In un piccolo negozio che dà su una strada trafficata del centro di Kandahar, nell’Afghanistan meridionale, Haji Muhammad Sultan è al lavoro. È una mattina di marzo e al bazar cominciano ad arrivare i primi clienti. Dentro al negozio i colpetti delicati dello scalpello di Haji sul gesso morbido si sentono appena. Con le mani rugose culla delicatamente uno stampo di ottone. Sgretolandosi, il calco rivela il suo contenuto: è una dentiera nuova. L’artigiano esamina il suo lavoro, rigirandosi la protesi tra le dita. “Devono essere perfette”, dice, accennando un sorriso.
L’azienda di protesi dentarie della famiglia di Haji è stata fondata ottant’anni fa da suo nonno, Haji Gul Muhammad. Secondo Sultan, la sua è la più antica attività di questo tipo nel paese: l’unica che realizza protesi dentarie fatte a mano. È un’informazione difficile da verificare, anche se gli abitanti di Kandahar vi diranno che è così.
Haji Nazar Muhammad, il padre di Sultan, imparò il mestiere da suo padre prima di prenderne il posto. In una foto scattata nel 1998 dal fotografo statunitense Steve McCurry, che per 35 anni ha ritratto persone e paesaggi dell’Afghanistan, si vede Nazar seduto nella sua piccola bottega. È immerso nel suo lavoro di precisione e tiene in mano un’arcata di denti. Una bicicletta nera è appoggiata davanti a un tavolo su cui sono allineate diverse protesi.
Sultan ha proseguito l’attività di famiglia, ereditandola dopo la morte del padre nel 2008, e continuando a realizzare protesi seduto allo stesso banco di lavoro in legno fotografato da McCurry. Non ha idea di quanto quella foto sia circolata fuori dall’Afghanistan, ma ricorda il fotografo che l’ha scattata.
I feriti di guerra
Con il turbante bianco e la barba lunga, Sultan è identico al padre. “A volte mi chiedono se sono lui”, ridacchia il sessantacinquenne. “Quando invecchierà, anche mio figlio maggiore somiglierà a me”.
Haji Muhammad Sultan ha cominciato a imparare l’arte delle dentiere fatte a mano all’età di dieci anni. Tutti i giorni si sedeva accanto al padre e lo osservava. A quarant’anni, durante l’occupazione statunitense, ha lasciato la famiglia per lavorare come medico militare, realizzando protesi per i soldati afgani feriti negli scontri.
Haji tira fuori una sua foto da giovane a Kabul, la capitale del paese. È chinato su un paziente e lo scruta tenendo in mano una borsa da medico. “All’epoca studiavo ortodonzia. Quando gli stranieri sono arrivati a Kabul, mi hanno chiesto di entrare nell’accademia militare”, racconta, guardando la foto. Accettò perché voleva aiutare gli afgani feriti. “All’accademia ho imparato a fare molte operazioni chirurgiche”, racconta . “Dopo un po’ volevano trasferirmi all’ospedale militare del campo d’aviazione, ma rifiutai”. Haji non sopportava più la lontananza dalla famiglia.
Dopo aver fatto molta pratica curando i soldati, Sultan è tornato a casa e ha continuato a lavorare con i civili feriti durante la guerra. “Un ragazzo di appena quattordici anni era venuto con la madre in cerca di aiuto. Aveva perso tutti i denti a causa di un attentato suicida”, racconta Haji. “Non potevano pagarmi, ma gli ho fatto lo stesso una dentiera nuova. Denti di cui andare orgogliosi”.
Oggi al fianco di Haji ci sono quattro dei suoi sette figli, che non sceglierebbero nessun’altra professione se non quella di famiglia. “Dopo il diploma avremmo potuto fare qualsiasi cosa, ma in Afghanistan mancano figure come la nostra”, dice con orgoglio Ahmed Sayed, 23 anni, il primogenito di Haji. “I miei figli porteranno avanti l’attività, l’arte di famiglia non morirà e il nome di Haji Gul Muhammad non sarà dimenticato”.
I denti industriali sono meno resistenti. Le mie protesi durano anche quarant’anni
Sayed racconta che il bisnonno scoprì il mestiere durante un viaggio in India. Doveva farsi estrarre un dente e durante la visita chiese al dentista come si facevano le protesi. Il medico glielo mostrò e in quel momento ebbe l’idea di aprire un suo negozio. “Al primo tentativo non ci è riuscito, ma al secondo sì. È così che è cominciato tutto”, racconta Sayed con un sorriso. Appesa al soffitto sul retro del negozio c’è la bicicletta che si vede nella foto scattata da McCurry. Nel corso degli anni molte persone hanno cercato di comprarla: “Ho ricevuto molte offerte”, racconta Haji mentre osserva il telaio appeso e sorride. “Ma non posso liberarmene, mi ricorda troppo mio padre”.
Sorrisi personalizzati
Il negozio conserva ancora la sua vecchia insegna, anche se, come tutte le altre a Kandahar, ora è coperta dalla bandiera dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, imposta dai taliban quando sono tornati al potere nell’agosto 2021. Haji e i figli realizzano dentiere complete ma ai loro clienti spesso mancano solo pochi denti. “Facciamo di tutto”, dice ridendo Haji. “Tutto ciò di cui il cliente ha bisogno”. In passato ricevevano ordini in continuazione e ogni settimana accoglievano quattro o cinque clienti. Ora, invece, possono passare settimane senza vederne uno, e nella maggior parte dei casi, racconta Haji, le richieste non sono mai per dentiere complete. In piena crisi economica e con i prezzi alle stelle, le persone si rivolgono a loro per uno o due denti al massimo.
È pomeriggio, e Haji è seduto sulla sua sedia. Pile di scatole contenenti denti di ogni sfumatura, forma e dimensione sono allineate in modo ordinato. Bottiglie di plastica polverose contengono altre protesi per sostituire denti persi o rotti. I singoli pezzi, realizzati con materiali sintetici o in porcellana, sono importati da diversi paesi, tra cui Cina, Francia, Germania, India e Pakistan.
Haji e i figli scelgono tra molti denti importati a seconda del colore che meglio si abbina alla carnagione del cliente e li inseriscono su protesi realizzate a mano, seguendo le stesse procedure usate dai loro predecessori.
“Abbiamo bisogno di molte tonalità di smalto perché abbiniamo il colore della pelle a quello delle nuove protesi”, spiega Haji. “È importante che i denti appaiano naturali a chi deve farseli impiantare”, afferma, prendendo una delle scatole impilate che poi apre per ispezionare alla luce un molare. “È come un mosaico. Ogni tessera deve incastrarsi alla perfezione”: con questa similitudine Haji descrive il suo mestiere.
Non sempre però i pazienti si comportano bene, soprattutto all’inizio, quando usa il gesso per prendere il calco della parte interna della bocca. “A volte, mentre prendo le misure tastando il palato con il dito, mi mordono”, ride Haji, serrando una protesi con uno scatto per sottolineare lo scherzo.
Alle spalle di Haji i figli più grandi – Sayed, Ahmed Yasin, diciassette anni, e Ahmed Waris, sedici anni – sono seduti nel negozio in cui lavorano fin da quando erano piccoli. Sayed si mette all’opera per realizzare una protesi per un nuovo cliente sotto lo sguardo attento del padre.
Il processo artigianale
La famiglia usa tecniche tramandate da una generazione all’altra. Gran parte delle loro protesi e dei loro strumenti sono fatti a mano.
Una dentiera completa è formata da due parti: la base, modellata con materiale acrilico rosa per riprodurre l’aspetto delle gengive vere, e i singoli denti. Dopo aver preso l’impronta, la si mette in uno stampo di bronzo, il crogiolo dentale, ed è riempita con gesso fresco per creare una copia perfetta della parte interna della bocca del paziente.
Sayed mescola del gesso bianco cremoso in una vaschetta prima di versarlo con attenzione in un paio di crogioli realizzati da un fabbro locale. Nel primo c’è l’impronta superiore, nell’altro quella inferiore. Il gesso s’indurisce velocemente e a quel punto si colloca il calco della bocca in uno strumento chiamato articolatore. Questo dispositivo meccanico imita i movimenti della mandibola, così Sayed può controllare in che modo si chiudono l’arcata superiore e quella inferiore.
Poi Sayed applica un materiale ceroso e rosa sopra i modelli, lo fa aderire alla perfezione e rimette i calchi nel crogiolo. A questo punto ci versa sopra altro gesso fresco e riscalda la cera per farla sciogliere: una volta eliminata del tutto, al suo posto la copia della dentatura rimane impressa all’interno dell’ultima colata. Solo ora Sayed usa la resina acrilica mescolata a mano per creare quelle che diventeranno le gengive, la versa nella cavità lasciata dalla cera fusa e aspetta che si solidifichi.
Il gesso che contiene la dentatura è poi aperto con delicatezza, svelando al suo interno la protesi che deve essere pulita con un batuffolo di cotone imbevuto d’acqua, prima di essere limata e levigata.
Mentre la nuova protesi si solidifica, Haji riprende a lavorare su quella quasi finita per un altro cliente. Realizzare dei denti è un processo scrupoloso che comprende molti piccoli aggiustamenti e ritocchi continui.
Rifinisce la superficie della protesi con un piccolo trapano, l’unico attrezzo usato che non è fatto a mano. Lo muove lentamente sugli spigoli, levigandoli per farli corrispondere perfettamente alla forma della bocca. Alla fine il cliente sarà chiamato in negozio per gli eventuali ritocchi finali da eseguire in presenza.
Di padre in figlio
Dall’altra parte del banco da lavoro la strada brulica di persone. Un uomo che vende enormi more di gelso su un carretto si ferma per colpire un bambino che ne sta per afferrare una, non resistendo alla tentazione. Donne con il burqa trascinano bambini dentro al bazar e spariscono tra la folla.
“I pazienti vengono da noi per la nostra esperienza ed è questo a rendere speciale il nostro lavoro”, spiega Haji. Una protesi completa può costare tra i cento e i duecentoventi dollari (102-225 euro), il prezzo varia in base al peso e alla qualità dei materiali usati. È più alto rispetto a quello delle dentiere prodotte in serie che si trovano dal dentista o al bazar. Realizzarle a mano è un lavoro delicato: una singola protesi può richiedere anche una settimana di lavoro.
I clienti cercano la qualità del prodotto, dice Haji. E aggiunge: “Non sacrificherò la qualità. I denti prodotti in serie durano meno di quelli fatti a mano, tra i sette e i nove anni al massimo. Quelli artigianali fino a venti o trent’anni, e i nostri anche quaranta”, rivendica, sorridendo con orgoglio. “All’epoca di mio padre i materiali erano di qualità più alta e una persona poteva usare la stessa dentiera anche per quarantacinque anni”. Un tempo importavano le materie prime da Karachi, in Pakistan, ma ora è più difficile farle arrivare in Afghanistan.
Oggi nessun cliente è venuto al negozio e Haji spiega che gli affari vanno male da quando i taliban sono tornati al potere. “Le persone hanno meno soldi”. A partire dal 15 agosto 2021, il paese è finito in una spirale di crisi sociali, umanitarie ed economiche che si aggravano di giorno in giorno. Il tasso di disoccupazione nel 2022 potrebbe arrivare al 40 per cento e 25 milioni di afgani, più di metà della popolazione, vivono in condizioni di povertà.
“Gli affari sono diminuiti. Stiamo vivendo una crisi economica e temo che per i prossimi dieci anni il numero dei nostri clienti continuerà a calare. Prima avevamo sette negozi tra Kandahar e Kabul, ma ora lavoriamo di nuovo tutti qui, in un solo negozio”, racconta Haji a bassa voce. I negozi della famiglia hanno dovuto chiudere nel 2021, dopo il ritorno al potere dei taliban.
Haji racconta che nel paese le cose sono cambiate, ma lui ha già vissuto cambi di regime e fatto i conti con le conseguenze economiche dovute ai periodi di instabilità politica. La cosa più importante per lui in questo momento è tenere la famiglia unita e mandare avanti l’attività. “Quando gli ordini arrivano, lavoriamo insieme, con la dedizione di sempre”, dice. “Almeno siamo uniti”.
Presto, a causa della vista sempre più debole, per Haji continuare a lavorare sarà impossibile, ma sa che i suoi figli manterranno in vita la tradizione.
“Quando mio padre è invecchiato, feci dei denti per lui”, racconta. “Quando invecchierò io, mio figlio Ahmed Sayed li farà per me”. ◆ gim
Questo articolo è uscito su Al Jazeera.
◆ 1957 Nasce a Kandahar, Afghanistan.
◆ 1967 Cominicia a imparare dal padre come si fa una dentiera artigianale.
◆ 1998 Steve McCurry fotografa il negozio del padre di Haji.
◆ 2002 Mentre studia ortodonzia a Kabul, Haji presta servizio come medico militare per gli statunitensi.
◆ 2008 Eredita l’azienda di famiglia.
◆ 2021 Dopo il ritorno al potere dei taliban gli affari peggiorano ed è costretto a chiudere sei dei suoi sette negozi tra Kabul e Kandahar.
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Questo articolo è uscito sul numero 1483 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati