I soldati israeliani che stanno combattendo nella Striscia di Gaza non esitano a pubblicare sui social network dei video con cui documentano spensieratamente la distruzione deliberata di edifici e l’umiliazione di detenuti palestinesi. Alcuni di questi filmati sono stati mostrati a gennaio nella relazione del Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia, a sostegno dell’accusa di genocidio. Ma c’è un altro crimine documentato spesso dai soldati israeliani e che ha riscosso meno attenzioni e condanne nonostante sia molto frequente: il saccheggio.
A novembre il cantante palestinese Hamada Nasrallah è rimasto sconvolto quando ha scoperto un video su TikTok in cui la chitarra che suo padre gli aveva regalato quindici anni fa è nelle mani di un soldato israeliano. Altri video caricati sui social network negli ultimi mesi mostrano militari israeliani che si vantano di aver trovato orologi da polso, che frugano in una collezione di maglie da calcio, che rubano tappeti, provviste e gioielli.
In un gruppo Facebook di donne israeliane, con quasi centomila utenti, una di loro si è chiesta cosa fare dei “regali da Gaza” che il suo partner, un soldato, le aveva portato. Condividendo una foto di prodotti cosmetici, ha scritto: “È tutto sigillato tranne un prodotto. Voi li usereste? Qualcuno conosce questi prodotti o si trovano solo a Gaza?”.
Da quando è cominciata l’invasione di terra, alla fine di ottobre, i soldati israeliani stanno portando via dalle case dei palestinesi fuggiti tutto quello su cui riescono a mettere le mani. Ormai non si fa neanche finta di non sapere: sui mezzi d’informazione israeliani il fenomeno è stato ampiamente – e acriticamente – raccontato, mentre alcuni rabbini del movimento Sionismo religioso hanno risposto alle domande dei soldati su cosa sia consentito saccheggiare secondo la legge ebraica.
Alcuni soldati tornati da Gaza hanno confermato a +972 e al sito d’informazione israeliano Local Call che il fenomeno è diffusissimo e che per lo più i loro comandanti non si oppongono. “Si prendono cose di ogni genere: tazze, libri, ognuno ha scelto il souvenir che più gli piaceva”, ha raccontato un soldato, che ha ammesso di aver portato via anche lui un “souvenir” da uno dei centri medici occupati dall’esercito.
Un suo commilitone, che ha prestato servizio nel centro e nel nord di Gaza, ha testimoniato che i militari “hanno sottratto tappeti, coperte e utensili da cucina”, e ha spiegato che non erano state date istruzioni in merito, né prima di arrivare sul campo né durante le operazioni: “Tutti sanno che la gente si porta via cose. È considerato divertente. Alcuni dicono: ‘Mandatemi all’Aja’. Non è un segreto. I comandanti hanno visto, tutti sanno e nessuno sembra preoccuparsene”.
Secondo il soldato il fenomeno è così diffuso perché “in questa situazione, in cui le case sono già in macerie, sembra che prendere un piatto o un tappeto sia lecito”. “Gli ufficiali in realtà non ce ne parlano”, racconta un altro militare. “Non ci hanno detto ‘non potete prendere cose’. E la maggior parte delle persone ha voglia di portarsi via un ricordo”. Secondo lui anche alcuni superiori hanno trafugato degli oggetti. “Il sergente della compagnia ha trovato dei libri sullo studio del Corano e li ha dati a chiunque li volesse”, ha raccontato. “Un’altra unità si era portata via una motocicletta, come quelle usate dalla Nukhba, i corpi speciali di Hamas”.
Un altro militare che ha prestato servizio a Gaza ha raccontato a +972 e a Local Call che i soldati hanno preso “rosari da preghiera, cucchiai, bicchieri, caffettiere, gioielli, anelli. Si porta via tutto ciò che è a portata di mano”. Inoltre, prosegue, “venivano prese anche le mappe dai libri scolastici dei bambini, per mostrare cosa gli viene insegnato a Gaza”.
Al contrario di altri, questo soldato ha dichiarato che per lui è ovvio che il saccheggio sia proibito. “Per la mia esperienza è una cosa assolutamente vietata”, ha spiegato. “Ma nessuno controlla i riservisti. La cosa più rubata sono i ‘souvenir locali’, cioè oggetti tipicamente palestinesi o arabi. Una volta hanno espulso un soldato che aveva preso dei soldi”. Poi ha aggiunto che lui e la sua squadra hanno provato, con scarso successo, a convincere altri militari a lasciare gli oggetti rubati: “Volevano tornare a casa con delle cose; gli abbiamo detto che era meglio lasciarle a Gaza, era meglio buttarle via che portarle con sé”.
Nel classico stile di Gaza
In un comunicato inviato alla fine di febbraio ai comandanti responsabili delle unità che combattono a Gaza, il capo di stato maggiore Herzl Halevi ha invitato i soldati a “non prendere nulla che non sia nostro”. Tuttavia, quando è arrivata la lettera i saccheggi erano diventati una routine già da mesi.
Il fenomeno è così comune che in un programma andato recentemente in onda sulla tv pubblica israeliana Kan alcuni soldati hanno mostrato al reporter Uri Levy uno specchio portato da Gaza. “Dalle rovine di Khan Younis, nel classico stile di Gaza”, ha scherzato Levy, senza chiedere ai soldati dove l’avessero trovato o perché l’avessero rubato. In un editoriale su Ynet, Nahum Barnea cita un soldato che ha raccontato di aver assistito al saccheggio di “telefoni, aspirapolvere, motociclette e biciclette”. Anche Canale 13 ha parlato del fenomeno all’inizio di febbraio. Invece di condannarlo, però, i conduttori hanno semplicemente commentato che questi video circolano in tutto il mondo per “screditare” i soldati israeliani.
Un altro segnale della diffusione del fenomeno è il fatto che i soldati si stanno rivolgendo ai rabbini per capire come comportarsi. In una sessione di domande e risposte pubblicata su YouTube, il rabbino Yitzchak Sheilat della yeshivah (la scuola religiosa ebraica) di Ma’ale Adumim, nella Cisgiordania occupata, ha osservato che il saccheggio è vietato. “È una questione molto seria, sotto un duplice profilo: in termini di halakha (la legge ebraica) e in termini di legge militare”, ha affermato. “La halakha consente di razziare dal nemico solo viveri o prodotti deperibili. Prendere oggetti è tassativamente proibito. Secondo la halakha, tutto il bottino di guerra deve andare al re, cioè al comandante dell’esercito. Sarebbe un disonore se qualcuno venisse scoperto”.
Uno dei soldati ha chiesto al rabbino se sia consentito prendere oggetti da una casa prima che sia demolita. “È proibito sottrarre delle cose”, ha ribadito Sheilat. “Se prendi qualcosa deve essere consegnato al capo di stato maggiore”. “E se un comandante approva che si prendano cose per la compagnia?”, ha chiesto un soldato. “No, è proprio questo il problema: ci sono comandanti che non conoscono la legge militare, o non la vogliono conoscere, e tutto a un tratto permettono ai ragazzi di fare cose che non dovrebbero essere consentite”, ha risposto Sheilat.
Tuttavia Shmuel Eliyahu, il rabbino capo della città di Safed, nel nord di Israele, ha offerto una prospettiva diversa sulla questione. Ha spiegato che, poiché “gli arabi a Gaza non rispettano le convenzioni internazionali, noi non siamo tenuti a osservare nessuna regola di guerra. Tuttavia bisogna agire con cautela, perché vogliamo preservare l’immagine di Dio dentro di noi”.
Vale la pena notare che, oltre al saccheggio “indipendente” condotto dai soldati, esiste un’unità speciale dell’esercito israeliano dedicata al sequestro di denaro e altre proprietà trovate sul campo di battaglia. Finora si sa che l’esercito ha confiscato a Gaza decine di milioni di shekel che secondo i militari erano in possesso di Hamas.
Oltre a saccheggiare i beni personali dei palestinesi, i soldati israeliani mangiano anche le provviste che trovano nelle case abbandonate di Gaza. “Dopo due o tre settimane i soldati usano tutto quello che trovano, dopo averlo pulito e disinfettato”, ha raccontato uno di loro. Altri dicono che non sono state fornite istruzioni precise su come comportarsi quando ci si trova nelle abitazioni, che in molti casi vengono date alle fiamme o fatte saltare in aria dall’esercito quando non sono più utilizzabili.
In un articolo apparso recentemente su Haaretz, alcuni soldati israeliani hanno descritto le loro “esperienze” di cucina con gli ingredienti trovati nelle case palestinesi: “La cucina di Gaza, da quel che abbiamo visto, è molto speziata”, racconta uno di loro. “In tutte le case ci sono molte miscele di spezie simili al ras el hanout. Ci sono anche moltissime lenticchie, quindi all’inizio abbiamo fatto parecchie minestre… In tutte le case in cui siamo stati c’erano le olive prodotte dai palestinesi e noi le abbiamo assaggiate… Anche l’olio è presente ovunque, a litri, e contribuisce molto a migliorare qualsiasi cibo. Hanno anche un’ottima salsa piccante”.
“A volte si trovano delle cose speciali: spunta fuori dell’aglio e allora prepariamo subito una bella pasta con aglio e pomodoro”, ha continuato il soldato. “Mi è capitato anche di trovare dello sciroppo di carrube, che abbiamo aggiunto al porridge ed è venuto buonissimo”.
A gennaio una lettera pubblicata dal rabbinato militare ha emanato delle precise istruzioni su come rispettare i dettami kosher quando si usano cibo e utensili trovati nelle case di Gaza. La lettera, firmata dal rabbino Avishai Peretz, termina con il precetto biblico: “Vi nutrirete delle ricchezze delle nazioni”.
Il rabbino Sheilat ha affrontato anche la questione della liceità del mangiare le provviste trovate nelle case palestinesi. “A proposito dei cibi non kosher, c’è un’eccezione per quelli trovati nelle case nemiche: la legge dice che se trovi dei cibi che non hai e che desideri, anche se non sono essenziali, per esempio dei dolci, è consentito mangiarli senza preoccuparsi se siano kosher o meno”.
In una dichiarazione rilasciata a +972 e Local Call, il portavoce delle forze armate israeliane (Idf) ha affermato: “L’Idf considera gravi tutti i casi nei quali i soldati agiscono in contrasto con lo spirito dell’Idf, compresi i casi di acquisizione illecita di proprietà. I comandanti delle varie unità tengono un costante dialogo sull’argomento nel corso dei combattimenti. Ogni segnalazione ricevuta sulla questione viene esaminata e affrontata singolarmente. Nei casi più importanti viene aperta un’indagine dalla polizia militare e in alcuni casi i sospetti vengono detenuti per essere interrogati. L’Idf opera in conformità con il diritto internazionale e continuerà a farlo”. ◆ fdl
◆ Palestinesi con mani e piedi legati, spogliati, bendati, avvolti in bandiere di Israele o di gruppi ebraici ortodossi, proiettili d’artiglieria che prima di essere sparati vengono coperti di scritte offensive. Un’inchiesta del gruppo di giornalisti investigativi Bellingcat ha analizzato le immagini condivise da alcuni soldati israeliani sui social network durante la loro missione nella Striscia di Gaza. Alcuni hanno formato il gruppo “Club di caccia a Hamas”. Le forze armate israeliane sostengono che verso alcuni militari sono stati presi dei provvedimenti disciplinari, ma non hanno spiegato in cosa consistessero. Il Club di caccia a Hamas è ancora attivo e promette che sarà “lanciato presto” anche un “Club di caccia a Hezbollah”.
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Questo articolo è uscito sul numero 1553 di Internazionale, a pagina 21. Compra questo numero | Abbonati