Mentre il primo anno di guerra si avvia alla sua conclusione, il ritiro dell’esercito russo da Cherson ha dato all’Ucraina un’iniezione di fiducia. Per compensare gli insuccessi militari, il Cremlino ha scelto di attaccare le infrastrutture civili. La distruzione delle centrali e della rete elettrica in tutto il paese ha lasciato milioni di ucraini al buio, senza riscaldamento né acqua corrente. In molte città l’elettricità e l’acqua calda sono razionate, e siamo solo all’inizio di un lungo inverno di guerra.
Con il passare dei giorni il freddo potrebbe fiaccare sia il corpo sia la mente. Il fronte interno si è dimostrato decisivo in molti conflitti, compresa la prima guerra mondiale. Nel 1917 la Russia fu sconfitta anche a causa delle proteste della popolazione, mentre la Germania fu costretta a chiedere l’armistizio dalle pressioni interne. Il morale dei civili è la seconda dimensione della guerra, importante tanto quanto gli sviluppi militari che monopolizzano l’attenzione dei mezzi di informazione. Ma c’è anche una terza dimensione: quella economica. In questo caso l’occidente è coinvolto direttamente: le sanzioni occidentali contro la Russia costituiscono una guerra economica, anche se mai dichiarata in modo formale.
Queste tre dimensioni sono interconnesse, ma per fare un bilancio del primo anno di guerra bisogna esaminarle separatamente. I mezzi d’informazione occidentali usano spesso l’espressione “guerra in Ucraina”, che però è fuorviante quasi quanto “conflitto ucraino”. La guerra non è cominciata il 24 febbraio 2022, ma nel 2014, quando Putin ha approfittato del caos seguito alla “rivoluzione della dignità” in Ucraina per annettere la Crimea e invadere il Donbass. Fin dall’inizio questa è stata una guerra russo-ucraina. È un chiarimento molto importante, perché fa capire che il principale problema non è l’Ucraina, ma la Russia.
La prima guerra russo-ucraina è cominciata nel 2014 e non si è mai conclusa del tutto. Da allora sul fronte del Donbass sono morte più di 15mila persone. Putin ha usato il conflitto territoriale irrisolto per bloccare l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, che non può accettare come nuovo membro un paese in guerra. Nel corso degli anni il conflitto ha allontanato gli investitori e indebolito economicamente l’Ucraina. Ma anche se la strategia russa era piuttosto ovvia, le sanzioni occidentali contro Mosca sono state poco incisive. E sono state ulteriormente indebolite dalla Germania con il gasdotto Nord Stream 2, costruito in buona parte dopo l’aggressione russa del 2014.
Obiettivi mancati
La prima guerra russo-ucraina è sfociata direttamente nella seconda guerra russo-ucraina, esplosa a febbraio del 2022. Questo conflitto, però, rappresenta un nuovo sviluppo su tutti e tre i livelli accennati prima.
A livello militare, l’esercito e la società ucraini hanno opposto una resistenza tenace e sono stati capaci di respingere gli attacchi russi a Kiev e Charkiv nel nord, a Mikolayiv e Odessa nel sud e nel Donbass a est. Né Putin né l’intelligence russa avevano previsto un’opposizione così efficace. Già a marzo era evidente che il dittatore russo non avrebbe raggiunto il primo dei suoi obiettivi di guerra: occupare un’ampia parte del territorio ucraino e instaurare un regime collaborazionista.
Il secondo obiettivo, la conquista dell’Ucraina meridionale e orientale (chiamata “Nuova Russia” dalla propaganda del Cremlino), è fallito con la grande offensiva del Donbass. In estate l’esercito ucraino è riuscito a capovolgere la situazione e liberare l’intera regione di Charkiv, mentre a novembre l’esercito russo è stato costretto a ritirarsi dalla riva destra del fiume Dnepr e abbandonare Cherson.
Nonostante i fallimenti, però, la Russia ha raggiunto un obiettivo minimo: creare un collegamento terrestre con la Crimea. Sembra che a sud l’esercito russo si stia trincerando lungo la linea del fronte, e questo potrebbe creare una situazione simile a quella emersa nel Donbass negli anni scorsi. Mosca potrebbe accettare un risultato di questo tipo, ma non l’Ucraina, indebolita a livello economico e demografico e sottoposta alla pressione di un’occupazione permanente e alla costante minaccia di ulteriori aggressioni.
Non è chiaro come Kiev possa continuare a finanziare lo sforzo bellico
Se il suo esercito si è rivelato sorprendentemente debole, la Russia se l’è cavata meglio nella guerra economica. Questa dimensione ha implicazioni più ampie a causa del coinvolgimento diretto dell’occidente. La Russia ritiene che l’intera Unione europea sia una parte in conflitto nella guerra economica. A lungo andare le sanzioni danneggeranno pesantemente l’economia russa, ma fin dall’inizio due fattori ne hanno limitato l’impatto: innanzitutto i due paesi più popolosi del mondo, Cina e India, non hanno aderito alle sanzioni; e in secondo luogo la Turchia (membro della Nato) e l’Ungheria (il cavallo di Troia di Putin nell’Unione europea) hanno agito in modo da indebolirle.
Come prevedibile, le contromisure russe hanno danneggiato soprattutto la Germania e gli stati dell’Europa orientale. Le industrie ad alto consumo di energia hanno già gravi problemi, e c’è il rischio di un esodo della produzione e perfino di una deindustrializzazione.
Così come la cosiddetta operazione speciale di Mosca contro l’Ucraina non è mai stata spiegata alla popolazione russa, la guerra economica non è mai stata spiegata agli occidentali. Se questa guerra fosse stata dichiarata pubblicamente, d’altronde, l’Unione europea avrebbe dovuto boicottare il gas e il petrolio russi di sua iniziativa, mentre finora le sanzioni sono state giustificate soprattutto in termini morali.
L’aspetto positivo è che la crisi dei prezzi dell’energia rappresenta un’occasione per accelerare la transizione verso le energie rinnovabili. Ma per quanto questa trasformazione sia necessaria, i cittadini e le economie europee stanno pagando un prezzo concreto, seppur irrisorio rispetto al sacrificio degli ucraini. La recessione sta aumentando la pressione interna negli stati dell’Unione, mentre la Russia sta beneficiando dell’aumento dei prezzi dell’energia.
L’Europa è composta da molti paesi, e dunque da molti fronti interni. Se singoli stati dovessero venire meno agli impegni presi rispetto alle sanzioni, ci sarebbe il rischio di innescare un effetto domino. È esattamente quello che spera Putin.
È per questo che non possiamo sperare in una conclusione rapida del conflitto militare. Finora la guerra è stata combattuta quasi esclusivamente sul suolo ucraino, quindi in linea di principio la popolazione civile russa può continuare a vivere come faceva prima del 24 febbraio. Al momento le conseguenze negative principali per la Russia sono le vittime tra i soldati e l’impopolare mobilitazione militare, ma questi aspetti possono essere neutralizzati dalla propaganda.
La società russa, inoltre, può contare su alcuni vantaggi in vista del secondo inverno di guerra, a cominciare dalla sua esperienza in tema di scarsità. A causa delle limitazioni economiche dell’epoca socialista e della depressione degli anni novanta, i russi hanno assimilato tecniche di sopravvivenza che in Europa solo gli anziani che hanno vissuto la seconda guerra mondiale ricordano. Tra queste c’è la capacità di improvvisare e adattarsi quando mancano luce e riscaldamento, un esercizio che caratterizza ormai la vita quotidiana degli ucraini ma terrorizza il resto del continente, anche nei paesi dove il clima è piuttosto mite.
Nelle scienze politiche questa capacità viene chiamata “resilienza”, una qualità di cui la Russia ha dato prova ripetutamente nel corso della storia. Gli ucraini hanno vissuto esperienze simili negli anni post-sovietici e di sicuro hanno forti motivazioni, perché lottano per salvare il loro paese. Tuttavia hanno lo svantaggio di combattere sul loro territorio, e ora l’economia nazionale, già ridotta di circa un terzo, è ulteriormente colpita dagli attacchi contro le infrastrutture civili. Non è chiaro come l’Ucraina possa continuare a finanziare lo sforzo bellico se non stampando moneta, una soluzione che però alimenterebbe ulteriormente l’inflazione.
Come qualsiasi dittatore, Putin può contare sul controllo dei mezzi di comunicazione. Mentre Mosca continua a diffondere notizie false, quasi nessuna informazione sulla guerra raggiunge la società russa. Anche se la Russia non ha ancora rinunciato a nessuno dei suoi obiettivi e continua a commettere crimini di guerra, in Germania e in altri paesi dell’Unione si parla molto di come ristabilire la pace. Sembra un compito proibitivo, perché Putin non punta solo all’Ucraina ma vuole ripristinare la supremazia russa all’interno della vecchia sfera d’influenza dell’Unione Sovietica. Questa idea di “mondo russo” (ruskij mir) minaccia in particolare gli stati baltici.
Chi paga per il riarmo
Neanche gli obiettivi dell’Ucraina e dell’occidente sono privi di tensioni. All’inizio della guerra, quando la situazione sembrava disperata, Volodymyr Zelenskyj aveva accennato alla possibilità di rinunciare alla Crimea e a parti del Donbass. Ma dopo l’estate l’Ucraina ha cominciato a chiedere la liberazione di tutti i territori occupati. Queste rivendicazioni presuppongono un ulteriore riarmo, che però Kiev non può permettersi. I paesi occidentali sono disposti a finanziarlo, nonostante la recessione e l’inflazione? Dal punto di vista della sicurezza sarebbe nel loro interesse, ma richiederebbe un ampio consenso politico e sociale. Sostenere il riarmo dell’Ucraina, inoltre, significherebbe ammettere il coinvolgimento nel conflitto.
Oggi i sostenitori di Putin possono ancora entrare in diversi paesi europei come turisti. C’è bisogno di un sistema di sanzioni più articolato, che comprenda anche incentivi per gli oligarchi e i funzionari che decidono di opporsi al regime. Inoltre è necessario un nuovo approccio diplomatico nei confronti degli stati che dipendono dal commercio e dagli aiuti occidentali ma continuano a violare le sanzioni.
La diplomazia sarà indispensabile anche per affrontare in modo più intelligente il principale tra gli attori rimasti sullo sfondo, la Cina. È sorprendente che Pechino non abbia ancora sfruttato il suo peso per proporsi come mediatrice. Forse la prospettiva di un aumento del prestigio internazionale del paese potrebbe spingere il presidente Xi Jinping ad allontanarsi ulteriormente da Putin.
Infine i paesi dell’Unione europea hanno una missione urgente a livello nazionale: fare il possibile per risparmiare energia, se non altro perché le esportazioni di gas continuano a finanziare la guerra di Putin. Può suonare trito, ma è bene ripeterlo: gli ucraini stanno combattendo per la libertà dell’Europa. Difendendo la loro democrazia, stanno proteggendo anche la nostra.◆as
Philipp Ther insegna storia dell’Europa centrale all’università di Vienna.
Questo articolo è basato su un suo intervento a un seminario sull’Ucraina che si è tenuto il 26 ottobre 2022 presso la New York university. È stato pubblicato su Der Spiegel e su Eurozine.
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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati