In Africa rimarranno solo due basi militari francesi permanenti, in Gabon e a Gibuti. Questa è la situazione che si presenterà nel giro di pochi mesi, in netto contrasto con l’imponente presenza dell’esercito francese nel continente fino a pochi anni fa. Anche la base di Port-Bouët in Costa d’Avorio sarà consegnata alle autorità locali entro la fine del gennaio 2025. L’ha dichiarato il presidente Alassane Ouattara nel discorso di capodanno, aggiungendo che i suoi connazionali dovrebbero essere “orgogliosi della modernizzazione del loro esercito” e che “in questo contesto è stato deciso il ritiro coordinato e organizzato delle forze francesi”. Parigi aveva comunque già deciso di ridurre la sua presenza militare in Costa d’Avorio, diminuendo il numero dei suoi soldati da 2.200 a 600 come parte di un generale “ridispiegamento” della sua presenza militare in Africa, dove agli inizi degli anni sessanta un terzo degli stati attuali era colonia francese. Un cambiamento di rotta obbligato, perché i partner africani vogliono affermare la loro sovranità o perché hanno interrotto la cooperazione militare con Parigi – se non i rapporti diplomatici nel loro complesso– dopo alcuni colpi di stato. È successo in Mali, Burkina Faso o Niger, tutti paesi che poi si sono rivolti a Mosca per l’assistenza militare. Questo cambiamento di alleanze non si è rivelato efficace, come dimostrano l’avanzata dei gruppi jihadisti in alcuni di questi paesi e le atrocità contro i civili commesse dai mercenari di aziende di sicurezza private come la russa Wagner.

Ragioni di sovranità

Non è questo il caso della Costa d’Avorio, che mantiene buone relazioni con la Francia ma insiste sul voler riaffermare la propria sovranità. La stessa ragione è stata presentata dal Senegal, altro partner di lunga data di Parigi, dove nel novembre 2024 il governo ha deciso di chiedere il ritiro delle truppe francesi. Pochi giorni dopo, il Ciad – a lungo un alleato chiave dell’occidente nella lotta contro i gruppi jihadisti nel Sahel – ha interrotto bruscamente l’accordo di cooperazione nel settore della difesa con la Francia, affermando però di voler mantenere buone relazioni con Parigi. Il Ciad era l’ultimo paese del Sahel a ospitare delle truppe francesi: il 26 dicembre è stata riconsegnata alle autorità locali la base di Faya-Largeau, nell’estremo nord desertico del paese.

Gli africani non sono scontenti del ritiro dei soldati francesi. La loro presenza, che serviva a fornire supporto logistico, addestramento e sostegno nei combattimenti ai soldati locali ma anche a proteggere gli interessi economici di Parigi e i francesi che vivono in Africa, si è drasticamente ridotta negli ultimi mesi. Paesi come Regno Unito, Germania, India, Turchia e Cina hanno mostrato che è possibile difendere i propri interessi economici nel continente senza avere una presenza militare sul terreno.

In Africa resteranno 350 soldati francesi in Gabon, che in futuro saranno ridotti a cento , e 1.500 a Gibuti, un piccolo paese situato in posizione strategica nel Corno d’Africa, che ospita anche i contingenti di Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Giappone, Cina e Italia. Questa situazione è in netto contrasto con quella di un anno e mezzo fa, quando settemila soldati francesi erano di stanza in Africa, praticamente lo stesso numero del 1981. Nel periodo di massima espansione della presenza militare francese nel continente, quindi subito dopo le indipendenze degli anni sessanta, la Francia manteneva sessantamila soldati in quasi novanta guarnigioni africane. ◆ fsi

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Questo articolo è uscito sul numero 1596 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati