“Secondo me le proteste vanno benissimo”, ha detto l’influencer di estrema destra James Goddard agli iscritti al suo canale Telegram in un video pubblicato il giorno dopo le violenze xenofobe a Sunderland, lo scorso agosto. “Ma dobbiamo sistemare alcune cose… Innanzitutto, state lontani da edifici religiosi, luoghi di preghiera, moschee, centri islamici. Lontani. Rischiate di scatenare un conflitto di cui non abbiamo bisogno, almeno per ora”.
I video di Goddard – che vive in Thailandia e il 31 luglio è stato temporaneamente bloccato sul social media X per insulti a sfondo razziale – si contraddistinguono per i toni minacciosi. E anche stavolta il modo in cui ha pronunciato le parole “per ora” era particolarmente minaccioso. “Non sto incitando nessuno a fare niente”, ha continuato, salvo poi consigliare a chi stava partecipando ad “atti di disobbedienza civile” di lasciare i telefoni a casa, coprirsi il volto e non conservare cimeli di estrema destra nelle proprie abitazioni. “Se fossi lì”, ha detto, “prenderei di mira gli edifici pubblici e le sedi delle aziende private che hanno fatto milioni con l’invasione dei migranti”.
Dopo aver postato il video Goddard ha fatto circolare una lista nera di trenta studi legali e centri di consulenza che avevano lavorato con i rifugiati, ma poi l’ha cancellata, spiegando ai suoi follower che con ogni probabilità le sommosse erano state organizzate “dallo stato”.
Il 6 agosto, dopo che a Birmingham la comunità islamica aveva organizzato una manifestazione per protestare contro le minacce alla loro moschea, Goddard si è lanciato in una furibonda invettiva, invocando la cacciata di tutti i musulmani britannici dal paese: “Quando vinceremo – e vinceremo – la loro doppiezza non sarà perdonata, la loro violenza non sarà dimenticata. Gli toglieremo ogni proprietà, tutti i soldi, li metteremo in galera e li rimanderemo in quei luridi cessi del terzo mondo da cui sono venuti”.
Un blocco unico
Goddard non è né il più potente né il più ricco tra gli “influencer” di estrema destra che hanno soffiato sul fuoco dei disordini e delle violenze scoppiate in Gran Bretagna il 30 luglio, all’indomani dell’omicidio di tre bambine in una scuola di danza di Southport. Il suo canale Telegram, però, rappresenta un caso di studio sui modi di comunicare di questo nuovo fascismo, formato da fanatici razzisti e misogini accomunati dal progetto di rovesciare la democrazia con la violenza.
Gran parte dei contenuti di Goddard è ripostata da altri canali di estrema destra, tra cui quelli dei suprematisti bianchi americani e degli etnonazionalisti russi. I suoi post si dividono in tre categorie: insulti a sfondo razziale, notizie di raid razzisti e spunti per alimentare l’indignazione. Poco dopo la sua tirata contro i musulmani, per esempio, Goddard ha postato il video di una giovane ragazza britannica dai capelli biondi che diceva di essersi “fatta cinque neri in una notte”. Magari non avete mai sentito parlare di Goddard. Ma sono stati soggetti come lui a innescare le violenze di agosto, spiega Joe Mulhall, dell’ong antifascista Hope not hate. “Siamo di fronte a una rete vasta e decentrata di attivisti che operano soprattutto online, ma che a volte irrompono anche nel mondo reale”, aggiunge. “Questi individui creano e consumano contenuti, e a volte passano ai fatti. Anche se non ha una struttura formale, questa rete ha una serie di agitatori che orientano e manovrano la comunità, la quale poi si muove come un blocco unico”.
Cliccando sui link del canale Telegram di Goddard si entra in un universo parallelo, dove la guerra civile prevista da Elon Musk su X è già cominciata, ogni processo per stupro ha un colpevole musulmano, Birmingham è una “città occupata” e “il covid è stato diffuso in base all’etnia in modo da risparmiare gli ebrei”. Sul canale di Goddard e in tutta l’“infosfera” dell’estrema destra britannica un tema ricorrente è quello di una presunta “politica a doppio binario”, in cui ogni segno d’indulgenza verso i criminali musulmani, o la tolleranza delle autorità verso le proteste per Gaza, sono considerati dimostrazioni di pregiudizio anticristiano e di aderenza alle idee della cosiddetta sinistra woke. Mentre centinaia di protagonisti delle sommosse sono condannati e la polizia si coordina con le comunità musulmane per difendere i luoghi di preghiera, il tema del doppio binario sta diventando il leit-motiv dell’estrema destra britannica.
La grande sostituzione
Non siamo più di fronte a un fascismo inteso come struttura organizzata – come nella Germania nazista – ma a una struttura orizzontale e non gerarchica: le radici comunicano con le altre radici indipendentemente dal tronco, e l’equivalente moderno del Mein Kampf lo creano gli utenti in tempo reale. Le istituzioni democratiche locali – forze di polizia e amministrazioni – si trovano a fronteggiare una forza organizzata a livello globale che capiscono a stento.
“Uno dei tratti distintivi di queste reti
è che sono transnazionali”, osserva Mulhall. “Mentre le sommosse nascono intorno a temi locali, le reti che le orientano sono globali. E questo fa aumentare il senso di crisi. I manifestanti violenti non sono arrabbiati perché le mense delle scuole di Bradford (città britannica con una numerosa comunità di origine indo-pachistana) servono crocchette di pollo halal, ma perché succede lo stesso nelle scuole di Minneapolis o di Budapest”.
L’elemento più importante per capire cosa sta succedendo è che il fascismo moderno ha solide basi teoriche. Alla fine degli anni settanta il tipico skinhead del National front era il maschio bianco che odiava l’odore della cucina asiatica, rispettava la polizia, si definiva nazionalista e voleva fermare l’immigrazione. Quei militanti sapevano di non avere nessuna possibilità di vincere le elezioni nel Regno Unito e si accontentavano di divertirsi a terrorizzare le comunità immigrate. Il fascismo di oggi, invece, è transnazionale e strutturato intorno a una teoria della vittoria. Quando Goddard evoca l’idea di estirpare i musulmani dal Regno Unito e parla del momento in cui “vinceremo” sta usando gli argomenti della teoria della sostituzione etnica. Formulata nel 2011 dal francese Renaud Camus, la teoria sostiene che l’immigrazione non bianca in Europa e negli Stati Uniti è frutto di un preciso disegno politico, un piano che punta a sostituire i cristiani bianchi con individui di comunità immigrate non bianche con tassi di natalità più elevati.
Uno dei più grandi errori che abbiamo commesso negli anni novanta è stato pensare che il populismo di destra potesse in qualche modo costituire una diga per tenere a freno il fascismo violento ed esplicito. Pensavamo che – per quanto le loro posizioni politiche fossero indigeribili – partiti come l’Ukip e i predecessori del Rassemblement national in Francia avessero in qualche modo il compito di offrire una valvola di sfogo elettorale, e quindi non violenta, alla rabbia razzista.
Da una decina d’anni questo filtro non funziona più. Le ideologie conservatrici e del populismo di destra sono state contagiate dai dogmi del fascismo, con il mito della “sostituzione” come premessa teorica centrale. Questa prospettiva alza enormemente la posta in gioco. Negli anni settanta i fascisti britannici vedevano gli immigrati pachistani e caraibici come una minaccia all’occupazione e alla cultura bianca dominante. Per Camus – e per gli attivisti britannici che oggi diffondono le sue idee – gli immigrati sono colonizzatori, occupanti o responsabili del “genocidio dei bianchi”. Questo a sua volta legittima i propositi di violenza estrema contro di loro, spesso propagati sui social media da utenti che magari non si considerano nemmeno parte del movimento. Un’infermiera quarantunenne di Northampton ha postato, e poi cancellato, il seguente messaggio su X: “Deportazione di massa subito, diamo fuoco a tutti i cazzo di alberghi pieni di questi bastardi. E se volete chiamarmi razzista, pazienza”.
Questa nuova mentalità fascista si sviluppa come logica conseguenza della premessa di Camus: i migranti sono “occupanti” e sono aiutati da progressisti vari, femministe e avvocati di sinistra. Questi ultimi proteggono le minoranze, mentre le femministe hanno fatto crollare il tasso di natalità dei bianchi e sovvertito l’ordine naturale dei rapporti tra i sessi. Dietro ad avvocati, progressisti e femministe c’è il nemico numero uno: i marxisti culturali, che hanno tramato nell’ombra per favorire la sostituzione etnica. Queste accuse sono prese in prestito direttamente dai paleoconservatori statunitensi, secondo i quali la sinistra marxista, che ha abbandonato il proletariato, sta cercando – in combutta con un’oscura élite ebraica globale – di indebolire la società occidentale promuovendo il multiculturalismo, i diritti riproduttivi, quelli delle persone trans e l’omosessualità.
Per i teorici del fascismo moderno, in questa fase la parola d’ordine è “preparazione”: bisogna allenarsi a combattere, accumulare armi, viveri e manuali di lotta. E, laddove necessario, commettere atti simbolici di violenza. Molti dei partecipanti alle sommosse britanniche di agosto erano persone senza arte né parte, ma i militanti più irriducibili sanno bene che la forma più efficace di violenza è il gesto. Appiccare il fuoco agli alberghi dei rifugiati, senza provocare feriti, è un avvertimento di quello che succederà quando la polizia se ne sarà andata e gli aggressori saranno liberi di bloccare le uscite e fare una strage. Sfasciare l’auto di un conducente Uber è un messaggio per tutti i conducenti. La violenza tattica di oggi è la prova generale di quanto avverrà “quando vinceremo”, come dice Goddard.
Questa velleità di vittoria è la chiave di volta della nuova ideologia fascista. I suoi seguaci sognano un “giorno X” in cui l’ordine internazionale sarà spazzato via da una guerra civile etnica globale. Dal primo weekend di agosto, quando a Belfast e in una decina di città inglesi la polizia ha faticato a contenere la sommossa razzista, la rete globale dell’estrema destra si è infatuata dell’idea che l’esplosione di violenza in Gran Bretagna potesse essere l’inizio di questa resa dei conti. Ecco perché è molto pericoloso che Elon Musk abbia scritto ai suoi 193,8 milioni di follower su X che “la guerra civile è inevitabile”.
Considerati nel loro insieme, la teoria della “sostituzione etnica”, la “preparazione”, la violenza simbolica, il “giorno X” e la misoginia violenta tipica del movimento (altro tema importante, ma troppo vasto per essere affrontato compiutamente in quest’articolo) formano un “mito sociale”, nell’accezione usata dal filosofo francese Georges Sorel. In Riflessioni sulla violenza, pubblicato nel 1908, Sorel scrive che tutti i movimenti rivoluzionari hanno bisogno di strutturarsi intorno a delle “anticipazioni del futuro”: cioè la fede in qualcosa ancora di là da venire che, a prescindere dal suo successo, dà forma a tutte le azioni del presente, esercita un potere di mobilitazione immenso ed è inconfutabile razionalmente.
Molti aspetti di questa moderna mitologia fascista si rifanno a precedenti novecenteschi. Non è sfuggito agli storici che il “marxismo culturale” di oggi ha la stessa funzione che aveva per i nazisti il concetto di “giudeo-bolscevismo”: rappresenta un’oscura forza globale responsabile di tutti i mali del mondo. Per motivi analoghi, le intenzioni genocide degli influencer di estrema destra che invocano la deportazione dei musulmani e dei rifugiati sono ovvie e niente affatto sorprendenti per chi ha studiato il nazismo. Odilo Globočnik, il comandante dell’operazione Reinhard, il piano di sterminio degli ebrei polacchi, parlava semplicemente della necessità di “mandare gli ebrei dall’altra parte del Bug (il fiume che segna il confine orientale della Polonia)”. Nei suoi rapporti e nei suoi ordini non ha mai fatto esplicito riferimento all’eliminazione degli 1,7 milioni di ebrei che fece uccidere nei campi di sterminio di Treblinka, Bełżec e Sobibor.
Le novità sono invece l’innalzamento della misogina violenta allo stesso status del razzismo; l’idea di “prepararsi”, anziché limitarsi a marciare fuori delle birrerie in avventati tentativi di colpo di stato; e soprattutto il transnazionalismo del movimento: i fascisti moderni capiscono che attaccando insieme le loro società democratiche e multietniche possono accelerare l’avvento del giorno in cui comincerà la conflagrazione globale. In questo hanno fatto loro il principio delineato dal giurista nazista Carl Schmitt: la vera sovranità appartiene a coloro che hanno la forza per sospendere la democrazia. Di conseguenza, sia l’autoritarismo hindu di Narendra Modi sia il nazionalismo criminale del russo Vladimir Putin per i militanti di estrema destra sono complementari alla battaglia in corso nel Regno Unito, specialmente quando le loro macchine della disinformazione attaccano i nemici comuni.
E poi, naturalmente, c’è internet, il grande acceleratore digitale dell’individualismo e del caos, che crea un rassicurante “mondo della vita” fatto di pregiudizi e illusioni. Quando i suoi partecipanti si ritrovano in carne e ossa, sono portati ad adottare comportamenti estremi, che non sarebbero prevedibili osservando le loro azioni nella vita di tutti i giorni.
Oltre il passato
Quello che abbiamo di fronte, dunque, non è un rimasuglio del passato. È un’ideologia che replica se stessa come un virus, e che, come ha scritto lo storico Ernst Nolte a proposito del nazismo, ha una “impressionante coerenza logica” per chi ne accetta le premesse distorte.
Un elemento chiave della forza del fascismo nel ventunesimo secolo è la tecnologia. L’estrema destra usa le reti digitali transnazionali molto meglio dei socialdemocratici o della sinistra. La sua infrastruttura tecnologica è attualmente più efficace degli strumenti che gli stati democratici hanno a disposizione per contrastarla. Amil Khan racconta che la sua azienda – la Valent projects, che sviluppa tecnologie per il rilevamento della disinformazione online – ha identificato dodici reti che rilanciano e amplificano i messaggi di estrema destra nel Regno Unito. Complessivamente raggiungono sei milioni di persone ogni giorno. E sono state meticolosamente costruite nel tempo.
“Queste reti hanno appoggiato la Russia all’inizio della guerra in Ucraina, e poi il partito populista e xenofobo Reform durante le elezioni britanniche”, spiega Khan. “E fanno da megafono a una serie di siti d’informazione molto marginali, in alcuni casi, si dice, finanziati da figure dell’estrema destra statunitense”.
A ogni dichiarazione delle autorità segue una contronarrazione tattica, testata e perfezionata in tempo reale. Prendiamo per esempio il discorso in cui il premier britannico Keir Starmer ha minacciato di usare il pugno di ferro contro i rivoltosi. Starmer è stato immediatamente descritto come un traditore, pronto a prendersela con i britannici bianchi. Le sue parole sono state montate insieme a una serie di immagini di giovani musulmani incappucciati che marciavano per le strade di Birmingham. La ricerca di Valent mostra che mentre la versione originale del discorso ha raggiunto 500mila visualizzazioni sui social dei canali d’informazione tradizionali, la versione montata dagli estremisti di destra è stata vista da milioni di persone. Questi contenuti sono poi stati indirizzati tramite algoritmo verso un pubblico di maschi ultracinquantenni a basso reddito, residenti in piccole città e comunità suburbane dell’Inghilterra.
I nodi della rete
La natura multiforme della minaccia impone allo stato e alla società civile di sviluppare nuove forme di autodifesa. Le misure più ovvie sono il coordinamento nazionale della gestione dell’ordine pubblico, l’adozione di tattiche antisommossa che riducano al minimo i rischi per le minoranze etniche e la formalizzazione di accordi di sicurezza tra la polizia e le moschee, in modo simile al Community security trust già in vigore per la comunità ebraica. Per contrastare l’odio, l’incitamento alla violenza e la disinformazione è necessario attivare tutte le disposizioni previste dall’Online safety act, la legge britannica sulla comunicazione online approvata nel 2023. Sono misure piuttosto blande, ma se applicate dovrebbero comunque permettere di perseguire i social media che rifiutano di impegnarsi a frenare la diffusione della violenza.
Il fatto che la maggior parte dei britannici respinga la nuova ideologia fascista è fuor di dubbio. Lo dimostra la grande partecipazione e la natura pacifica della mobilitazione antifascista del 7 agosto in diverse città. E lo confermano i sondaggi, secondo i quali solo il 7 per cento dei britannici giustifica le sommosse. Il 27 luglio l’estrema destra è riuscita a portare a Trafalgar square, a Londra, trentamila persone: una stima approssimativa del suo peso in tutto il paese dovrebbe corrispondere a circa il quadruplo di quel numero.
Ora che è stata ripristinata la calma, la Gran Bretagna deve ricostruire la coesione sociale. “Vogliamo vedere la società civile e il governo lavorare insieme per mettere le comunità locali nella condizione di costruire unità e fiducia, attraverso momenti di aggregazione”, dice Emeka Forbes, dirigente della Together coalition. I volontari impegnati a ripulire le strade dopo la sommossa, l’umorismo sui social media contro i manifestanti e gli abbracci in pubblico tra persone di fedi diverse sono un importante punto di partenza. Ma siamo solo all’inizio di una lunga battaglia. Basta dare uno sguardo ai contenuti social provenienti dalle città dove sono scoppiate le violenze tra il 3 e il 5 agosto per rendersi conto che il mito soreliano della guerra civile non si è dissolto, ma si è rafforzato. E mentre decine di facinorosi stanno per affrontare la giustizia, è chiaro che non esiste un profilo unico delle persone che hanno partecipato alle violenze.
L’importanza del compito che ci attende si può valutare dal fatto che già il 7 agosto il social media X aveva sbloccato l’account di Goddard. Mentre scrivo, sta tuonando contro l’islam e la polizia, in video visti da decine di migliaia di follower. E Goddard è solo uno dei nodi di una rete dell’odio in continua espansione. ◆ fas
◆ Fra il 30 luglio e il 5 agosto 2024 diverse città britanniche, in Inghilterra e Irlanda del Nord, sono state teatro di violente manifestazioni xenofobe. Le proteste sono state innescate dall’omicidio di tre bambine in una scuola di danza di Southport, nel nord del paese, che sul web i gruppi di estrema destra avevano attribuito a un immigrato irregolare musulmano. In realtà il responsabile era un cittadino britannico minorenne di origini ruandesi. Durante i disordini i manifestanti hanno attaccato moschee e luoghi d’incontro delle comunità immigrate, saccheggiato negozi e dato alle fiamme auto. La polizia ha arrestato 1.280 persone e ne ha incriminate più di ottocento. Il 7 agosto si sono svolte contromanifestazioni antirazziste in diverse città britanniche.
Paul Mason è un giornalista britannico. Ha scritto Come fermare il nuovo fascismo (il Saggiatore 2021).
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Questo articolo è uscito sul numero 1581 di Internazionale, a pagina 54. Compra questo numero | Abbonati