Il 28 dicembre la giovane studente di giornalismo Shatha al Sabbagh è uscita di casa a Jenin, città della Cisgiordania occupata, con la madre e i due figli piccoli della sorella. Un istante dopo è stata colpita alla testa e uccisa dal proiettile di un cecchino. Aveva 21 anni.
Al Sabbagh è morta nello stesso campo profughi in cui la giornalista Shireen Abu Akleh era stata uccisa dal regime israeliano nel 2022. Ma Al Sabbagh non è stata uccisa da un soldato israeliano. Secondo la sua famiglia il proiettile che le ha tolto la vita è stato sparato dalle forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp).
Nell’ultimo mese queste forze hanno assediato il campo profughi di Jenin, in uno sforzo congiunto con gli israeliani per cercare di reprimere la resistenza armata nel nord della Cisgiordania. L’Anp è riuscita a sedare la resistenza all’occupazione israeliana in molti altri centri urbani con le minacce e la repressione, ma in alcune zone del nord ci sono ancora dei gruppi armati. Come nella città di Jenin, e soprattutto nel suo campo profughi. Per questo il campo, abitato da più di 15mila persone, è diventato un simbolo di resistenza e tenacia e una vera spina nel fianco per le forze di sicurezza dell’Anp.
L’esistenza stessa dell’Autorità nazionale palestinese dipende dall’estirpazione della resistenza al regime israeliano in tutte le aree che in teoria sono sotto il suo controllo. Per questo l’Anp coordina costantemente le sue azioni con l’esercito israeliano e usa tattiche di repressione spesso indistinguibili da quelle di Tel Aviv. Se non fosse per le uniformi diverse, sarebbe facile confondere le forze di sicurezza dell’Anp con l’esercito israeliano.
E mentre gli israeliani vanno avanti con il loro genocidio nella Striscia di Gaza, le forze di sicurezza palestinesi hanno avviato un’imponente aggressione contro Jenin. Hanno posto il campo profughi sotto un assedio implacabile, tagliando l’acqua e l’elettricità e vietando l’ingresso dei beni essenziali. Inoltre hanno messo dei cecchini sui tetti e organizzato posti di blocco nelle strade per limitare i movimenti dei combattenti.
Ci sono anche notizie di pestaggi, arresti e torture. I componenti di una squadra della Mezzaluna rossa palestinese hanno raccontato di essere stati arrestati, picchiati e interrogati per due giorni e mezzo mentre cercavano di consegnare farmaci alle famiglie assediate.
In un video che sta circolando molto sui social media palestinesi si vedono due uomini costretti a stare in piedi su una gamba sola e a recitare a ripetizione “il presidente Abu Mazen è Dio”. In un altro video ci sono uomini delle forze di sicurezza palestinesi che picchiano un giovane apparentemente privo di sensi che aveva criticato l’assedio. Non c’è da sorprendersi se per descrivere le forze di sicurezza dell’Anp molti usano il termine shabiha, che di solito indica le forze e i gruppi fedeli all’ex dittatore siriano Bashar al Assad.
Qualche briciola in più
Gli abitanti del campo sono scesi in strada per protestare e hanno chiesto all’Anp di interrompere la sua brutale aggressione e mettere fine allo spargimento di sangue tra persone dello stesso popolo. Ma gli appelli sono stati ignorati. Le forze si sicurezza dell’Anp insistono invece che i combattenti della resistenza devono consegnare le armi o abbandonare il campo, cose che questi rifiutano categoricamente. È difficile prevedere come andrà a finire, ma di sicuro sarà versato altro sangue palestinese. Per la leadership dell’Anp l’operazione a Jenin rientra in un quadro molto più ampio, che gli consentirà di presentarsi come l’organismo incaricato di prendere il controllo di Gaza dopo un cessate il fuoco.
La logica è che se l’Anp dimostrerà di poter soffocare e perfino eliminare la resistenza armata in Cisgiordania, Israele e gli Stati Uniti faciliteranno il suo insediamento a Gaza. Tuttavia, mentre l’amministrazione di Joe Biden ha detto che avrebbe dato il suo sostegno a una presa di potere dell’Anp, il governo israeliano di Benjamin Netanyahu non ha fatto cenno a questa possibilità e anzi ha affermato categoricamente che si opporrebbe. Nonostante questo, la leadership dell’Anp continua a svolgere il suo ruolo di esecutrice locale delle scelte di Tel Aviv, nella speranza di ottenere qualche briciola in più dalla tavola del padrone.
Quasi a voler dimostrare la sua colpevolezza e girare il coltello nella piaga, il 1 gennaio l’Anp ha annunciato la sua decisione di sospendere tutte le attività di Al Jazeera nella Cisgiordania occupata, una punizione per aver raccontato cosa succede a Jenin. L’Autorità nazionale palestinese segue le orme del governo israeliano, che ha messo al bando la rete televisiva nel maggio 2024, in risposta alla sua copertura del genocidio a Gaza.
Gli intrighi della leadership dell’Anp e il suo coordinamento sulla sicurezza con il regime israeliano non sono una novità, ma l’assedio di Jenin è il suo peggior tradimento del popolo palestinese. La disinvoltura con cui sparge il sangue dei civili e i pestaggi e le torture compiuti con i metodi dell’ex dittatura siriana dimostrano che l’Anp è pronta a superare dei limiti che probabilmente non saranno mai dimenticati né perdonati dal popolo palestinese. Tutto questo non lascia immaginare niente di buono per il futuro di una classe dirigente che già soffre di una crisi di legittimità per la sua incapacità di prendere posizione in modo significativo contro il genocidio in corso nella Striscia di Gaza. ◆ fdl
Yara Hawari è condirettrice del centro studi indipendente Al Shabaka, the Palestinian policy network. Si occupa di studi indigeni e storia orale.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1596 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati