L’imprenditore cinese Tao Jian percorre per un’intera giornata le strade fangose sull’altopiano di Bolaven, nel sud del Laos, ispezionando il suo nascente impero di durian composto da 50mila alberi. L’area è considerata il regno del caffè, ma presto potrebbe diventare famosa anche per il puzzolente e spinoso “re dei frutti” di cui la Cina ha un appetito insaziabile. Quest’anno l’azienda di Tao, la Jinguo – che in cinese significa “frutti d’oro” – ha avuto il suo primo raccolto. “Credo che il Laos diventerà presto il quarto produttore mondiale di durian dopo Thailandia, Vietnam e Malaysia”, dice. Altri investitori come Tao stanno arrivando in Laos per creare piantagioni di durian da esportare in Cina. È un settore emergente in un quadro più ampio di investimenti cinesi che include anche una ferrovia ad alta velocità tra la Cina e il Laos e promette di essere una manna economica per uno dei paesi più poveri del sudest asiatico. Tuttavia gli abitanti locali e gli esperti sono preoccupati per l’inquinamento e la perdita di foreste e biodiversità. Inoltre la Cina non consente ancora l’importazione dei durian laotiani. I due paesi, però, sono in trattative e gli investitori sono convinti che sia solo una questione di tempo.
Profitti a lungo termine
Il frutto emana un odore così forte che a Hong Kong e in Thailandia è vietato trasportarlo sui mezzi pubblici. Il suo particolare aroma e il sapore dolce sono però molto apprezzati in Cina, e questo ha determinato una rapida crescita del settore. L’agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) ha reso noto che la Cina importa fino al 95 per cento delle produzioni mondiali di durian. Secondo i mezzi d’informazione cinesi, nel 2023 il paese ha acquistato durian dal sudest asiatico per un valore di 6,7 miliardi di dollari, 12 volte di più rispetto al 2017. Gran parte della regione si è data da fare per soddisfare la crescente domanda cinese. Negli ultimi 12 anni la produzione in Thailandia è quasi triplicata. I coltivatori di caffè vietnamiti si sono convertiti al durian. In Malaysia sono state abbattute foreste pluviali per far posto alle piantagioni. Ma non basta, e per questo gli investitori si stanno spostando nel Laos, un paese senza sbocchi sul mare ma con un clima adatto, manodopera a basso costo e vaste aree non coltivate.
I durian possono essere venduti a prezzi che variano da dieci a centinaia di dollari al chilo, a seconda della varietà. Alberi sani e maturi possono garantire alti profitti per decenni. Tuttavia, poiché servono più di cinque anni prima che diano frutti, la coltivazione richiede cure meticolose, grandi appezzamenti di terra e ingenti investimenti a lungo termine. In Laos fino a un decennio fa il frutto si trovava principalmente sugli alberi nei cortili delle case e non era coltivato su larga scala.
Durian express
Gli investitori cinesi hanno i soldi per far crescere il settore, ma vogliono anche spostare in fretta i capitali fuori del loro paese. Tao è stato un immobiliarista, ma nel 2017 ha intravisto all’orizzonte la crisi che poi ha travolto il settore e ha deciso di cambiare. “Voglio lasciare la Cina, investendo però in qualcosa che risponda alla domanda dei suoi abitanti, che sono 1,4 miliardi”, spiega. L’appetito cinese per il durian persiste nonostante le difficoltà economiche del paese, mentre il governo è impegnato a lanciare una serie di provvedimenti per sostenere la crescita.
Un’altra impresa cinese che sta partecipando alla corsa al durian in Laos è la Jiarun, che realizza infrastrutture, è impegnata a creare la più grande piantagione al mondo in una remota regione meridionale. Nel 2022 ha ottenuto un contratto di affitto di cinquant’anni dal governo di Vientiane per cinquemila ettari di terra. L’azienda intende piantare alberi su più di metà dell’area. “Vogliamo combinare il modello agricolo cinese con le risorse del Laos”, dice He Ruijun, 42 anni, vicedirettore della filiale locale della Jiarun. La Cina è il maggior investitore straniero in Laos dal 2016.
A dare ulteriore slancio a questa relazione c’è la ferrovia Cina-Laos, una componente cruciale della nuova via della seta di Pechino. Aperta nel dicembre 2021, la linea ferroviaria permette di viaggiare da Vientiane a Kunming, importante centro commerciale nel sudovest della Cina, in meno di dieci ore. Poiché i frutti maturi del durian marciscono nel giro di pochi giorni, il loro trasporto è una corsa contro il tempo e quello su rotaie è il più conveniente e affidabile. Tagliando uno dei primi frutti raccolti nella sua piantagione, Tao pensa al futuro: “I durian arriveranno ai consumatori cinesi in meno di 48 ore dal raccolto”.
I nuovi arrivati, invece, hanno appena cominciato a disboscare per fare posto ai frutteti. Quando He ha messo piede per la prima volta nella fitta foresta tropicale, è rimasto terrorizzato e affascinato dall’ambiente selvatico e dai suoni della fauna notturna. Quando le ruspe sono entrate nella foresta, ha assistito a qualcosa di inaspettato. “Abbiamo incontrato un elefante e il suo cucciolo”, racconta. “Mi sono sentito a disagio, stavamo occupando la loro terra”. A suo dire, gli animali se ne sono andati e non sono più tornati.
La piantagione di durian della Jiarun non è lontana da due riserve naturali, ma si trova su un’area destinata alla produzione, quindi può essere disboscata. “È una terra incontaminata, eravamo restii a metterla a regime”, ha detto He. “Poi ho pensato che la ‘foresta economica’ può essere altrettanto bella e può portare crescita”. In Laos si trovano alcune tra le ultime foreste tropicali intatte del sudest asiatico continentale, con una grande varietà di flora e fauna. Secondo il Global forest watch, però, tra il 2002 e il 2023 l’area delle foreste primigenie in Laos è diminuita del 14 per cento. Il disboscamento illegale, la costruzione di infrastrutture e l’agricoltura su larga scala sono tra le principali cause della deforestazione, che nel 2023 ha accelerato, passando a 137mila ettari dai 93mila dell’anno precedente. Anche gli agricoltori locali hanno abbattuto foreste per fare spazio alla coltivazione della manioca, uno dei prodotti più redditizi del paese. Sui social network cinesi la Jiarun promuove il suo progetto in Laos come un’iniziativa ecologica e definisce il suo approccio tui lin huan lin, che vuol dire “sostituire la foresta originale con alberi di alto valore economico”. La Jiarun non è l’unica produttrice cinese di durian in Laos a esaltare questo genere di “riforestazione”. Nel 2022 un’impresa di Hong Kong ha affittato 5.100 ettari di terra nella stessa zona con l’intenzione di sviluppare il turismo ecologico nelle sue piantagioni.
Ma gli esperti spiegano che le piantagioni non possono sostituire le foreste incontaminate. “Hanno una biodiversità molto più povera”, dice Miles Kenney-Lazar, dell’università di Melbourne. I villaggi potrebbero inoltre perdere l’accesso agli alimenti forniti dalla foresta, come funghi e germogli di bambù. Nelle comunità vicine alla piantagione della Jiarun molti non ne sanno nulla. Gli abitanti non sono stati consultati né informati sui progressi del progetto. Chi sa della piantagione è combattuto. Da un lato se ne vedono i vantaggi economici, dall’altro c’è la preoccupazione per l’impatto ambientale di fertilizzanti e pesticidi. Nel 2016 il boom della produzione di banane alimentato dai cinesi nel nord del Laos ha provocato la diffusione di malattie tra i lavoratori e l’inquinamento delle acque, al punto che il governo ha vietato nuove piantagioni. Bilanciare lo sviluppo economico e la salvaguardia dell’ambiente è sempre stato un tema delicato per paesi che, come il Laos, dipendono dall’agricoltura.
Sostegno politico
Il governo spera che il settore del durian contribuisca ad alleviare la povertà. La piantagione della Jiarun ha ricevuto un forte sostegno politico. Stando al China Daily, quotidiano legato al governo cinese, a ottobre Sommad Pholsena, vicepresidente dell’assemblea nazionale del Laos, ha elogiato l’azienda definendola “un esempio eccezionale” di cooperazione tra Laos e Cina. Ma a due anni dall’acquisizione del terreno l’azienda è riuscita a piantare alberi solo sull’1 per cento della proprietà e una cattiva gestione dell’acqua e un’infestazione di parassiti hanno ucciso le prime piante. He, però, è ottimista: “Sarà uno spettacolo quando tutti gli alberi saranno carichi di frutti”.◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati