Le proteste contro il partito Sogno georgiano (Sg), accusato di aver vinto le elezioni legislative del 26 ottobre grazie a brogli e irregolarità, si stavano lentamente spegnendo e i georgiani stavano cominciando a rassegnarsi all’idea di dover convivere per altri quattro anni con un governo manovrato dalla vera eminenza grigia della politica locale, l’oligarca filorusso e ultraconservatore Bidzina Ivanishvili, fondatore e leader de facto di Sg.
Poi, però, è successo qualcosa che ha cambiato tutto: il primo ministro designato, Irakli Kobakhidze, ha annunciato che la Georgia avrebbe sospeso per quattro anni, fino al 2028, tutti i colloqui per l’adesione all’Unione europea e nello stesso periodo di tempo non avrebbe preso un euro da Bruxelles. Le parole di Kobakhidze sono state una risposta alla risoluzione con cui il 28 novembre il parlamento europeo aveva annunciato di non riconoscere i risultati delle elezioni georgiane e aveva chiesto una ripetizione del voto. La presa di posizione di Kobakhidze non ha avuto conseguenze concrete, perché Bruxelles aveva interrotto i negoziati con Tbilisi già prima del voto. Il primo ministro georgiano ha semplicemente voluto dimostrare ai suoi concittadini che era la Georgia a rifiutare la collaborazione con l’Ue, non il contrario. Ma invece di convincere i georgiani, il suo annuncio ha rilanciato le proteste dell’opposizione. Dal 28 novembre, ogni sera davanti al parlamento, su viale Rustaveli, nel centro di Tbilisi, si riuniscono cortei di migliaia di manifestanti favorevoli all’avvicinamento all’occidente, e dopo la mezzanotte la polizia li disperde sistematicamente con la forza.
Fino al 2 dicembre risultavano ferite più di cento persone e più di duecento arrestate. La situazione si aggrava di giorno in giorno e le due fazioni – i filorussi di Sg e l’opposizione europeista – sembrano puntare allo scontro. I manifestanti e il partito Movimento nazionale unito chiedono l’annullamento delle elezioni di ottobre (richiesta respinta dalla corte costituzionale) e un nuovo voto sotto la supervisione internazionale. Ma Sogno georgiano, elogiato dal presidente russo Vladimir Putin per aver sospeso i colloqui con Bruxelles, non ne vuole sapere: accusa l’opposizione di essere al servizio del “partito mondiale della guerra”, che vorrebbe coinvolgere la Georgia nel conflitto ucraino, aprendo un nuovo fronte contro la Russia nel Caucaso.
La questione presidenziale
La Georgia è anche minacciata da una seria crisi costituzionale. La presidente Salomé Zourabichvili non riconosce le elezioni di ottobre e ha annunciato che non intende lasciare il suo incarico, in scadenza alla fine di dicembre. In seguito a una riforma in senso parlamentare del sistema di governo, il suo successore sarà eletto dal parlamento, che però Zourabichvili considera illegittimo.
Intanto Sogno georgiano, che nella nuova assemblea ha 89 deputati su 150 (gli unici a partecipare ai lavori visto il boicottaggio dell’opposizione), è determinato a eleggere il nuovo presidente il 14 dicembre e ha già scelto il suo candidato, l’ex calciatore Mikheil Kavelashvili. “Alla signora Zourabichvili restano solo altri tre venerdì da presidente, quindi capisco il suo stato emotivo”, ha ironizzato Kobakhidze, prima di spiegare ai georgiani che non c’è da preoccuparsi se, oltre all’Unione europea, anche gli Stati Uniti hanno interrotto la partnership strategica con Tbilisi. Quando alla Casa Bianca arriverà Donald Trump, ha detto, si sistemerà tutto. ◆ sb
Wojciech Jagielski è un giornalista e scrittore polacco, specialista dell’area del Caucaso.
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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati