con un’età media di 73 anni. La corte ha stabilito che l’associazione aveva il diritto di presentare ricorso per conto delle persone minacciate dalla crisi. La Cedu, che ha sede a Strasburgo, in Francia, ha il compito di garantire il rispetto della Convenzione europea dei diritti umani. I giudici sono giunti alla conclusione che la Svizzera viola i diritti dei suoi cittadini perché non adempie adeguatamente al suo dovere di proteggerli dalle conseguenze della crisi climatica e viola quindi i loro diritti. Nello specifico, la Confederazione non ha osservato l’articolo 8 della Convenzione, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Secondo Les Temps ora il governo di Berna deve impegnarsi di più e cambiare il suo atteggiamento rispetto all’emergenza climatica. ◆

I giovani verso il fronte

Zaporižžja, Ucraina (Andriy Andriyenko, Ap/Lapresse)

Con le munizioni che scarseggiano e il paese sotto il fuoco russo, dopo mesi di esitazioni il presidente Volodymyr Zelenskyj ha deciso di abbassare da 27 a 25 anni l’eta per l’arruolamento. Anche se i maggiorenni non erano autorizzati a lasciare il paese, finora i più giovani non potevano essere mandati a combattere. In questo modo Kiev avrà 40mila nuovi soldati. “Per quanto la decisione fosse molto difficile”, commenta la Süddeutsche Zeitung, “Zelenskyj non aveva alternative”.

Equilibri precari

Al primo turno delle amministrative polacche del 7 aprile il partito più votato è stato il Pis, sovranista e ultraconservatore, ma le forze della coalizione democratica guidata dal liberale Donald Tusk sono riuscite a ripetere il risultato delle legislative di ottobre, che gli aveva consentito di andare al governo. E hanno anche confermato i sindaci di Varsavia e Danzica. Tuttavia, scrive Rzeczpospolita, per i liberali il Pis “rimane un avversario difficile, che non ha ancora detto l’ultima parola”.

Ungheria Il 6 aprile decine di migliaia di persone hanno manifestato a Budapest per chiedere le dimissioni del premier sovranista Viktor Orbán. La mobilitazione è stata convocata da Péter Magyar, un tempo vicino a Orbán ma da qualche settimana astro nascente dell’opposizione.

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1558 - 12 aprile 2024
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