Di solito i negozi di fiori sono posti allegri. Ma di recente quello di Jim Gifford, nel centro di Portland, in Oregon, ha attraversato un periodo difficile. Il locale è stato scassinato tre volte e alcuni dipendenti sono stati aggrediti. Secondo Gifford, la colpa è della depenalizzazione del possesso di droga, approvata quattro anni fa. “Una città progressista in uno stato progressista deve essere all’avanguardia”, dice l’uomo, che ha sempre votato a sinistra. “Ma non possiamo dimenticare chi lavora e rispetta le regole”.

Nel 2020 gli abitanti dell’Oregon hanno votato a favore della depenalizzazione del possesso di piccole quantità di droghe pesanti, tra cui il fentanyl, la metanfetamina e l’eroina. Primo stato ad approvare un provvedimento del genere, l’Oregon ha messo in atto un grande esperimento per capire se si possono trattare le dipendenze come un problema sanitario. Di recente però ha deciso di tornare indietro, ammettendo il fallimento della legge. Visto l’aumento delle overdose e le proteste di molti abitanti, il parlamento controllato dai democratici ha approvato una norma che criminalizza nuovamente il possesso di droga. La governatrice Tina Kotek ha firmato la legge all’inizio di aprile.

Ricostruire la fiducia

In Oregon le morti per overdose sono aumentate del 42 per cento tra il settembre 2022 e lo stesso mese del 2023 (nel resto degli Stati Uniti l’aumento è stato del 2 per cento). Alcuni ricercatori incolpano la depenalizzazione, altri sostengono che il provvedimento non c’entra e puntano il dito contro l’aumento generale della diffusione del fentanyl, un potente oppioide sintetico. Ma non c’è dubbio che le morti siano aumentate dal 2020. Gli abitanti dell’Oregon sono esasperati, anche perché aumentano le persone che fanno uso di droga negli spazi pubblici.

In base alla nuova legge, il possesso di piccole quantità di droga è un reato minore punibile con una condanna fino a 180 giorni di carcere. Ma sono previsti percorsi di assistenza per i tossicodipendenti, con la possibilità di ricoverarsi direttamente nelle cliniche per la riabilitazione invece di andare in prigione.

Paige Clarkson, procuratrice della contea di Marion, ha detto che ora la giustizia potrà concentrarsi sullo spaccio di droga, dando la priorità al trattamento delle dipendenze: “I procuratori e la polizia non vogliono criminalizzare la dipendenza ma usare il sistema penale per motivare queste persone a stare meglio”.

Le nuove regole sono comunque progressiste rispetto a quelle in vigore in altri stati. Ma bisogna chiedersi perché l’esperimento non ha funzionato, sottolinea Floyd Prozanski, senatore statale che aveva sostenuto la depenalizzazione. Pur essendo ancora convinto della sua utilità, aggiunge che bisognerà “ricostruire la fiducia delle persone, non solo in Oregon ma in tutto il paese. E ammettere che la legge cancellata era stata applicata nel modo sbagliato”. ◆ as

Da sapere

◆ “La decisione dell’Oregon di cancellare la legge sulla depenalizzazione del possesso di droga probabilmente scoraggerà altri stati e altri paesi dall’adottare politiche di questo tipo”, scrivono sull’Atlantic Keith Humphreys e Rob Bovett, due docenti che si occupano della gestione delle dipendenze. “Ma non bisogna trarre conclusioni esagerate da quello che è successo. I promotori della legge avevano capito che il sistema di trattamento delle dipendenze era sottofinanziato. Il problema è che il meccanismo creato dal provvedimento per gestire la nuova spesa era poco efficiente. Ma ora la legge sostitutiva riconosce il problema e stanzia nuovi fondi per i centri di disintossicazione e per il personale delle strutture”.

◆Negli ultimi anni l’aumento delle morti per overdose, in particolare quelle causate dal fentanyl, ha portato alcuni stati a mettere in discussione le leggi molto restrittive approvate negli anni ottanta e novanta. “In molti stati i politici, sia democratici sia repubblicani, hanno cominciato ad affrontare la dipendenza come un problema di salute pubblica e non solo di criminalità”, scrive il New York Times. “Sta guadagnando consensi anche l’approccio chiamato riduzione del danno, che si concentra sull’attenuazione dei potenziali pericoli delle droghe, non necessariamente incoraggiando i consumatori ad astenersi”.


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Questo articolo è uscito sul numero 1558 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati