Il 31 marzo scade il termine per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), strutture che il presidente Giorgio Napolitano nel 2011 definì “estremo orrore, inconcepibile in qualsiasi paese appena civile”. L’attenzione mediatica, politica e sociale sulla questione ha contribuito al drastico calo delle presenze all’interno degli istituti, che sono sei in tutta Italia: si è passati dalle oltre 1.200 persone internate del 2012, alle 761 del 30 novembre 2014. Ma se le presenze in Opg sono diminuite, continuano ad aumentare gli ingressi: la media dei ricoveri è di 77 a trimestre, praticamente un paziente al giorno, indice di uno schema interpretativo che continua a ritenere l’Opg un’opzione praticabile, senza valutare nel dettaglio le possibili opzioni previste dalla legge, denuncia il rapporto di Antigone sugli istituti di pena italiani.

Ma cosa succederà dal 1 aprile alle persone a cui viene riconosciuta l’infermità mentale e che devono scontare una pena restrittiva? I percorsi individuati dalla legge 81 del 2014 prevedono la dimissione nei casi di bassa pericolosità, con la conseguente presa in carico del Dipartimento di salute mentale regionale. Oppure – in caso di stretta necessità – l’accoglienza e l’assistenza in una Residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria (Rems), che a differenza dell’Opg non ha più né sbarre né agenti di polizia penitenziaria di guardia. Ma secondo Redattore sociale non tutte le regioni si sono adeguate per affrontare la fine degli Opg.

  • In Italia ci sono sei ospedali psichiatrici giudiziari: Castiglione delle Stiviere (Mantova), Montelupo Fiorentino (Firenze), Reggio Emilia, Napoli, Aversa (Caserta) e Barcellona Pozzo di Gotto (Messina).
  • Nel novembre del 2014 erano internate 761 persone, con una media di 77 nuovi ricoveri a trimestre.
  • Dal 2013 lo stato ha stanziato 55 milioni all’anno, da suddividersi tra le regioni, per il superamento dei sei ospedali psichiatrici giudiziari.

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