Decine di migliaia di israeliani hanno protestato per giorni contro il primo ministro Benjamin Netanyahu, chiedendo le sue dimissioni. Sono indignati per quelli che considerano i tentativi di Netanyahu di restare al potere a qualsiasi costo, dopo che il 18 marzo ha deciso di riprendere i bombardamenti sulla Striscia di Gaza, anche se gli ostaggi israeliani sono ancora nel territorio palestinese.
Il cessate il fuoco infranto da Netanyahu doveva portare alla liberazione di tutti i prigionieri, ma il primo ministro non aveva nessuna intenzione di arrivare alla fine della guerra contro Gaza, come prevedeva l’accordo. I nuovi attacchi aerei israeliani sulla Striscia hanno ucciso in cinque giorni più di cinquecento palestinesi, di cui duecento sono bambini. Eppure, sostengono gli osservatori, tra le contestazioni dei manifestanti manca qualunque accenno all’uccisione dei palestinesi. “Gli israeliani credono che continuare la guerra non serva a niente. Ma non perché si preoccupano per i palestinesi, che sono ‘invisibili’. Pensano alle conseguenze per sé e per gli ostaggi”, afferma l’analista politico israeliano Ori Goldberg.
I manifestanti – e molti osservatori – sostengono che Netanyahu è motivato solo dal suo tornaconto politico. Ha già ottenuto una vittoria: l’ex ministro della sicurezza nazionale di estrema destra Itamar Ben Gvir è tornato nel governo il giorno stesso in cui Israele ha ripreso gli attacchi contro Gaza. Netanyahu ha bisogno dell’appoggio in parlamento di Ben Gvir – che si era dimesso a gennaio in protesta contro il cessate il fuoco – per l’approvazione del bilancio del governo e per evitare così elezioni anticipate (il bilancio è stato approvato il 25 marzo con 66 voti a favore e 52 contrari durante una sessione contestata in parlamento e tra le proteste dei familiari delle vittime).
In parlamento si sono scontrati interessi diversi per accaparrarsi fette di bilancio, e in alcuni casi si è rischiato di far saltare tutto. A dicembre Ben Gvir e il suo partito Potere ebraico avevano votato contro alcuni disegni di legge legati al bilancio, apparentemente indignati per il fatto che la manovra non prevedesse un aumento dei salari per la polizia, di cui il ministro era a capo. Una questione di lunga data riguarda poi i partiti ultra-ortodossi, che chiedono di continuare a garantire l’esenzione dal servizio militare per gli studenti dei seminari ebraici e finanziamenti sostanziosi per le scuole rabbiniche.

Il bilancio prevede una spesa totale equivalente a 156 miliardi di euro, con cifre importanti destinate alle “risorse per sconfiggere il nemico e sostenere i riservisti, gli imprenditori e le iniziative di ricostruzione nel nord e nel sud”, afferma il ministro delle finanze Bezalel Smotrich. Nell’anno fiscale 2024 la spesa di Israele per le guerre si è impennata, facendo schizzare il deficit di bilancio al 6,9 per cento del pil e spingendo tutte e tre le maggiori agenzie di rating del mondo ad abbassare i giudizi sull’affidabilità del paese. Il bilancio del 2025 fissa l’obiettivo di deficit a non più del 4,9 per cento del pil.
Sotto attacco
Netanyahu potrebbe ritenersi soddisfatto di essere riuscito a ottenere il sostegno necessario ad approvare il bilancio, ma questo risultato è stato raggiunto al prezzo di una crescente indignazione dell’opposizione. I manifestanti hanno protestato contro il ritorno di Ben Gvir, che è avvenuto subito dopo i primi attacchi su Gaza e ha fatto pensare a molti che la fine del cessate il fuoco e l’uccisione di centinaia di persone rientrassero in un tentativo di Netanyahu di assicurarsi l’appoggio politico di cui ha bisogno in parlamento. “Netanyahu probabilmente aveva già i voti che gli servivano. Ma il sostegno di Ben Gvir è una garanzia per far passare il bilancio”, commenta l’analista politico israeliano Nimrod Flashenberg.
“C’è molta rabbia, le persone contestano il governo e le sue dichiarazioni”, aggiunge Goldberg. “Ce l’hanno con Netanyahu e rifiutano l’idea su cui il primo ministro ha giocato per anni, e cioè che il suo bene e quello del paese siano la stessa cosa. Non è così. È come la storia dei vestiti nuovi dell’imperatore. Ora tutti possono vederlo: l’imperatore è nudo”.
◆ Hamdan Ballal, uno dei registi di No other land, vincitore quest’anno del premio Oscar come miglior documentario, è stato arrestato il 24 marzo 2025 dall’esercito israeliano dopo che la sua casa di Susya, nell’area di Masafer Yatta, nel sud della Cisgiordania occupata, è stata attaccata da un gruppo di coloni a volto coperto. Ballal è stato ferito e portato via dai soldati. Il giorno dopo è stato rilasciato.
◆Il 23 marzo il governo israeliano ha approvato all’unanimità una mozione di sfiducia nei confronti della procuratrice dello stato Gali Baharav-Miara, avviando un’inedita procedura di destituzione. La decisione arriva pochi giorni dopo il licenziamento di Ronen Bar, direttore del servizio di sicurezza interno Shin bet, che era ai ferri corti con Benjamin Netanyahu, soprattutto dopo l’avvio di un’indagine che coinvolge persone vicine al primo ministro accusate di aver ricevuto somme di denaro dal Qatar. Baharav-Miara aveva espresso forti dubbi sul licenziamento di Bar. Il ministro della giustizia dovrà ora avviare delle consultazioni sulla destituzione di Baharav-Miara, che ha escluso di dimettersi. Il licenziamento di Bar, sospeso temporaneamente dalla corte suprema, ha causato un’ondata di proteste. Il 23 marzo centinaia di persone hanno inoltre partecipato a manifestazioni contro la destituzione di Baharav-Miara davanti al parlamento israeliano e alla residenza privata di Netanyahu a Gerusalemme. Le relazioni tra la procuratrice dello stato e il governo sono tese dall’insediamento di Netanyahu, nel 2022. A dicembre di quell’anno Baharav-Miara aveva avvertito che un progetto di riforma della giustizia promosso dal governo minacciava di trasformare Israele in una “democrazia di nome ma non di fatto”. Il progetto aveva causato un’ondata di proteste nella primavera del 2023.
◆Il 24 marzo l’esercito israeliano ha condotto dei bombardamenti e un’incursione con i carri armati nella provincia di Daraa, nel sud della Siria. Almeno cinque persone sono state uccise. Afp
Netanyahu sostiene di essere sotto attacco dello “stato profondo” in un paese che lui stesso ha governato per più di diciassette anni. Afferma che questo stato profondo avrebbe usato il ministero della giustizia “come un’arma” contro di lui, un evidente e deliberato scimmiottamento della retorica del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. “Negli Stati Uniti e in Israele, quando un forte leader di destra vince le elezioni, lo stato profondo di sinistra usa il sistema giudiziario come un’arma per contrastare la volontà popolare. Non vinceranno né qui né negli Stati Uniti! Teniamo duro insieme”, ha scritto Netanyahu sui social media.
◆ L’esercito israeliano ha intensificato i bombardamenti nel nord, nel centro e nel sud della Striscia di Gaza il 23 marzo 2025. In un attacco contro il reparto di chirurgia dell’ospedale Nasser di Khan Yunis sono state uccise cinque persone, tra cui Ismail Barhoum, dell’ufficio politico di Hamas. Il ministro della difesa israeliano, Israel Katz, ha confermato che Barhoum, ricoverato nella struttura per curare le ferite di un attacco precedente, era l’obiettivo del raid. Il giorno prima, in un altro attacco a Khan Yunis, era stato ucciso Salah al Bardaweel, un altro leader di Hamas.
◆Il 23 marzo il ministero della salute di Gaza ha fatto sapere che i morti dall’inizio dell’operazione militare israeliana il 7 ottobre 2023 sono ormai più di cinquantamila. I feriti sono 113mila. Il numero reale delle vittime però potrebbe essere molto più alto, dato che il ministero calcola solo le persone registrate nelle strutture mediche della Striscia e non quelle che sono state sepolte senza essere registrate o si trovano ancora sotto le macerie. Il 24 marzo due attacchi separati hanno ucciso i giornalisti Hossam Shabat di Al Jazeera e Mohammad Mansour di Palestine Today.
◆Sempre il 23 marzo l’esercito israeliano ha ordinato di lasciare la loro casa agli abitanti di alcune zone di Rafah e Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, e a Beit Hanun, nel nord del territorio. Thaer Abu Aoun, il corrispondente da Gaza del sito indipendente egiziano Mada Masr, riferisce che in alcuni casi le persone sono state avvertite pochissimo tempo prima che cominciassero i bombardamenti e altre sono state colpite mentre cercavano di fuggire. Almeno 65mila persone sono state costrette a spostarsi di nuovo da quando il 18 marzo Israele ha infranto la tregua rimasta in vigore per cinquanta giorni.
◆Il 25 marzo centinaia di persone hanno scandito slogan contro Hamas durante una manifestazione per chiedere la fine della guerra a Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza.
In questa presunta lotta allo stato profondo, Netanyahu si batte per licenziare Ronen Bar, il capo del servizio di sicurezza interno Shin bet, che sta conducendo un’indagine sull’ufficio del primo ministro. Vorrebbe anche sbarazzarsi della procuratrice generale Gali Baharav-Miara, che inizialmente ha bloccato i suoi tentativi di sospendere Bar. Queste mosse hanno alimentato la rabbia del movimento di protesta.
La coalizione di governo ha dato il suo sostegno al primo ministro, votando per la rimozione di Bar il 20 marzo e approvando tre giorni dopo una mozione di sfiducia nei confronti di Baharav-Miara. Ma il 21 marzo la corte suprema ha sospeso il tentativo di liquidare il capo dello Shin bet e il 23 marzo Baharav-Miara ha dichiarato che il voto di sfiducia nei suoi confronti non rientra nelle procedure per rimuoverla dall’incarico di procuratrice generale.
Netanyahu ha affermato che il licenziamento di Bar non dipende dall’inchiesta in cui sono coinvolte persone vicine al premier, ma dagli errori dello Shin bet durante gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, che hanno provocato la morte di 1.218 persone e in cui altre duecento sono state prese in ostaggio. Il 19 marzo la coalizione di governo ha votato contro un progetto di legge per avviare un’inchiesta sulle inadempienze della classe politica che hanno reso possibile gli attacchi del 7 ottobre 2023. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1607 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati