Il locale piomba improvvisamente nel silenzio. Tutti gli occhi sono puntati verso una figura femminile solitaria, con la pelle nuda dipinta di bianco. Si contorce nella luce di un riflettore, una crisalide spettrale. Per molte persone riunite in questo spazio dall’aria cyberpunk è il primo contatto con la danza butō, una forma d’arte che abbina movimenti lenti e calcolati a immagini surreali e spesso grottesche per esplorare temi come la morte, la sofferenza e la trasformazione.
A giudicare dall’espressione dei presenti, la ballerina Kana Kitty li ha conquistati. “Il mio ruolo è quello di essere una porta d’accesso al butō”, spiega Kana, 36 anni, dopo lo spettacolo al Hven.
Tra i convertiti c’è anche il musicista tedesco Joshua Zahren. Racconta di essere entrato nel Donfan, locale del quartiere di Otsuka, convinto che avrebbe ascoltato musica jazz. E invece ha scoperto Kana.
Kana Kitty e Billie Eilish
Kana si esibisce in luoghi insoliti come i locali notturni, i rave, le gallerie d’arte. Su Instagram gestisce il profilo Butoh Information. Produce anche la serie di video Butoh×Pops che pubblica su YouTube e Instagram. Nei filmati esegue coreografie butō sulle note di canzoni pop di artiste come Sia e Billie Eilish.
Incontro nuovamente Kana nel suo appartamento, insieme al coreografo Kohei Wakaba. Guardiamo i video delle esibizioni di Kana sullo schermo di un computer portatile. In uno dei filmati muove gli arti come se fosse una marionetta fantasma appesa a fili invisibili. In un altro si trova all’aperto e contorce il suo corpo mentre dietro di lei sfrecciano i treni della linea Keio.
“Forse non è proprio il butō più ortodosso”, mi spiega prima che Wakaba intervenga nella conversazione dicendo: “Ma no, è fantastico. Questi movimenti sono bellissimi”. Wakaba, 43 anni, è il fondatore e coreografo del gruppo Wozme, composto solo da donne perché ritiene che il corpo femminile sia più versatile. Kana è stata la prima ballerina che ha reclutato.
Prima di creare Wozme, Wakaba aveva già lavorato nel mondo del butō. Per sedici anni ha fatto parte della Dairakudakan, che insieme alla Sankai Juku è una delle principali compagnie di butō attive in Giappone. Nel 2020 ha scelto di mettersi in proprio e l’anno scorso ha lanciato la sua compagnia di danza contemporanea, Wakaba Coffee, insieme alla sua partner Mana Kawamura.
“Tutti sono ansiosi di trovare una strada personale”, spiega, aggiungendo che molte compagnie tendono a evitare le collaborazioni. “Credo che il butō sia in declino proprio per questo”.
Kana trova stimolanti le collaborazioni e conferma di aver evitato di unirsi a una compagnia proprio per questo atteggiamento di chiusura. Ha incontrato Wakaba nel 2022 nel contesto di una performance di danza teatrale basata sul mito ainu del Fukuro no Kami (Il dio gufo). Hanno scoperto di condividere il desiderio di inaugurare una “nuova era” per il butō. Dopo la collaborazione al festival di arti di strada Sancha de Daidogei, a Sangenjaya, hanno deciso di creare Wozme. Wakaba aveva l’esperienza, Kana portava la sua reputazione. Così hanno coinvolto tre ballerine indipendenti: Ami Ishii, Akane Watanabe e Natsuki.
Il nome Wozme (pronunciato o-zu-me) omaggia Ame-no-Uzume, la divinità shinto dell’alba e del divertimento. Secondo la mitologia, il ballo di Ame-no-Uzume era la base della danza rituale giapponese chiamata kagura, eseguita ancora oggi come strumento per comunicare con gli dei.
Wozme non è la prima compagnia femminile di butō, ma resta comunque una rarità. “L’immagine del butō di solito è associata agli uomini. Noi vogliamo cambiare le cose”, dice Wakaba. Il quartetto vuole dare forza alla femminilità e portare concetti come eleganza e bellezza in una forma d’arte che in origine è stata definita dall’espressione ankoku butō (butō delle tenebre). “Mi emoziona il modo in cui usiamo la femminilità”, spiega Natsuki. “Può diventare un’arma”.
Concentrandosi sugli elementi femminili dell’arte e mettendo in secondo piano l’idea di avanguardia e di emancipazione, le donne di Wozme possono evitare di sentirsi guidate da uno sguardo maschile.
Considerato che la compagnia prende il nome da una divinità shinto, non sorprende che per lo stile del gruppo Wakaba voglia esplorare l’immagine delle miko (le giovani donne che lavorano nei templi) . Il coreografo vorrebbe abbinare questa prospettiva al concetto di idoli della cultura pop, nelle intenzioni esplicite di avvicinare il butō alle masse.
Un’onda da cavalcare
Non è la prima volta che il butō flirta con la cultura di massa. Negli anni sessanta e settanta i ballerini si esibivano nei festival di strada, attirando una grande quantità di spettatori. Gli spettacoli di Kana nei locali notturni o ai rave seguono lo stesso spirito di sperimentazione, evoluzione e sopravvivenza.
In Giappone i giovani ballerini pensano di poter seguire il principio dell’ichinin ippa (un ballerino, una scuola), per cui ogni artista deve cercare di essere unico.
Eppure secondo le ballerine di Wozme la scena butō è in declino. Nel 2021 il Kyoto Butōh-kan, primo teatro al mondo dedicato al butō, ha chiuso i battenti anche a causa della pandemia. I ballerini della capitale sono frustrati dallo stato della scena locale, sparpagliata attorno a locali piccoli e transitori che spesso sono anche difficili da trovare.
A marzo è arrivata la notizia della morte di Ushio Amagatsu, cofondatore della compagnia Dairakudakan e successivamente della Sankai Juku. Secondo Taiki Iwamoto, organizzatore della Danza Night ed esponente di Sankai Juku, la scomparsa di Amagatsu ha segnato “la fine di un’era” ma ha anche lasciato la sensazione che sulla scena sia ormai imminente un cambiamento.
Le persone interessate al nuovo capitolo del butō hanno preso la strada di Hokkaido dove, per la prima volta dal 2021, è tornato a svolgersi l’annuale festival del butō. L’edizione del 2024, sottotitolata “New era” e concentrata soprattutto sui giovani, si è svolta a Otaru e a Sapporo il 19 e il 20 ottobre.
A Tokyo, la Wozme ha debuttato il 4 ottobre in uno spazio chiamato Kokashita Akisoko, a Koenji, un’area conosciuta da tempo come punto di riferimento della controcultura, e si è esibita anche durante l’edizione 2024 del festival Sancha de Daidogei dedicato alle arti di strada.
Kana è convinta che la sua generazione sia pronta a dare il proprio contributo a questa straordinaria forma di danza. “E Wozme fa sicuramente parte di quest’onda”, assicura. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 79. Compra questo numero | Abbonati