Sono sempre più numerose le aziende statunitensi che rinunciano a spostare le loro produzioni in paesi dove il costo del lavoro è più basso, come la Cina o il Messico. Questa scelta, spiega il Financial Times, si deve alla netta riduzione dei costi – soprattutto di quello del lavoro – resa possibile dall’impiego di robot e altre innovazioni che hanno reso più efficienti i processi produttivi.
Il gigante minerario Alcoa, che negli anni passati ha spesso investito in Messico e in Asia, ha deciso di aprire a Savannah, in Georgia, “un impianto pionieristico per la lavorazione dei metalli. Scelte simili saranno prese anche da aziende come Whirlpool, General Electric e Ford”.
Il problema è che questo rientro della produzione negli Stati Uniti non genera molta occupazione. “Allora cosa si fa con tutti i lavoratori in esubero?”, si chiede il quotidiano britannico. Nel suo nuovo impianto l’Alcoa avrà bisogno di programmatori informatici più che di operai metallurgici. Gli ottimisti sostengono che la ripresa economica e la maggiore produttività finiranno per creare altri posti di lavoro. I pessimisti, invece, sono convinti che questa tendenza aggraverà il divario tra lavoratori qualificati e lavoratori non qualificati. Financial Times
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