Le autorità malesi hanno cominciato a riesumare i cadaveri ritrovati in 139 fosse comuni scoperte nelle vicinanze di 28 campi abbandonati dai trafficanti di esseri umani al confine con la Thailandia. Si ritiene che i corpi siano di migranti rohingya fuggiti dalla Birmania e tenuti prigionieri in attesa di riscatto. Negli accampamenti sono stati ritrovati i resti di quelli che sembrano recinti spinati e gabbie di legno, dove probabilmente venivano tenuti i migranti. “Siamo sconvolti dalla crudeltà”, ha detto il capo della polizia malese, Khalid Abu Bakar, parlando di segni di tortura e di cattività sui corpi ritrovati.
Le autorità ritengono che gli accampamenti esistano almeno dal 2013, anche se secondo alcune testimonianze risalgono anche a dieci anni fa. Farebbero parte di una rete messa in piedi dai trafficanti di esseri umani e che si estende in un territorio compreso tra la Birmania e la Thailandia. Sarebbero stati abbandonati circa due o tre settimane fa, quando la Thailandia ha lanciato un giro di vite contro i trafficanti di esseri umani, dopo aver ritrovato altre fosse comuni sul suo territorio all’inizio di maggio. Gli abitanti della zona hanno cominciato a raccontare ai giornalisti di incontri con i migranti che spesso vagavano in cerca di cibo e di aiuto.
Più di 3.600 musulmani rohingya e migranti dal Bangladesh sono arrivati sulle coste di Indonesia, Malesia e Thailandia dal 10 maggio. Dopo l’annuncio del governo malese di condurre operazioni di ricerca e salvataggio dei migranti in mare, anche la Thailandia ha offerto una “base navale galleggiante” per aiutare i migranti. Una nave della marina dotata di velivoli da sorveglianza offrirà cure mediche e rifornimenti ai migranti alla deriva nel mare delle Andamane. Ma solo le persone con gravi problemi medici saranno portate a riva e potranno essere curate in ospedale, ma saranno saranno accusate di essere entrate illegalmente nel paese.
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