Larry Reinaldo Méndez Duarte si trova nella camera d’albergo messa a disposizione dall’amministrazione di Joe Biden. Il 9 febbraio il regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo ha liberato lui e altri 221 prigionieri politici, poi li ha imbarcati su un aereo per gli Stati Uniti e mentre erano in volo gli ha tolto la nazionalità nicaraguense. Méndez Duarte, 44 anni, spera di riuscire a trovare una famiglia che lo accolga negli Stati Uniti prima che scada la tutela offerta del dipartimento di stato.
“Ora che ci hanno restituito la libertà, cosa faremo? Ci lasceranno per strada, in un paese di cui non parliamo la lingua?”. La sua preoccupazione è condivisa dagli altri prigionieri politici rilasciati dal governo sandinista. Più di cento non hanno una famiglia pronta ad accoglierli. Il visto umanitario con cui sono arrivati negli Stati Uniti non richiede una famiglia di appoggio, ma almeno un indirizzo di riferimento. La maggior parte dei nicaraguensi rilasciati era detenuta dal 2018 nella prigione La Modelo. Ci sono pochi leader o figure riconosciute, e molti di loro non avevano mai lasciato il Nicaragua.
Il dipartimento di stato statunitense ha allestito degli sportelli di fortuna nell’enorme sala di un hotel in Virginia: funzionari e volontari risolvono i problemi logistici, sanitari e amministrativi. Alcune ong aiutano chi non ha una famiglia di riferimento. Ada Valiente, una sacerdote battista nicaraguense che vive negli Stati Uniti, ha trovato una casa a circa quaranta persone. La preoccupazione di Méndez Duarte diminuisce il pomeriggio dell’11 febbraio, quando Valiente gli comunica di aver trovato una famiglia nicaraguense disposta ad accoglierlo. “Vado a Los Angeles”, dice. “Qui non abbiamo nulla, ma siamo liberi. Il dipartimento di stato ci ha dato anche un’altra buona notizia: pagheranno per noi i 410 dollari necessari per avere il permesso di lavoro. Poi dovrò imparare l’inglese. Non ho una professione, ma ho voglia di lavorare. Spero di cavarmela”, aggiunge.
Andare avanti
Alcuni prigionieri liberati dal governo autoritario di Managua hanno trovato da soli le persone disposte a ospitarli. Gabriel Eliseo Sequeira García, 24 anni, andrà in California con un altro ex detenuto che aveva dei contatti in quello stato. “Partiamo in cinque, la famiglia ci presterà un appartamento, mentre cerchiamo lavoro”, dice. “Bisogna andare avanti, fratello. Non c’è altra strada”, aggiunge. Indossa una tuta sportiva donata dalla comunità dei nicaraguensi residenti a Washington. “Non abbiamo un posto dove tornare, nel nostro paese potrebbero ucciderci. Non siamo neanche più cittadini nicaraguensi, praticamente non esistiamo. Speriamo che negli Stati Uniti ci diano una mano, altrimenti siamo spacciati”.
La sera dell’11 febbraio l’elenco dei prigionieri politici senza un posto dove andare è passato da 104 a quaranta. Molti sono già partiti per le loro destinazioni, in altri stati del paese. Anche se alcuni sembrano più sicuri di altri, per tutti comincerà una nuova vita in esilio appena usciranno dall’albergo in Virginia.
“Ti dirò una cosa”, aggiunge Denis García Jirón, un veterinario di Managua. “Nessuno di noi vorrebbe essere in questa situazione. Abbiamo lasciato genitori, figli, mogli, fratelli e sorelle. Il regime di Ortega ha diviso le famiglie nicaraguensi. Un buon leader non dovrebbe separare né esiliare nessuno. Per noi è ora di andare avanti. Prima di salire sull’aereo ho toccato con la mano la pista, la mia patria, e ho pianto”. ◆fr
Wilfredo Miranda Aburto è un giornalista nicaraguense freelance in esilio.
◆ Il 9 febbraio 2023 il governo autoritario del presidente Daniel Ortega ha liberato 222 prigionieri politici, che però ha definito “agenti di potenze straniere” e un pericolo per la sovranità nazionale. I detenuti, tra cui ci sono anche esponenti dell’opposizione, sono stati mandati negli Stati Uniti e privati della nazionalità nicaraguense. Ortega ha reso noto che la liberazione è stata una decisione di Managua. Reuters
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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati