Kola Alawada, 21 anni, si ripara dalla pioggia sotto la tettoia di un chiosco di accessori per cellulari al Computer village di Lagos, stringendo in mano il suo vecchio telefono con lo schermo rotto. Il vasto e caotico mercato nel sudovest della Nigeria è il più grande centro di smercio di dispositivi tecnologici in Africa, con strade piene di negozi e bancarelle dove si possono riparare apparecchi di ogni genere, di diverse fasce di prezzo. Alawada aspetta con impazienza che il rivenditore James (nome di fantasia) finisca di contrattare con un cliente che l’ha chiamato su WhatsApp. Lo studente vuole passare dal suo vecchio telefono a un iPhone. “Quando voglio fare colpo su una ragazza, mi faccio prestare il 14 Pro Max da un amico. Se lei mi vede con un Android, penserà che sono povero”, ridacchia Alawada, anche se la cosa lo stressa. Spera quindi che presto non dovrà più chiedere il telefono all’amico.
Per molti giovani nigeriani l’iPhone rappresenta uno status symbol. Peccato che uno nuovo costi più di quanto la maggior parte dei lavoratori nigeriani possa permettersi. L’ultima versione è in vendita a tre milioni di naira, l’equivalente di quasi 1.900 euro, in un paese dove il salario minimo mensile è pari a 44 euro.
Mentre i telefoni con sistema operativo Android più economici non superano le 25.500 naira (16 euro), gli iPhone, anche quelli di seconda mano, sono più cari. Un 8 Plus usato, per esempio, è in vendita a circa 150mila naira (94 euro), nonostante il sistema operativo sia ormai obsoleto. La missione di Alawada è vendere il vecchio Android, sommare il ricavato ai suoi risparmi e con quelli comprare un iPhone. Mentre James è ancora impegnato su WhatsApp, Alawada si chiede se suo padre gli abbia comprato in quel negozio il suo telefono. Era il 2021, aveva appena cominciato l’università, e ricorda ancora l’emozione provata quando ha aperto la scatola del Tecno Phantom X che i suoi familiari avevano pagato di più di 200mila naira (125 euro).
Oggi quel ricordo sembra lontanissimo mentre aspetta di rivenderlo nella speranza di procurarsi un iPhone 12 Pro di seconda mano a 600mila naira (376 euro), una cifra molto più alta di quanto guadagna suo padre e otto volte superiore al salario minimo in Nigeria.
Finalmente libero, il rivenditore ispeziona l’apparecchio e scuote la testa. “Nessuno ti farà un buon prezzo”, dice James senza mezzi termini. “Gli Android usati non valgono granché”. Gli restituisce il telefono e per un attimo il viso di Alawada s’incupisce. Sente i suoi progetti scivolare via in mezzo alla pioggia e al
caos, ma non si lascia abbattere dalla delusione.
**Un riparatore infallibile **
La battaglia globale tra iPhone e Android imperversa da diciassette anni. I telefoni con il sistema operativo Android rappresentano circa il 70 per cento del mercato, gli iPhone il 28 per cento. Questa divisione vale anche in Nigeria, ma per tanti utenti millennial (nati tra il 1981 e il 1996) e della generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012) i telefoni rappresentano molto più delle loro funzionalità. Per i giovani nigeriani l’esclusività e il sistema operativo conferiscono agli iPhone un prestigio particolare. I ragazzi sostengono che le app più usate, tra cui Snapchat e Instagram, funzionano meglio sui telefoni della Apple grazie all’integrazione più efficiente con la fotocamera. La funzione Airdrop favorisce la condivisione dei file.
Ancora determinato a mettere le mani su un iPhone, Alawada segue James nel labirinto del Computer village. Frenetico e convulso, il mercato si dipana su sette strade, in una cacofonia di edifici bassi, bungalow riconvertiti e chioschi di lamiera. Le strade sono piene di ombrelloni e capannelli di venditori. Auto vuote fanno da bancarelle di vestiti, mentre i venditori ambulanti di cibo si spostano per le stradine per rifocillare la folla brulicante.
Fradici di pioggia, James e Alawada raggiungono il negozio affollato di Solomon Dosumu. È specializzato in riparazioni di cellulari e preferisce nettamente gli iPhone, che nel suo negozio vanno per la maggiore. Secondo James, le riparazioni di Dosumu sono così meticolose da non essere visibili a occhio nudo.
Nel negozio i clienti siedono in una sala d’attesa. Uno di loro spiega a James che Dosumu è uscito per procurarsi degli schermi sostitutivi per un 11 Pro e un 14 Pro Max. Alawada attende con impazienza. Fuori dal negozio un manifesto pubblicizza l’iPhone 16. Il telefono della Apple uscito quest’anno è il più costoso tra quelli di fascia alta, soprattutto in Nigeria, che come altri paesi africani impone dei dazi d’importazione molto alti per proteggere i produttori locali e aumentare le entrate per il fisco. Abbiamo provato a contattare la Apple per sapere cosa ne pensa dei costi aggiuntivi che i clienti africani spesso devono sostenere per avere uno dei suoi telefoni, ma non abbiamo ricevuto risposta.
La domanda di iPhone di seconda mano o riparati alimenta un mercato informale in cui specialisti come Dosumu fanno tornare in vita i telefoni usati e li rivendono. Negozi come il suo colmano il divario tra lusso e convenienza.
I telefoni Android si svalutano rapidamente perché è molto costoso sostituire i loro schermi Amoled, tanto che la spesa equivale a quella per un dispositivo usato. Invece gli iPhone, anche se è più oneroso ripararli, hanno spesso schermi più economici, d’importazione cinese. Molti telefoni arrivano dalla Cina in stock, spesso con difetti di poco conto – per esempio, non funziona il riconoscimento facciale o il vetro posteriore è rotto – e vengono mandati a riparatori come Dosumu in Nigeria. Una volta sistemati, possono tornare sul mercato.
Altri ancora sono nuovi di zecca, cambiati da persone che non resistono alla tentazione del modello più recente. In rari casi arrivano cellulari rubati a persone che durante le rapine sono costrette a disconnettersi dai loro account iCloud.
Dosumu torna al negozio insieme a due uomini con in mano dei ricambi per iPhone. Uno, con un cacciavite tra i denti, si mette davanti ad Alawada ostruendogli la vista degli scaffali pieni di display. Lì c’è il Sierra Blue 12 Pro che ha adocchiato, e le sue aspettative si alzano.
Alawada si chiede se suo padre gli abbia comprato in quel negozio il suo telefono. Era il 2021 e ricorda ancora l’emozione
Dosumu, 37 anni, è abituato ad assistere altri tecnici e venditori. È diventato apprendista riparatore anni fa, dopo aver lasciato il lavoro a una pompa di benzina in cerca di un’occupazione più stabile. Più o meno nello stesso periodo è stato lanciato il primo iPhone.
“Ho sempre amato la tecnologia: cellulari, gadget e tutto il resto. Con quella passione, dedicarmi a riparare i telefoni è stata una scelta quasi obbligata”, dice Dosumu, chino su un 11 Pro. “Sono venuto al Computer village e mi sono rivolto all’uomo che mi aveva riparato il telefono. Gli ho spiegato che volevo imparare, l’ho pagato per sei mesi e ho cominciato il mio apprendistato. Sono rimasto con lui un anno”.
Era il 2009 e l’iPhone 3Gs non era molto popolare in Nigeria. L’iPhone 4, uscito l’anno dopo, lo è stato ancora meno. A dominare il mercato erano ancora i Blackberry.
Oggi Dosumu chiede agli aspiranti tecnici di pagarlo 150mila naira (94 euro) per una formazione di sei mesi, che lui stesso ammette di ricevere in gran parte dai video tutorial su YouTube. Il suo percorso è stato pieno di difficoltà, e una pila di telefoni rotti ne è la dimostrazione. “Gli schermi sono la cosa più semplice”, dice. “Le riparazioni più complesse, per esempio quelle che riguardano la funzione del riconoscimento facciale o la sostituzione delle batterie, mi costano tempo, soldi e molte batterie. Non è facile come cambiare una pila stilo”, aggiunge con un sorriso tirato.
“Quando sostituisci delle parti, il telefono mostra il messaggio standard della Apple ‘parti sconosciute’ e alcune funzioni, come la carica della batteria, si bloccano”, spiega Dosumu. “Per ovviare al problema ho dovuto comprare degli strumenti specializzati”, tra cui dispositivi e chip in grado di superare i limiti imposti dalla Apple. Ne è valsa la pena. Grazie alla richiesta di iPhone usati e riparati, Dosumu può mantenersi, provvedere alla sua famiglia e pagare l’affitto.
Prende due schede madre grandi un pollice, con impressi i numeri dei modelli di iPhone. “Queste”, spiega, “sono fondamentali per resettare le batterie, ricalibrare le macchine fotografiche e azzerare i messaggi di errore”.
Mentre Alawada siede in commissariato, il brusio del Computer village, con i suoi intrallazzatori e aspiranti acquirenti, non si ferma mai
Poi prende un astuccio nero e ne svela il contenuto che, a suo dire, gli è costato più di 300mila naira (189 euro). Dentro c’è uno strumento in acciaio protetto dal polistirolo. “Se vuoi andare avanti in questo settore devi investire. Questo serve per aggiustare il riconoscimento facciale. L’ho appena ricevuto dalla Cina”.
Pericolo in agguato
Anche se Dosumu fa lavori di ogni genere, sostiene di rispettare la riservatezza dei suoi clienti e di trattare solo le parti meccaniche. “Non accedo ai contenuti”, insiste, spiegando che è quasi impossibile accedere ai cellulari bloccati con iCloud, che di solito sono rivenduti solo per i pezzi di ricambio.
Per lui l’hardware ha un valore. Quando gli portano un cellulare bloccato – disabilitato per i troppi codici sbagliati o perché rubato – resiste alla tentazione di sondarne l’origine e preferisce vederlo come fonte di future riparazioni. “Ne ho un sacco nel mio negozio. A volte li uso per far esercitare gli apprendisti”, spiega, mentre dà gli ultimi giri di cacciavite a un 11 Pro. Dopo aver sigillato il retro lo accende fiducioso e poi dice al proprietario: “Non togliere il nylon per un paio di giorni”. Il nylon non solo protegge lo schermo ma serve anche come indicatore di garanzia. “Se lo togli, la garanzia non è più valida”.
Finalmente Dosumu può dedicarsi ad Alawada e James, ma conferma i timori dello studente: con la svalutazione della naira rispetto al dollaro, l’aumento dei dazi d’importazione e l’uscita dell’ultimo iPhone, i 600mila naira (376 euro) che ha risparmiato non basteranno per un iPhone 12. Dosumu però s’impietosisce.
“Il tuo Android, cos’ha che non va? Solo lo schermo?”, chiede ad Alawada, mentre esamina il danno. Manda un apprendista a cercare uno schermo sostitutivo mentre il ragazzo gli porge il cellulare dopo aver rimosso la sim. L’apprendista manda un messaggio a Dosumu per dirgli che è disponibile uno schermo sostitutivo. “Prenderò il tuo cellulare, che riparerò, per coprire il costo di un iPhone. Ho visto che hai adocchiato quello blu quando sei entrato”, dice Dosumu ad Alawada, prendendo le chiavi per aprire la teca di vetro.
Mentre gli porge l’iPhone, gli occhi del ragazzo s’illuminano sotto le luci fluorescenti. Lui esamina tutto – la fotocamera, la batteria, lo schermo – e gli sembra tutto a posto, anche se non ha idea di quali e quante riparazioni abbia subìto.
Alawada e Dosumu concludono l’affare. Il ragazzo è finalmente riuscito a entrare nella schiera ristretta degli utenti di iPhone in Africa.
◆ Nel marzo 2024 in Nigeria erano attive quasi 220 milioni di utenze telefoniche, delle quali solo 120mila su linee fisse, su una popolazione di 216 milioni di abitanti, più del 60 per cento dei quali ha meno di 25 anni. A spartirsi il mercato della telefonia mobile sono quattro grandi operatori, in particolare il gruppo sudafricano Mtn, che controlla una quota superiore al 50 per cento. Nel secondo trimestre del 2024 l’industria delle telecomunicazioni ha contribuito al 16 per cento del pil nigeriano. La grande diffusione degli smartphone ha fatto nascere un fiorente settore di prodotti e servizi finanziari digitali (fintech), che sta raggiungendo una popolazione più ampia di quella servita dalle banche tradizionali e sta attirando importanti investimenti (più di due miliardi di dollari nel 2024).–Nigerian communications commission
Esce dal negozio di Dosumu con il suo telefono di seconda mano in tasca e un caricabatterie in omaggio. Ripercorre la strada fino al chiosco degli accessori dove vorrebbe comprare una custodia trasparente che aveva visto prima, ma non fa troppa attenzione al mercato affollato e alle persone che lo urtano mentre cammina. Presto si perde nel labirinto di strade. Si è dimenticato di chiedere indicazioni a James e non vuole infastidirlo. Ma quando cerca il suo iPhone si accorge che non c’è più. Gli tremano le mani mentre si tasta le tasche e guarda dappertutto per terra e tra la folla nella speranza di vedere un viso colpevole. Poi arriva il panico.
I suoi singhiozzi penetrano nel caos della folla mentre si accascia per terra. Qualche passante lo guarda di sfuggita ma la maggior parte delle persone lo ignora. Immaginano cos’è successo. L’oscuro lato criminale del Computer village, un tempo giusto una diceria per Alawada, ora è diventato realtà.
“Perché fai casino davanti al nostro commissariato?”, gli chiede Bello, un poliziotto, guardandolo dall’alto. In piena crisi isterica, lo studente non si è accorto di essere finito davanti a una stazione di polizia. “Hai truffato gli oyinbo, gli stranieri, hai usato i loro soldi per comprare un iPhone e ora piangi perché sei stato fregato?”, lo accusa il poliziotto.
Alawada, tremante, porge la sua carta d’identità. “Signore, non sono uno yahoo boy, sono uno studente”, dice riferendosi ai truffatori che adescano le loro vittime online.
“Uno studente?”, lo prende in giro Bello. “E dove hai preso i soldi per comprare un iPhone?”.
Messo alle strette, Alawada non è in grado di spiegare in che modo ha messo insieme i soldi e a Bello non sembra importare un granché. Ai suoi occhi un ragazzo con un iPhone vuol dire una sola cosa: una truffa.
Bello invita Alawada ad accompagnarlo in commissariato per fare denuncia, ma lo studente e le altre persone in sala d’aspetto– tutti vittime dello stesso destino – sanno che è inutile. Il telefono ormai è andato e la denuncia non servirà a niente.
Mentre Alawada siede in commissariato, il brusio del Computer village, con il suo labirinto di intrallazzatori e aspiranti acquirenti, non si ferma mai. A ogni transazione si fanno e si disfano fortune.
In questo mercato grande e spietato, dove anche i migliori progetti possono crollare miseramente, una cosa è chiara: a vincere è il banco.
Scoraggiato e abbattuto per la perdita, Alawada è più cauto di prima, ma continua a restare fedele al suo sogno di avere un iPhone. “Ce la farò ma non sarò così avido da volerlo a tutti i costi”, dice. “Magari ci vorrà un po’ di tempo e dovrò fare sacrifici, ma un giorno ne avrò uno. E, se dio vuole, sarà nuovo di zecca”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1596 di Internazionale, a pagina 62. Compra questo numero | Abbonati