Il primo vaccino contro il covid uscito nel dicembre 2020 era monovalente, cioè agiva solo contro il virus originale sars-cov-2. Quel farmaco aveva senso prima che il virus cominciasse a mutare in una lunga serie di varianti e sottovarianti. Ma via via che la sua struttura è cambiata, gli anticorpi prodotti in risposta al primo vaccino sono diventati meno efficaci. Nel 2022 è stato quindi necessario sviluppare nuovi vaccini “bivalenti”, efficaci sia contro il ceppo originario, sia contro le varianti allora dominanti, come le omicron Ba.4 e Ba.5. Com’era prevedibile, però, hanno continuato a spuntarne altre.
Nel giugno 2023 la Food and drug administration (Fda) statunitense ha chiesto alle case farmaceutiche di creare un nuovo vaccino capace di contrastare la sottovariante Xbb.1.5 e ha quindi approvato un vaccino monovalente a mRna. Purtroppo negli Stati Uniti l’Xbb.1.5 non è più dominante, ma è stata soppiantata da altre varianti. Questo ha suscitato preoccupazione sulla potenziale efficacia del nuovo prodotto. Ora la variante più diffusa nel paese è l’Eg.5, anche nota come Eris, seguita dalla Fl.1.5.1 – chiamata Fornax – e dall’Xbb.1.16.6. Nel frattempo in tutto il mondo si sta diffondendo la Ba.2.86, una variante dell’omicron che presenta molte mutazioni, soprannominata Pirola.
I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) statunitensi consigliano a chiunque abbia più di sei mesi di fare un vaccino aggiornato. Secondo l’agenzia chi ha ricevuto il bivalente del 2022-2023 “è stato più protetto dalla malattia e dal ricovero rispetto a chi non l’ha fatto”. I medici raccomandano di fare sia il vaccino contro il covid sia l’antinfluenzale prima della fine di ottobre.
I Cdc ritengono che la variante Ba.2.86 potrebbe infettare anche chi è stato vaccinato o ha già avuto il covid. Tuttavia si aspettano anche che i farmaci aggiornati riescano a evitare gli effetti gravi della malattia e a limitare i ricoveri.
Ad agosto la Moderna ha riferito che il suo nuovo vaccino monovalente a mRna ha prodotto un “significativo aumento” degli anticorpi che proteggono da due delle varianti ora in circolazione, l’Eg.5 e l’Fl.1.5.1. L’azienda inoltre ha annunciato che i test sugli esseri umani hanno rilevato un aumento di 8,7 volte degli anticorpi efficaci contro l’ultima variante Ba.2.86 in seguito alla somministrazione del vaccino aggiornato. I dati della Pfizer dimostrano che anche il suo nuovo vaccino a mRna produce anticorpi in grado di neutralizzare le varianti Xbb.1.5, Ba.2.86 ed Eg.5.1. Queste prime ricerche indicano che i nuovi vaccini a mRna, anche se studiati contro l’Xbb.1.5, sono comunque efficaci contro alcune delle varianti prevalenti.
◆ I vaccini aggiornati prodotti dalla Pfizer e dalla Moderna dovrebbero arrivare in Italia all’inizio di ottobre. Nello stesso periodo dovrebbe partire la nuova campagna vaccinale, che darà la precedenza alle persone con più di sessant’anni, ai soggetti fragili, alle donne in gravidanza e agli operatori sanitari. Chiunque abbia ricevuto l’ultima dose o si sia ammalato da almeno tre mesi potrà comunque ricevere il farmaco. La vaccinazione si potrà fare anche in farmacia o dal medico di base. Ansa
Gli anticorpi prodotti dopo aver contratto il covid o ricevuto il vaccino durano circa sei mesi per poi cominciare a diminuire. Un anno dopo resta solo una minima quantità di anticorpi. Ecco perché se è passato un anno dall’ultima iniezione o dal covid i medici consigliano di vaccinarsi di nuovo.
Ormai è accertato che i vaccini non proteggono completamente dalla possibilità di ammalarsi, ma possono rendere la malattia più leggera o più breve. Inoltre offrono una notevole protezione dal ricovero e dalla morte e possono contribuire a evitare il long covid. In genere le infezioni virali hanno il loro picco in inverno, motivo per cui gli esperti suggeriscono di vaccinarsi contro il covid e l’influenza nei mesi di settembre e ottobre. ◆ sdf
Prakash e Mitzi Nagarkatti insegnano immunologia all’università della South Carolina, negli Stati Uniti.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 101. Compra questo numero | Abbonati