“Nell’occhio del ciclone”, titola il quotidiano The Standard commentando i disastri causati dalle inondazioni in Kenya. “Il presidente William Ruto ha promesso risarcimenti ai keniani colpiti delle alluvioni. Anche se il denaro allevierà le difficoltà delle famiglie colpite, le perdite sono troppe alte da sopportare”. Da marzo il maltempo ha causato 238 morti, ha reso noto il 7 maggio un portavoce del governo. Altre 75 persone sono disperse. Più di 200mila hanno subìto i danni causati dalle piogge torrenziali e, tra loro, 62mila hanno dovuto trasferirsi in campi per sfollati. È stata inoltre ordinata l’evacuazione e la distruzione delle abitazioni nelle aree a rischio. Ruto, scrive The Continent, dà la colpa al riscaldamento globale, ma molti keniani sono convinti che le autorità non abbiano fatto il loro dovere. L’organizzazione professionale Institution of surveyors of Kenya denuncia la frequente trasgressione delle norme urbanistiche e la distruzione di aree naturali come le paludi. Inoltre, ricorda il giornale, il governo di Nairobi non aveva un piano per le emergenze. ◆
Inondazioni evitabili
Diritti ancora negati
Un tribunale ha condannato a undici anni di carcere Manahel al Otaibi ( nella foto ), un’istruttrice di fitness e artista di 29 anni che promuoveva i diritti delle donne saudite sui social network. La sentenza risale al 9 gennaio, ma la notizia è stata confermata dalle ong Amnesty international e Alqst rights group il 1 maggio, scrive Middle East Eye. Al Otaibi era stata arrestata nel novembre 2022 ed è stata condannata sulla base di una legge saudita contro il terrorismo per le sue “scelte di abbigliamento” e per aver chiesto la fine della tutela maschile.
Un tribunale vent’anni dopo
Il 2 maggio il presidente della Liberia, Joseph Boakai, ha firmato un decreto che porterà alla creazione di un tribunale per i crimini commessi durante la guerra civile. Secondo il Daily Observer Boakai ha riconosciuto che il paese porta ancora “ferite profonde”. Si stima che nel corso dei due conflitti scoppiati tra il 1989 e il 2003 siano morte almeno 250mila persone. Anche se alcuni responsabili delle violenze sono stati giudicati all’estero, in Liberia nessun signore della guerra è stato ancora condannato per i massacri, gli stupri, le torture o il reclutamento di bambini soldato.
Occhi puntati su N’Djamena
Il 6 maggio otto milioni di elettori erano attesi alle urne in Ciad per le elezioni presidenziali, considerate una tappa importante per mettere fine alla fase di transizione cominciata nell’aprile 2021, quando alla morte del presidente Idriss Déby Itno l’esercito aveva nominato al suo posto il figlio Mahamat Déby. Quest’ultimo è il candidato favorito insieme all’attuale primo ministro Succès Masra, ex oppositore. Un altro possibile contendente, Yaya Dillo, era stato ucciso dalle forze di sicurezza a febbraio. Secondo il giornale locale L’Observateur, né Déby né Masra vinceranno al primo turno e sarà necessario il ballottaggio del 22 giugno. Non è d’accordo N’Djamena Hebdo: secondo il giornale, è stato “tutto predisposto in modo da far vincere Mahamat Déby”, legittimando così il potere della giunta militare. Anche il settimanale Abba Garde scrive che le presidenziali sono “falsate su tutta la linea e il Movimento patriottico di salvezza (il partito di Déby) ha già vinto”. Il Ciad, uno dei paesi più poveri del mondo, è considerato uno stato chiave nella lotta al terrorismo nel Sahel, in particolare contro i jihadisti nigeriani di Boko haram. Sul territorio ciadiano c’è ancora una forte presenza militare della Francia, mentre gli Stati Uniti hanno annunciato a fine aprile il ritiro di buona parte delle loro truppe lì e in Niger.
La quinta repubblica
Secondo i risultati parziali annunciati il 4 maggio dalla commissione elettorale del Togo, l’Unione per la repubblica (Unir, il partito del presidente Faure Gnassingbé, al potere dal 2005), ha vinto con ampio margine le elezioni legislative del 29 aprile, conquistando 108 seggi su 113 in parlamento. In base alla nuova costituzione, adottata tra le polemiche il 19 aprile e promulgata il 6 maggio, il leader del partito di maggioranza assume l’incarico di capo del governo, la posizione di maggior potere in un sistema che non è più presidenziale ma parlamentare. Come scrive il sito togolese Le Neutre, Gnassingbé, alla testa dell’Unir, ha la strada spianata per diventare il primo presidente del consiglio dei ministri della quinta repubblica.
Sudafrica Sette operai sono morti il 6 maggio nel crollo di un edificio in costruzione a George, lungo la costa sud. Nel cantiere lavoravano 75 persone. All’8 maggio, 36 sono state estratte vive dalle macerie.
Rep. Dem. del Congo Cinque razzi sono esplosi il 3 maggio su un campo per sfollati a Goma, causando almeno dodici morti, in gran parte donne e bambini. Gli Stati Uniti hanno chiamato in causa apertamente il Ruanda, considerato il sostenitore dei ribelli dell’M23, chiedendo a Kigali di chiarire le responsabilità dell’attacco.
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