A Cricova e Mileștii Mici, le due enormi cantine della Moldova che si estendono per centinaia di chilometri custodendo milioni di bottiglie, i turisti percorrono i tunnel sotterranei a bordo di veicoli simili a trenini. Ma c’è una storia che i visitatori potrebbero non conoscere: quei tunnel hanno avuto un ruolo importante nella distruzione e ricostruzione della capitale Chișinău. Se oggi ci si può addentrare in un mondo sotterraneo così unico è anche per questo.
Le guide delle due cantine riconoscono che i turisti sono più interessati al vino che alle vicende delle miniere o della ricostruzione di Chișinău dopo la seconda guerra mondiale. Ma come potrebbero interessarsi a qualcosa di cui non sanno nulla? Gran parte della storia sulle enormi cantine della Moldova è sconosciuta, come un segreto custodito in cantina al riparo dalla luce del giorno. Lo storico e architetto moldavo Sergius Ciocanu racconta che finora la fama di questi due luoghi si è basata più su delle leggende che su documenti autentici. “Ma le cose potrebbero cambiare presto”, spiega.
Il ministro moldavo della cultura Sergiu Prodan ha avviato le procedure per far inserire le due cantine sotterranee più grandi al mondo nell’elenco dei siti patrimonio dell’Unesco: “Il nostro obiettivo è riuscirci entro il 2030”. Mileștii Mici è già stata riconosciuta come la collezione di vini più grande al mondo. Con il suo milione e mezzo di bottiglie è entrata nel Guinness dei primati. Cricova la segue a pochi posti di distanza. In soli sette chilometri di tunnel custodisce mezzo milione di bottiglie di vino frizzante. Ognuna delle sette donne che ci lavorano ruota ogni giorno 35mila bottiglie di spumante prodotto secondo il metodo classico.
Pietra calcarea
Al momento in Moldova c’è un solo sito che fa parte del patrimonio Unesco: l’arco geodetico di Struve, nel nord del paese. L’astronomo Friedrich Georg Wilhelm von Struve fu il primo a misurare con precisione la lunghezza di un segmento di meridiano, contribuendo a determinare la forma e le dimensioni della Terra. I trentaquattro punti dell’arco di Struve, patrocinati dall’Unesco, sono in dieci paesi, e uno è in Moldova.
“Dobbiamo avere altri siti patrimonio dell’umanità. Dal nostro punto di vista Cricova e Mileștii Mici sono candidati ideali”, dice Prodan, convinto che la Moldova sia sottorappresentata nella celebre lista. Il paese, come si può intuire, è in gran parte ancora da scoprire. Prodan ha formato una squadra di storici, archeologi, industriali e abitanti, guidata Sergiu Musteaţă, professore specializzato in studi sul patrimonio. Cantine sotterranee di queste dimensioni non hanno pari in Europa e nel mondo, dice Musteaţă. Ora sono cominciate le pratiche per dimostrarlo.
La storia delle cantine moldave è legata alla devastazione provocata dalla seconda guerra mondiale e dall’occupazione, oltre che alle rapide trasformazioni che spesso avvengono nei periodi più difficili. Nello scontro tra nazisti e sovietici Chișinău fu pesantemente bombardata. Quando nel 1944 la città fu riannessa all’Unione Sovietica era in macerie. “Nell’agosto 1944 più dei due terzi degli edifici erano distrutti”, spiega Musteaţă. Non era rimasto molto, quando cominciò l’occupazione sovietica gli abitanti erano solo ventimila. “Ricostruire Chișinău diventò una priorità e per riuscirci serviva la materia prima”, aggiunge Musteaţă.
Dalla fine dell’ottocento il materiale da costruzione più diffuso in Moldova era la pietra calcarea. Con i sovietici l’attività mineraria fu ampliata considerevolmente. “La pietra calcarea bianca era impiegata per gli edifici. Molte case furono costruite tra gli anni cinquanta e ottanta”, aggiunge Musteaţă. Per questo Chișinău era chiamata la città bianca.
In un suo studio la ricercatrice Doina-Cezara Albu spiega che la Moldova cominciò a usare i blocchi di pietra calcarea su larga scala a partire dal 1950. Con questo materiale i sovietici costruirono asili, scuole e palazzine popolari conosciute con il nome di Stalinka o Chruščëvka. In epoca sovietica la Moldova produceva 1,25 milioni di metri cubi di pietra calcarea all’anno, pari al volume di cinquecento piscine olimpioniche. Nel 2000 la produzione era un quarto di quella. Pur non affacciandosi sul mare, la Moldova ha molti segni della presenza marina e la pietra calcarea è uno di questi. Il paesaggio è morbido, come se le onde avessero modellato le sue colline. Milioni di anni fa il mar Paratetide copriva una vasta area che andava dall’Europa centrale all’Asia centrale. Nella fase di massima estensione includeva anche quelle che oggi sono l’Ucraina, la Moldova, la Romania, la Bulgaria e la Serbia.
Circa cinque milioni di anni fa il mare si ritirò fino a scomparire, lasciando tracce della sua esistenza tuttora molto visibili in Moldova. È per questo che il paese è ricco di pietra calcarea e di miniere.
Le sette donne che ci lavorano ruotano ogni giorno 35mila bottiglie di spumante
Una di queste non è lontana dal centro di Chișinău. Accedendo a un tunnel dal quartiere di Râşcani si può procedere sottoterra verso nord per circa quattro chilometri, in direzione di Cricova. Un’altra miniera in funzione si trova poco distante dalla cantina. La miniera di Chișinău è ancora attiva e immagazzina blocchi di calcare pronti per essere spediti ai cantieri. Sergiu Lungu, il direttore della miniera, sottolinea la qualità della pietra locale. Alcuni studi confermano che i blocchi di calcare moldavo possono resistere ai terremoti fino a otto gradi della scala Richter. Lungu lavora in questo settore da trent’anni. “L’industria si è sviluppata in epoca sovietica”, aggiunge, mostrando come i macchinari tagliano i blocchi dalle pareti. Racconta che un tempo in Moldova c’erano più di cento miniere.
Secondo il centro studi moldavo Expert-grup, nel paese ci sono 166 siti minerari di pietra calcarea, di cui 59 usati per tagliare i blocchi. Come molte altre qui, le cantine di Cricova e Mileștii Mici in passato erano miniere di calcare.
Temperatura naturale
“Lo scavo di questa pietra si estese molto presto, come dimostra la rete di gallerie, lunga duecento chilometri”, spiega Petru Tataru, che fa la guida a Mileștii Mici. Oltre a occuparsi della crescita dell’industria estrattiva, i sovietici cercarono di aumentare la produzione di vino nel paese, noto per le sue vigne. “Già dalla fine degli anni cinquanta si esplorò la possibilità di produrre vino in grandi quantità per venderlo in tutta l’Unione Sovietica. E serviva un’enorme area per la produzione e la conservazione”, aggiunge Sergiu Musteaţă. Nacque l’idea di usare le miniere rimaste vuote intorno alla capitale. “Qui la temperatura è sempre tra i 12 e i 14 gradi”, spiega Veaceslav Dogari, una guida della cantina di Cricova. “Non abbiamo bisogno di soldi per mantenere queste condizioni. Il fresco è gratuito perché è naturale”.
“Il fatto unico è che questi stabilimenti industriali, una volta terminata l’estrazione della pietra, sono stati riutilizzati con una funzione completamente diversa”, dice Musteaţă, spiegando perché meritano un posto tra i patrimoni dell’umanità.
La cantina di Cricova fu aperta nel 1952. Alla fine degli anni cinquanta, i moldavi producevano il vino e lo conservavano in posti come questo. Nell’Unione Sovietica la produzione di vino moldavo aumentò a dismisura.
Oggi il paese recupera il suo passato e lo rimette insieme come in un puzzle. Così non sarà più conosciuto solo per il suo vino, ma anche per le storie che ci sono dietro. E nel sottosuolo, si è scoperto, le storie sono molte. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1570 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati