Dopo l’attentato dei terroristi di Al Shabaab all’università di Garissa, in cui sono morte almeno 147 persone, il ministro dell’interno keniano Joseph Nkaiserry ha dichiarato che “il governo non si farà intimidire dai terroristi”. La mattina del 2 aprile un gruppo di uomini armati ha attaccato il campus di Garissa, nell’omonimo stato, prendendo in ostaggio centinaia di studenti con l’obiettivo di uccidere “coloro che sono contro Al Shabaab”. Giovedì sera nella città di Garissa e in tre località della zona è stato imposto il coprifuoco.

Quello di Garissa è uno dei peggiori attacchi terroristici nel paese dopo quello del centro commerciale Westgate di Nairobi nel 2013 in cui rimasero uccise 67 persone, e il bombardamento dell’ambasciata statunitense da parte di Al Qaeda a Nairobi nel 1998 in cui furono uccise 213 persone. Mercoledì 1 aprile, qualche ora prima dell’attacco, il presidente Uhuru Kenyatta aveva dichiarato che il Kenya “è sicuro come ogni altro paese del mondo”.

Il governo però è sotto accusa per aver trascurato il problema della sicurezza all’università di Garissa. La città era stata completamente militarizzata dopo essere stata colpita da due attentati mortali nel 2013, ma il campus era protetto da due sole guardie, che sono state uccise dai terroristi prima di entrare nel complesso.

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Inoltre, il 25 marzo era stato fatto circolare un avviso per mettere in guardia sul rischio di attentati, ma era stato ignorato sia dall’università sia dagli studenti.

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L’organizzazione Amnesty international ha raccolto le testimonianze degli abitanti di Garissa, che denunciano una mancata attenzione nei confronti dei rischi terroristici nella regione, nonostante cittadini e amministratori avessero ripetutamente espresso al governo i loro timori su possibili attacchi di Al Shabaab.

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Secondo altre testimonianze i militari inviati a Garissa per proteggere la città si sono resi responsabili di uccisioni, arresti arbitrari e abusi contro la popolazione.

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Nella conferenza stampa dopo l’attacco il presidente Kenyatta si è lamentato per la mancanza di personale all’interno delle forze di sicurezza, e ha lanciato un appello per l”arruolamento urgente” di diecimila agenti.

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Il governo di Nairobi ha indicato l’ex insegnante somalo-keniano Mohamed Kuno come la mente dietro l’attacco al campus. Kuno era il capo di una madrasa, una scuola coranica, a Garissa, prima di trasferirsi in Somalia nel 2007 e aderire all’Unione delle corti islamiche, che allora controllavano Mogadiscio. Amnesty international chiede che il governo si impegni “per condurre un’indagine imparziale per garantire la consegna alla giustizia dei mandanti del massacro”.

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