La Federal reserve scioglierà oggi le riserve sui tassi di interesse. Il costo del denaro è da anni tra lo 0 e lo 0,25 per cento e potrebbe essere aumentato, se non subito in dicembre, secondo gli analisti. La decisione sarà presa nel corso del Comitato federale di mercato, il vertice della banca centrale statunitense che si è aperto ieri a Washington: alla presidente Janet Yellen spetterà il compito di raccogliere il consenso più ampio possibile attorno alla scelta finale, che sarà annunciata intorno alle 20 ora italiana.

Molti osservatori, a causa dell’andamento positivo dell’economia statunitense, scommettono su un imminente aumento dei tassi – con un rialzo minimo, al massimo dello 0,25 per cento – con cui la Fed potrebbe dare un segnale di fiducia. Ma nonostante i dati molto incoraggianti relativi a prodotto interno lordo e mercato del lavoro, i prezzi in calo dell’energia e il dollaro forte pesano sull’inflazione, ci sono dubbi sulla sostenibilità della crescita e la volatilità è in aumento, sottolinea il Financial Times.

In questo contesto un aumento dei tassi sarebbe quindi rischioso esponendo la Fed a potenziali critiche, però è anche vero – argomento di chi critica un costo del denaro vicino allo zero – che se i prezzi e i salari restano deboli c’è il rischio di una nuova bolla finanziaria nel mercato azionario, per l’afflusso del denaro degli investitori ottenuto grazie ai bassi tassi.

Oltre all’impatto sulle borse, la scelta della Fed è destinata ad avere ripercussioni importanti anche al di fuori dei confini statunitensi. Per i paesi europei un rialzo dei tassi, e il conseguente rafforzamento del dollaro significherebbe uno stimolo per le esportazioni, in particolare quelle dirette verso gli Stati Uniti. Per la Cina e gli altri emergenti invece un apprezzamento del dollaro rischierebbe di dirottare capitali verso la moneta statunitense con “una forte riduzione dei flussi di capitale verso i paesi più vulnerabili”, come ha avvertito la Banca mondiale.

Il dibattito, come sintetizza oggi il Sole 24 ore, è quindi tra “le colombe preoccupate per le debolezze della crescita globale” e “i falchi che temono invece anzitutto i troppi squilibri economici e finanziari alimentati da un costo del denaro a zero e vedono semmai in una prima stretta un segno di fiducia nell’espansione”.

L’ultima volta che i tassi sono saliti è stato il 19 giugno 2006, quando il costo del denaro superava il 5 per cento e non erano ancora arrivati la crisi dei mutui subprime (2007), il fallimento di Lehman brothers (2008) e la grande recessione dell’economia statunitense terminata nel 2009.

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